Il Sociale
Immigrazione, dagli hotspot alle quote: i 5 nodi della trattativa Ue
Quote per il ricollocamento, asilo condiviso, reinsediamento, hotspot, lista dei paesi sicuri. Sono questi i cinque punti sui quali i paesi europei stanno dibattendo in queste ore per arrivare a una soluzione alla crisi umanitaria dei profughi, giunta ormai nel cuore dell’Europa. Il continente è spaccato tra stati come l’Ungheria, che continua a mantenere il pugno duro e paesi come Germania e Austria, che hanno aperto le frontiere. E sul tavolo rimangono ancora tanti nodi da sciogliere, prima del vertice Ue che si terrà il 14 settembre prossimo.
Il primo punto su cui si dovrà discutere è il ricollocamento: cioè il meccanismo che prevede il trasferimento da un paese all’altro dell’Unione di persone che hanno fatto richiesta o godono già di una forma di protezione internazionale. Questo trasferimento sarà governato attraverso un sistema di quote che, nelle intenzioni, deve prevedere una distribuzione il più possibile equa tra paesi. I rifugiati verranno trasferiti dai paesi cosiddetti di frontiera Italia, Grecia e Ungheria, verso gli altri stati dell’Unione. Per ora si parla di 120mila persone da ricollocare: ma il dialogo non è facile e si scontra con il secco no dei paesi dell’Est da sempre ostili all’idea di una spartizione in base a quote predefinite. Contraria si è detta anche la Gran Bretagna. Per questo, secondo un’indiscrezione pubblicata oggi dal quotidiano spagnolo El pais la Commissione europea ha deciso di chiedere a Germania, Francia e Spagna di farsi carico del 60 per cento di tutti i ricollocamenti (31mila in Germania, 24mila in Francia e circa 14mila in Spagna) mentre agli altri 22 paesi verrà richiesto un contributo molto minore cha va dai 9mila rifugiati in Polonia ai 133 di Malta.
Braccio di ferro sulla creazione di hotspot in Italia e Grecia
La contropartita alla disponibilità di accoglienza è la stretta sulle identificazioni dei migranti che arrivano in Ue, necessaria per stabilire chi ha diritto alla protezione e chi no. In particolare, la Germania preme per la creazione dei cosiddetti hotspot, cioè centri per l’identificazione e il fotosegnalamento dei migranti, nei paesi di primo approdo, e cioè Italia e Grecia. Ma il nostro paese vuole assicurarsi che prima si arrivi a un accordo certo sul numero di quei richiedenti asilo accolti nel nostro paese, che dovranno essere ricollocati. “Siamo pronti - ha spiegato il prefetto Mario Morcone - Ma l’agenda Junker è un pacchetto di misure che vanno applicate insieme. Non è possibile pensare alle responsabilità senza la solidarietà. Questo significa che gli hotspot partiranno quando verrà attivata la relocation dei rifugiati”. Gli hotspot in Italia sorgeranno a Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Taranto e Augusta.
La lista dei paesi sicuri che mette a rischio i diritti dei profughi
Sempre al fine di identificare chi ha diritto alla protezione, Francia e Germania, chiedono di stabilire una lista di “paesi sicuri”, cioè di trovare un accordo sui paesi considerati a rischio così da assicurare una protezione solo a chi proviene da quelle aree. Ma questo, oltre a scontrarsi con le differenze tra gli Stati nella concessione della protezione internazionale, e a prefigurare una discriminazione tra profughi di serie A e di serie B, mette a rischio i diritti dei migranti, come spiega Fiorella Rathaus direttrice del Consiglio italiano per i rifugiati: “dal punto di vista del diritto internazionale la lista dei paesi sicuri sarebbe un passo indietro. La convenzione di Ginevra prevede una valutazione rispetto alla situazione personale: dice chiaramente che chiunque può essere vittima di persecuzione e, dunque, meritorio di protezione”.
Asilo europeo: l’Italia chiede il mutuo riconoscimento
In sede Ue si dovrà discutere anche di come superare il regolamento Dublino III, già ampiamente superato nei fatti dagli eventi degli ultimi giorni, che hanno visto migliaia di profughi lasciare l’Ungheria e passare il confine di Austria e Germania senza essere identificati. Una delle proposte che l’Italia rimetterà al centro della discussione è quella del mutuo riconoscimento: la misura prevede che una volta ottenuta la protezione internazionale in uno Stato, il rifugiato sia libero, non solo di circolare negli altri paesi dell’Unione, ma anche di cercare un lavoro e stabilirsi laddove le condizioni di vita sono più favorevoli.“E’ una necessità che il nostro paese ha sostenuto più volte – spiega Gianfranco Schiavone di Asgi – un ipotesi praticabile e in grado di arginare il fenomeno dei transitanti”. Reinsediamento per i richiedenti asilo accolti nei campi profughi L’altro punto della trattativa riguarda il re insediamento di cittadini di paesi terzi in uno stato dell’Unione europea: l’ammissione è legata a motivi umanitari o di protezione internazionale. In particolare, si tratta del trasferimento nei paesi europei dei richiedenti asilo attualmente accolti nei campi profughi del Medio oriente e gestiti dalle organizzazioni internazionali (Unhcr e Oim). Resta da stabilire il numero delle persone che verranno reinsediate e in quali stati. Per ora, favorevole alla misura si è detto il primo ministro britannico, David Cameron, disponibile ad accogliere 15mila profughi dai campi gestiti dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati ( da redattoresociale.it)