Sport
Ludopatia, Paolo Jarre (tutor Fagioli): "Si cura mediamente in un anno, ma..."
Paolo Jarre, il luminare che cura lo juventino Nicolò Fagioli: "Ludopatia? Si chiama disturbo da gioco d'azzardo. Vi spiego come si cura...". L'intervista
Paolo Jarre, il tutor di Fagioli, ad Affari: ludopatia? Chiamatela disturbo da gioco d'azzardo. Per guarire mediamente ci vuole un anno, ma...
Paolo Jarre è uno dei uno dei massimi esperti italiani sulle tematiche legate all’azzardo patologico. Se fosse un calciatore sarebbe un top player, nel suo campo è considerato un guru dopo vent'anni di carriera e una esperienza sul campo unica: ha curato 600 persone con problematiche di questo tipo. Ma il bagno di popolarità, involontario, è arrivato in questi giorni: è lui l'uomo che segue il centrocampista della Juventus, Nicolò Fagioli nel suo percorso di recupero. Gli occhi dell'Italia addosso... "Avrei preferito non averli (ride, ndr). Ho lavorato per diverse settimane nel silenzio ed ero sicuramente più tranquillo", racconta ad Affaritaliani.it. Oggi tutti parlano del fenomeno della ludopatia: a cena e nei bar, sul lavoro e nei social. Paolo Jarre però spiega che è un termine sbagliato: "Richiama ai giochi dei bambini. Si chiama disturbo da gioco d'azzardo". Quanto ci vuole per guarire? "E' un lavoro lungo che richiede mediamente un anno". Però attenzione: "Noi non parliamo di 'guarigioni', ma di 'remissioni' e di 'durata delle remissioni'." Come si cura? "E' un lavoro d'équipe", lungo in vari passaggi. Dal filone di "carattere psicologico-psicoterapeutico", quindi la "ristrutturazione cognitiva" e poi...
L'intervista a Paolo Jarre, lo psicoterapeuta che segue Nicolò Fagioli
Professore quanti pazienti affetti da ludopatia ha avuto nella sua carriera?
"Intanto non chiamiamola ludopatia, anche se oramai è una battaglia persa, perché richiama i giochi dei bambini. Con questo termine ti immagini uno che... non smette di andare sullo scivolo o sull'altalena. Il termine tecnico che ricorre nella letteratura internazionale è 'disturbo da gioco d'azzardo'. Le dico di più: il gioco d'azzardo non è un 'gioco', ma attività di intrattenimento. Lei pensi che in altre lingue infatti si usa il termine 'gamble' non 'game'. Fatta questa premessa, io mi occupo di questa malattia da più di vent'anni e complessivamente con il mio gruppo di lavoro, abbiamo gestito circa 600 casi"
Dopo seicento casi c'è un profilo di massima che si può fare, un identikit legato alle persone affette da ludopatia o disturbo da gioco d'azzardo che dir si voglia?
"Parlare di profilo tipico non è corretto, perché è come provare a farlo per chi si droga. I giochi sono molto diversi gli uni dagli altri ed è molto differente il giocatore di scommesse sportive, da quello di slot machine o gratta e vinci. Piuttosto che gli uomini dalle donne, chi lo fa offline oppure online.... Il settore web poi è stato fortemente trainato dal covid e dalle sue restrizioni. Non c'è nessuna fascia d'età, nessuna condizione socio-economica o d'istruzione che viene risparmiata. Ci sono dei fattori maggiori, delle vulnerabilità strutturali"
Ad esempio...
"Pensiamo agli anziani che magari hanno un decadimento cognitivo, tanto tempo libero e solitudine. Sicuramente c'è un rischio maggiore"
Ma se gli anziani sono più vulnerabili, come si possono inquadrare dei ragazzi, giovani, ricchi e famosi?
"Hanno un altro tipo di vulnerabilità. Per certi versi anche per loro incide il tempo libero: i calciatori non lavorano 'in fabbrica' 40 ore alla settimana. E poi chi fa attività sportiva è immerso in un ambiente dove si parla molto di scommesse e probabilità. Pensiamo a come è stata aggirata la legge sul divieto della pubblicità del gioco d'azzardo: in Italia da 4 anni è vietata, ma allo stadio ci sono dei banner, sui giornali sportivi c'è la pagina con le quote. Viene passata come se fosse un'informazione tecnica, non una pubblicità. Un foglietto illustrativo. E i giovani sono immersi in questa situazione. Un giocatore su un campo di calcio, ai quattro lati ha le scritte gigantesche che pubblicizzano siti di gioco online"
Quindi a suo parere andrebbe regolamentata questa situazione?
"Andrebbe proibita, come accade per la pubblicità delle sigarette. Invece così viene aggirato il divieto di pubblicità, non c'è più il bombardamento televisivo del 'ti piace vincere facile', ma comunque la popolazione generale è meno esposta però gli sportivi lo sono. Quindi ogni fascia ha le sue tipologie di rischio, sul gioco online è maggiore sui più giovani che passano anche più tempo al telefonino"
Come si guarisce una persona affetta da ludopatia/disturbo da gioco d'azzardo?
