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Gialappa's Band, Santin: "Un campione del mondo 2006 a Twitch dire Europei"
Gialappa's Band, Marco Santin ad Affaritaliani.it: "Tutto partì dal tubero di Messico '86". L'intervista
Gialappa's Band, Marco Santin: "Un campione del mondo 2006 a Twitch dire Europei"
Il popolarissimo e storico trio (milanese doc) della Gialappa’s Band compie 35 anni di onorata carriera. Correva l’anno 1986 quando, negli stadi messicani in occasione della 13^ edizione dei Campionato del Mondo di Calcio, Marco Santin, Giorgio Gherarducci e Carlo Taranto, sorprendevano e deliziavano i radio-spettatori italiani con le loro esilaranti gag. Dopo di allora un crescendo inarrestabile, da “Un fantastico tragico venerdì” (prima apparizione sul piccolo schermo) a tutti gli indimenticabili “Mai dire”: “Banzai”, “Gol”, “TV”, “Mundial”, “Grande Fratello”, “Maik”, “Lunedì”, Reality, “Candid” e chi più ne ha più ne metta. E ancora, Zelig, Le Iene, Fininvest poi divenuta Mediaset, Rai (Quelli che il calcio”, “Dopo Festival” etc.) e nuovamente il ritorno sulle reti del Biscione. Sempre al passo coi tempi, in 7 lustri, i “Gialappi” hanno collaborato con tutti i principali protagonisti della recente storia della televisione italiana: da Aldo Giovanni e Giacomo ad Antonio Albanese, da Claudio Bisio a Luciana Littizzetto, da Paola Cortellesi a Fabio De Luigi, da Maurizio Crozza a Nicola Savino, da Neri Marcorè ad Alessia Marcuzzi (solo per citarne alcuni).
Ma a raccontarci parte della loro straordinaria avventura (sin dagli esordi) è Marco Santin, oggi – unitamente a Giorgio Gherarducci – alle prese con una nuova ed entusiasmante esperienza: “Twitch dire Europei” (dedicato ad Euro 2020), giacché, precursori innati, hanno saputo cogliere con sagacia l’ennesima occasione tramite le potenzialità dell’emergente piattaforma di livestreaming, ottenendo, in poche settimane, risultati a dir poco sorprendenti.
Marco Santin buongiorno. Con Giorgio Gherarducci e Carto Taranto un sodalizio che dura 35 anni. Tutto parte da…
Da Radio popolare, ove facevamo il “verso” alle pochissime trasmissioni calcistiche dell’epoca che proponeva la Rai, spulciando e sfottendo la faziosità degli allora cronisti sportivi. Ma è il Campionato del Mondo “Messico ’86” - vinto peraltro dall’Argentina di Maradona - che segna il nostro vero start professionale.
E poi arriva la Tv.
Già, il primo programma è stato “Mai dire Banzai”, anche se la nostra carriera televisiva sia come autori che come conduttori dobbiamo ricondurla più precisamente a “Quel fantastico tragico venerdì” con le telenovela minuto per munto. “Mai dire Banzai” fu un successo straordinario, ci fece conoscere al grande pubblico, andò veramente molto bene, anche contro qualche pronostico non troppo favorevole.
A seguire tutti i fortunatissimi “Mai dire”… Mai dire Mundial, Mai dire gol, Mai dire Maik, Mai dire Grande Fratello, Mai dire Domenica etc. etc.. 30 anni di Mediaset per poi passare in Rai con “Quelli che il calcio”, “Dopo Festival” e altri.
Sì, esatto. 30 anni sono una vita, un passaggio sofferto, ma in quel momento era giusto farlo. Su “Le Iene” posso confermare che la sentiamo come casa nostra, con Davide Parenti poi c’è un legame fortissimo. Iniziammo con lui a “Mai dire tv” per poi passare a “Le Iene”, programma cult che, per vari aspetti, ha fatto la storia della televisione. Siamo orgogliosi di farne parte. Probabilmente quando andammo in Rai fu per un motivo di pochi spazi, ma poi fummo richiamati per “Il Grande Fratello”, l’ “Isola dei Famosi” etc. etc..
Pandemia da Covid-19, come l’avete vissuta?
La Pandemia di certo non ha aiutato molto, in tutti i sensi. Al di là delle paure e del disorientamento iniziale anche il settore ha patito il lungo lockdown. Noi ci siamo fermati, “Le Iene” intendo, perché uno dei redattori era risultato positivo. Siamo stati bloccati per diverso mesi. Praticamente, a parte una puntata della seconda serie, lo stop ha interessato il periodo da marzo a settembre 2020. Ora speriamo che i vaccini facciano il loro corso e la brutta vicenda vada pian piano migliorando fino ad uscirne definitivamente. Ce lo auspichiamo tutti.
Marco, 35 anni di amore incondizionato o ci sono stati anche momenti critici tra voi?
Anche nei migliori matrimoni ci sono criticità. Non v’è dubbio su questo. Per ciò che concerne l’aspetto professionale, lavorativo, ci siamo sempre trovati d’accordo. Tre menti un unico pensiero, forse è stata questa la nostra vera ricchezza. Solo Carlo, in qualche rara occasione, si è un po’ defilato ma solo per motivi personali, non per atro. Un anno, a “Quelli che il calcio”, non abbiamo avuto la sua presenza, ma per il resto l’unione ha sempre prevalso, anzi, oserei dire fatto la forza. Ma dopo tre decadi qualche piccolo, chiamiamolo “screzio”, ci può stare.
Solo rapporti lavorativo o anche amicizia? E…c’è un leader all’interno della Gialappa’s?
