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Caso Donnarumma, Raiola mi ricorda un parcheggiatore

Andrea Bricchi

Un signore un po’ anzianotto, che assomigliava vagamente a De Luca, vagava per un marciapiede di Milano, con una maglia dorata, su cui si leggeva chiaramente il numero 99, quello che avevano ritirato dopo l’addio al calcio di Cassano e dopo il tranello Dick Dastardly, che per vendetta scelse lo 00. Vagava con sguardo assente e balbettava: “Gigio Donnarumma. Gigio, come un topolino simpatico a tutti, soprattutto ai bambini, è un prodigioso Dottor Jekyll ragazzino, un gigantone tutto tenerezza e buoni sentimenti, e Donnarumma è come una donna brutta, rumma, una strega cattiva, è un Mr. Hide senza tutto quello charme così fumosamente dark e vittoriano. Raiola è come una pozione, magari più da discount rispetto a quella di Stevenson. È una pozione in brik, la tavernellizzazione delle pozioni, la popa pola delle feste all’oratorio. Gigio l’ha bevuta e s’è trasformato in Donnarumma prima e in Dollarumma poi!”.

Un altro signore, molto più elegante, con una voluttuosa cravatta azzurra che spuntava da una vaporosa camicia di raso, lo riprese contegnosamente: “Raiola è solo uno che fa bene il suo lavoro!”.

E il signore anziano, dopo un attimo di esitazione, baciando un simbolo ovale e rossonero stampato sul petto, gli rispose, con un sorriso più tagliente di un rasoio: “Anche un rapinatore che non si fa beccare è uno che fa bene il suo lavoro!”.

Non sono d’accordo, con nessuno di loro. Per me Raiola è proprio bravo, invece! Un gran bravo ragazzone cui piacciono tanto le patatine e lo strutto. È un giocherellone! Chi dice il contrario non lo conosce bene! Lo hanno perfino accostato alla mafia! Dicono abbia metodi mafiosi! Proprio no, invece! Al contrario! Don Corleone, quando Amerigo Bonasera gli chiese un omicidio a pagamento, rispose sdegnato! Il padrino non vuole soldi, vuole rispetto! No, assolutamente! Raiola non ha niente a che fare con i metodi mafiosi. Raiola mi ricorda molto di più un parcheggiatore. È vestito come un parcheggiatore, ha il fisico del parcheggiatore. Si avvicina sornione all’avvocato che ha appena fatto manovra e, quando scende, gli dice: “Un’offerta a piacere suo, dottò!”. Raiola è uno che parcheggia calciatori di lusso e chiede in cambio una mancetta molto sostanziosa. È un mestiere molto più rilassante che lavare i piatti in una pizzeria! Raiola e Balotelli parking company. Ti indicano un posto libero, ti offrono di comprare qualche calza, magari un portachiavi o un accendino, e mettono via i soldi per un bel paninone! Si chiamano Gigio, Mino e Balo, come un trio comico molto affiatato. Uno fa la parte del furbetto e gli altri sono la spalla, le comparse a scomparsa. Sono attori usa e getta. Più usa, all'inizio. Poi getta, dopo un po'.

Non sono propriamente sicuro che uno come il buon Mino faccia fino in fondo gli interessi dei suoi giocatori, in effetti. I suoi sicuramente. Però mi chiedo se, per un diciottenne, sia più interessante avere in banca 5 milioni e l’amore incondizionato, la stima, il rispetto e l’ammirazione di milioni di persone o averne 7 e trasformarsi in Mr. Hide, odiato, vituperato e perseguitato dai 30 denari con cui, la storia insegna, spesso si vanno a comprare corde ben resistenti?

Il postiglione, nel Paese dei Balocchi, chi pensate che fosse? Era lui vi dico! Col suo carro pieno di ragazzi smaniosi di spassarsela! Perché i soldi te li regalano, si sa!, come i sigari mentre giochi a biliardo. Meno fai fatica e più ne avrai! E se senti ragliare non preoccuparti! È la stampa che inventa le cose! Quegli asinelli nelle gabbie, in fondo, vicino al muro della discoteca, lì, da parte alla piscina, non esistono, non sono mai esistiti! Sono solo un effetto speciale. Non ci credete? Chiediamolo a loro.

“Scusi, signor asinello, chi l’ha portata qui?”.

“Io! Io! Io!”.

“Capito? C’è venuto da solo! Ha scelto lui! Era la sua volontà! Il postiglione non c’entra. Ha solo assecondato le sue richieste, ha fatto gli interessi del suo assistito con le lunghe orecchie!”.

Queste sono solo mie opinioni, ovviamente. Non so nemmeno bene come me le sia fatte. Forse vedendo la gente piangere per Totti, non solo a Roma, in tutto il mondo. Perché il calcio non è solo un gioco, è il sogno di chi ha troppe fatiche da sopportare e dopo aver combattuto con la forgia e la cazzuola, si riposa sognante, sul verde del campo.

O forse vedendo Gattuso e Abbiati con gli occhi lucidi come un bambino di fronte a un pallone, al solo pensiero di poter abbracciare per sempre una famiglia così nobile e amorevole.

E forse un po’ vedendo Dorian Gray, Vlad Tepes e Victor Frankenstein infrangersi su un muro ben più romantico di quello di una villa di Miami, dalle radici di un bacio nell’orto del Getsemani.

O, più semplicemente, vedendo giocare i bambini in un prato, con le felpe come pali di una porta immaginaria, la più bella porta del mondo! Era la finale mondiale, Italia contro Brasile! Neymar galoppava verso l’area di rigore dell’Italia, al novantesimo di una partita tesissima, sospinto da miliardi di tifosi, di tutto il mondo. Pregustava già il boato che sarebbe scaturito da quel pallone che, di lì a un attimo, un attimo soltanto, avrebbe scagliato in fondo a quella rete bianca, come le matasse arrotolate dei pescatori nel porto. E invece una manona, gigante e buona, sfiorò quella palla bianca quel tanto che bastava per mandarla in cielo, oltre le stelle, dove il barone di Munchausen sfrecciava ardentemente sulla sua palla di cannone nera! E quella manona, di lì a poco, avrebbe alzato la coppa dorata, tra un tripudio di bambini festanti, o quella dalle grandi orecchie, come quelle di topo Gigio, Gigio Donnarumma.