"C'è un filone di lavoro di carattere psicologico-psicoterapeutico che consiste nell'aiutare le persone che hanno questo mentalità di approccio al gioco a pensare diversamente rispetto alla probabilità. Molto spesso hanno superstizioni. Il cosidetto 'pensiero magico': un modo di pensare per cui in qualche modo si può influenzare l'esito di certe cose. Spesso sono intrisi di questo modo di pensare. Le faccio l'esempio della moneta..."
Ossia?
"Se tiri una moneta ed esce 50 volte testa, una persona razionale sa che al cinquantunesimo lancio la probabilità che esca testa o croce è sempre del 50%: è la legge dell'indipendenza della puntata. Una persona che tende ad avere una distorsione cognitiva rispetto a questo dice 'no è probabile che adesso venga croce'. Ho banalizzato il discorso per rendere il fulcro del pensiero erroneo del giocatore. E questo richiede un lavoro abbastanza lungo di ristrutturazione cognitiva. Poi c'è tutto il lavoro sul versante dell'emotività"
Di cosa si tratta?
"E sempre sul fronte psicoterapeutico, molto spesso si tratta di persone che hanno una tendenza alla depressione e ad utlizzare il gioco come modulatore del proprio stato emotivo. Isolandosi dal mondo attraverso il gioco e stando in una sorta di bolla. Questi sono lavori di carattere psicologico e psicoteraputico"
Poi...
"C'è tutto il lavoro per riparare i danni del comportamento, familiari ed extra-familiari. Molto spesso quando vengono a farsi aiutare sono persone con situazioni molto deteriorate, separazioni in corso o conflitti importanti. Per cui anche questo è un versante su cui occorre lavorare. C'è anche il lavoro di stabilizzare la situazione debitoria, perché molti giocatori si indebitano più di quanto potrebbero recuperare nel resto della propria vita. Per cui ci sono anche strumenti specifici di tipo giuridico per ristrutturare il debito e pagare una parte di esso. Spesso c'è anche una situazione giudiziaria compromessa visto che alcuni compiono dei reati e anche su questo bisogna lavorare. E così anche sulla cosiddetta educazione finanziaria: molti giocatori hanno un rapporto distorto col denaro, non riescono a metterlo in connessione con la fatica e il lavoro per guadagnarlo. Per molti sono 'fiches', non soldi. I versanti su cui lavorare sono moltissimi, per questa ragione di solito è più opportuno operare in gruppi di lavoro multi-professionali con la presenza di psicologi, psicoteraputici, operatori sociali, educatori professionali. E' un lavoro d'équipe"
A grandi linee dopo tutto questo lavoro quanto ci vuole per recuperare una persona?
"Le dò un termine simbolico, perchè cambia da persona a persona. E' un lavoro lungo che richiede mediamente un anno. E tenga conto che non è mai completamente risolta da poter dire 'mi dimentico completamente della cosa'. Esattamente come per alcol e droghe, si deve vivere il resto della propria vita con la 'porta aperta', o meglio gli 'occhi aperti'. In alcune circostanze - negative o positive che siano - la situazione può ripresentarsi. Come per un fumatore che ha smesso: dopo 10 anni magari gli succede un guaio grosso a livello familiare o professionale, è a rischio di ricominciare e il giorno dopo fuma come se non avesse mai smesso. Infatti noi non parliamo di 'guarigioni', ma di 'remissioni' e di 'durata delle remissioni'. Quella ideale è per il resto della vita, però bisogna tener conto della vulnerabilità di base - per motivi genetici piuttosto che di sviluppo nella prima infanzia: quella non si modifica. Ma si può aiutare a costruire le difese"
Lei ha avuto 600 casi di persone affette da ludopatia, ha un'esperienza ventennale, ma ora tutta Italia parla di Paolo Jarre perchè è il 'tutor' del centrocampista juventino Nicolò Fagioli. Non si sente... gli occhi del Paese addosso?
"Avrei preferito non averli (ride, ndr). Ho lavorato per diverse settimane nel silenzio ed ero sicuramente più tranquillo"
Sente la responsabilità?
"Sicuramente. Peraltro con la sentenza che è stata fatta, la misura della sanzione sportiva viene vincolata a un percorso teraputico. Questo succede nel penale, ad esempio con le pene alternative per alcolisti e tossicodipendenti, per cui se vanno in comunità e la pena viene sospesa o scontata lì. E' la prima volta che la giusitizia sportiva fa un intervento simile: se il ragazzo non si cura sostanzialmente torna alla sanzione originaria. Quindi c'è una responsabilità grossa reciproca, del curante e del paziente"
Questo percorso da quanto sta durando?
"Un paio di mesi. Siamo in una fase iniziale"