Una vita assieme. Siamo amici certo, forse all’inizio c’era più frequentazione anche al di fuori degli “studios”, poi, col tempo, anche per un discorso prettamente familiare le strade si sono un po’ divise. Tuttavia i rapporti sono ottimi, ci vogliamo bene. Ci siamo sempre dati coraggio l’un con l’altro, soprattutto nei periodi complicati di ognuno di noi. Mai mancato il vicendevole sostegno umano. In quanto al leader no, assolutamente! Nessun leader e/o prevaricatore. Tra noi vige la regola del 2 a 1, essendo in 3 decide la maggioranza. E’ la legge della democrazia.
D. Radio, Tv, ma in alcune occasioni anche sceneggiatori e/o autori
Sì, Giorgio – ad esempio – ha lavorato nei film di Aldo Giovanni e Giacomo “Tre uomini e una gamba” e “Così è la vita” e - sempre per loro - abbiamo scritto uno spettacolo teatrale. C’è stato anche il cinema nelle nostre carriere. Il lungometraggio del 1999 “Tutti gli uomini del deficiente” è stata una delle esperienze più coinvolgenti della mia vita. Come si dice: “Chi si ferma è perduto”. Sempre in movimento.
Marco, le sue due principali passioni?
Bè, senza dubbio la Radio, non posso non menzionare con Giorgio a R.101 e da solo tre anni a Radio 2 in un programma che si chiamava “Grazie per averci scelto”. Tra l’altro vinse anche il premio come miglior programma radiofonico del 2010. La Radio è la cosa che faccio meglio in assoluto. Mi riesce in maniera che io ritengo ottimale. Perché è una magia, una vera e propria magia. In seconda battuta viene il calcio, del quale sono stato sempre un grande appassionato.
News sul fronte “Iene”?
Che dire, dispiace sicuramente per l’addio di Alessia Marcuzzi, con la quale ci lega un rapporto decennale. Una sua scelta, ma dettata credo da giuste motivazioni. Altro non mi sembra corretto dire in questo frangente.
E ora andiamo al nome. Gialappa’s, da dove sbuca?
Il nostro nome è tutto un programma. A Mediaset facemmo (come già accennato) “Un fantastico tragico venerdì”, ma quattro nomi (all’epoca eravamo in 4) nei titoli di coda erano troppi. Ci fu chiesto di coniarci un cosiddetto “nome d’arte” per il gruppo. E qui tornano in scena i Mondiali del 1986 in Messico e la vendetta di Montezuma. La gialappa è un tubero messicano, in quelle giornate d’estate era sovente da noi usarlo durante le telecronache. C’erano delle ombre sui campi di calcio, ombre enormi dei fari dello stadio che campeggiavano sul terreno di gioco. Ironicamente li abbiamo cominciati a chiamare gialappe. Ricordo che la gente non sapeva cosa fossero, né conosceva questo curioso termine e da lì partimmo con “Gialappa’s band”. E pensare che il produttore ci disse che non avrebbe mai funzionato. Invece l’idea, di lì a poco, sfondò sui media e la “piccola sfida” la vincemmo noi. Il resto è sotto gli occhi di tutti.
“Twitch dire Europei”, come procede questa nuova avventura?
Bene, benissimo, bella avventura, nata per caso 10 giorni prima. In realtà avevamo un accordo già dall’anno scorso con una radio nazionale ma la Pandemia fermò tutto. Quest’anno Carlo, per varie problematiche, non ha potuto aderire e il precedente network ha fatto un passo indietro. Fino a qualche settimana prima del fischio d’inizio era ormai deciso che per la prima volta, dopo trent’anni, avremmo visto una competizione calcistica (finalmente) da casa e – come tanti italiani – comodi sul divano. E invece così non è stato. Qualche giorno prima un amico ci ha proposto di sbarcare su Twitch, nuova piattaforma di livestreaming considerata all’unanimità il futuro. Da un gioco a un successo. Incredibile.
Riscontri?
Straordinari. Molto positivi. I dati sia degli ascolti che dei contatti (interazioni in primis) sono considerevoli e, in questa fase finale degli Europei, l’aumento – come ovvio che sia – sarà prevedibilmente esponenziale. Non posso nascondere che siamo entusiasti poiché attorno a questo esperimento stanno nascendo trattative di grande interesse. Un canale giovanile che man mano sta salendo sempre più in cattedra a discapito dei media “classici”, tv e altro.
Ottimo direi. Pronostici per le prossime sfide in quarti, semifinali e finale?
Azzardato, di solito non li faccio mai. Alcune favorite sono saltate, vedasi Francia e Germania. Questo ha un po’ cambiato lo scenario e di sicuro le carte in tavola. Ovviamente siamo speranzosi per la nazionale italiana che – reputo – squadra estremamente competitiva. Roberto Mancini oltretutto è un eccellente comandante in capo, sa fare bene il suo mestiere. Avremo ospiti di livello (come già fin’ora accaduto con Alessia Marcuzzi, Forest, Collovati, Graziani), ma la vera novità è la chiusura, Stiamo concludendo un accordo con un Campione del Mondo del 2006. Ma non posso dire chi.
Progetti per il futuro?
Le Iene andranno avanti fino a dicembre, come da contratto. Tuttavia non le nascondo che, a mio avviso, c’è una vita oltre la televisione. Credo in questo nuovo mercato dei giovani e giovanissimi che con gli smartphone avranno la comunicazione a portata di click. Piaccia o no l’universo dei social è il futuro. Concludo dicendo che qualcosa di grosso bolle in pentola. E’ prematuro farne parola poiché proprio in questi giorni stiamo sondando una proposta di straordinario rilievo.
Cosa?
Posso soltanto dire che è un “mondo” diverso da quello televisivo, ed è proprio questo il bello! Se son rose fioriranno e, presumo, anche a breve.