Con il c.d. “Decreto Sostegni Bis” – approvato dal Consiglio dei Ministri in questi giorni – è stata nuovamente prorogata fino al 30 giugno 2021 la sospensione delle attività di notifica delle cartelle esattoriali e degli altri atti di riscossione nonché delle procedure cautelari (fermi e ipoteche) ed esecutive (pignoramenti) del concessionario della riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia). Cessati gli effetti della sospensione, a partire dal 1° luglio ripartiranno le notifiche delle cartelle e degli altri atti esattoriali da parte del Fisco.
Alla luce di ciò, sarà sempre più importante controllare le pretese del Fisco al fine di individuare eventuali indebiti. Per farlo è necessario tuttavia conoscere quali sono i vizi più frequenti degli atti notificati al contribuente. Abbiamo, dunque, chiesto qualche “dritta” ai professionisti del Centro Studi Giuridici Sances, l’Avv. Matteo Sances e il Dott. Tiziano De Salve.
Dott. De Salve, cosa devono controllare i contribuenti appena viene loro notificato un atto dell’Amministrazione Finanziaria?
- Innanzitutto la notifica: è opportuno controllare frequentemente la casella di posta elettronica certificata (PEC). Infatti, eventuali contestazioni possono essere mosse solo tempestivamente e, cioè, generalmente in 20, 40 o 60 giorni a far data dalla notifica a seconda dei vizi riscontrati e della tipologia di pretese;
- il termine di prescrizione: per i contributi I.N.P.S. ad esempio le relative pretese si prescrivono in 5 anni a partire dalla notifica degli atti esattoriali. Non basta! La Cassazione ha anche chiarito che i contributi una volta prescritti NON POSSONO essere riscossi dall’I.N.P.S. e se sono stati pagati devono essere rimborsati al contribuente (cfr. Cass. ord. n.20955/2020, Cassazione a Sezioni Unite n.23367/2016). Per quanto attiene, invece, i tributi non è ancora definitivo il termine di prescrizione quinquennale, anche se la Corte di Cassazione ha sancito recentemente la prescrizione in cinque anni delle pretese a titolo di IRPEF, IRES e IVA (cfr. Cass. sent. n.30362/18). Stesso termine di 5 anni vale per le sanzioni e gli interessi;
- illegittimità degli interessi di mora su sanzioni: il Fisco non può richiedere al contribuente il pagamento di somme a titolo di interessi di mora sulle sanzioni fiscali. Infatti, l’art. 2 comma 3 del D.lgs. 472/1997 prevede chiaramente che «(…) la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi.»;
- illegittimità degli interessi di mora sui contributi I.N.P.S.: nella maggior parte dei casi non possono essere applicati interessi a titolo di mora sui contributi previdenziali e assistenziali. Ai sensi del D.lgs. 46/1999, infatti «(…) sui contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, le sanzioni e le somme aggiuntive (…)». Tuttavia, non di rado, nelle cartelle di pagamento vengono applicati indiscriminatamente. Per verificare questi aspetti basta controllare gli atti nella sezioni “specifica degli importi” oppure “motivazione”.
Infine, interviene l’Avv. Sances per segnalare un’importante questione relativa alla notifica degli atti a mezzo PEC, “Attenzione, invito tutti i possessori di un indirizzo di posta elettronica certificata a verificare la pec da cui proviene la notifica degli atti delle varie Amministrazioni. Infatti, recente giurisprudenza ha sancito che se l’atto viene notificato al contribuente da un indirizzo pec non contenuto nei pubblici registri (consultabili su INIPEC o INDICEPA), la notifica è NULLA (cfr. Cass. ord. n.17346/2019)”.
Questi sono dunque alcuni dei vizi più comuni degli atti esattoriali (ingiunzioni di pagamento, cartelle, ipoteche, ecc..) che possono essere tranquillamente controllati in autonomia da OGNI contribuente.
Ringraziamo, dunque, i professionisti del Centro Studi Sances per i preziosi consigli e per il costante supporto fornito ai contribuenti.
Commenti