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Mr Pallotta e Roma: c'eravamo tanto amati (?)
James Pallotta da Boston è un uomo di pragmatiche origini italiane che ha saputo, come tanti nostri connazionali, cogliere l’ “opportunità americana” e diventare ricco e (abbastanza) famoso nella natia Boston, Massachusetts, Usa occupandosi di affari.
Pallotta ha raccolto l’eredità romana della famiglia Sensi (almeno questa volta non c’entra il portavoce di Renzi e cioè il potente Filippo) in difficoltà economiche con le banche –specificatamente la Unicredit- e dopo alcune voci su esotici ed improbabili salvatori della Patria come il finanziere George Soros è diventato Presidente della A.S. Roma nell’agosto del 2012 dopo un breve interregno del socio anch’esso americano Thomas DiBenedetto.
Pallotta un po’ come Alberto Sordi quando alla marana gli chiedevano “facce Tarzan” prese il coltello tra i denti e si gettò nella palude romana cercando di accoltellare i nemici.Dopo aver provato due tecnici che non hanno convinto come Luis Enrique e Zdenek Zeman (sostituito poi da Aurelio Andreazzoli che perse la finale di Coppa Italia con la Lazio) ingaggiò il poco conosciuto Rudi Garcia nel 2013 e cominciò un primo anno magico: secondo posto, squadra imbattuta per dieci turni; una “turbo - Roma che aveva lasciato al palo la nemica di sempre: la Juventus; poi finì tutto con un deludente secondo posto ripetuto poi l’anno successivo; nel frattempo qualche mega figuraccia europea con risultati da ko tennistici di cui l’ultimo con il Barcellona.Vista così sembra la storia di un perdente di successo, di un eterno secondo che promette e fa intravvedere trofei che non raggiunge mai.
Aspettando le glorie calcistiche Mr Pallotta punta quindi il business, quello grande, quello “amerikano”: un nuovo Stadio per la Roma ma, si badi bene, non di proprietà della squadra ma di privati; il progetto viene subito impallinato dalle associazioni ambientaliste che l’accusano di speculazione edilizia perché si tratta di edificare un milione di metri cubi di cemento anche di grattacieli e centri commerciali in un’area verde di Roma, Tor di Valle che fino a poco tempo prima ha ospitato un famoso ippodromo; impallinato anche dai geologi preoccupati per la naturale e riconosciuta subsidenza della zona che si trova nell’alveo del fiume Tevere (basti l’esempio della Nuova Fiera di Roma che sta letteralmente inabissandosi nella zona di Parco Leonardo tra Roma e Fiumicino); si pensa ad un’altra area, cioè quella di Tor Vergata che è almeno sicura geologicamente ma Pallotta si è, come si dice a Roma, “intignato” sul progetto che presuppone golosi investimenti cementizi da parte del costruttore Luca Parnasi che ha acquisito l’area dalla famiglia Papalia (con alcuni risvolti impugnati dalla magistratura) e questo nonostante che sia il prefetto Gabrielli che un Alfio Marchini candidato sindaco e i Cinque Stelle di Grillo si esprimano dubbiosamente sul progetto stesso.Il suo grande sponsor era l’ex sindaco Marino corroborato dalla assessora all’ambiente Estella Marino (pronta ad avallare una cementificazione selvaggia!) e dall’intraprendente e molto ostinato Giovanni Caudo assessore alla urbanistica; poi caduto malamente Marino e la sua giunta tutto sembra tornare in alto mare con un iter tecnico che implica risposte comunali che a questo punto dovrebbero arrivare solo a feste concluse e necessariamente da organi prefettizi che difficilmente potrebbero assumersi responsabilità così impegnative; in ogni caso poi la pratica passerebbe alla Regione Lazio.
Visto sostanzialmente naufragare il “progetto Stadio” Pallotta cerca allora di dedicarsi amorevolmente verso i tifosi e comincia così la storia di una lunga querelle di incomprensioni tra una tifoseria che protesta, contro il prefetto, per elementi architettonici non graditi nelle curve e, appunto, un prefetto di ferro, Gabrielli, che viareggino d’hoc non sembra calarsi più di tanto delle vicende sportive romane fino all’epilogo di qualche giorno fa.Pallotta fa sapere che incontrerà il prefetto Gabrielli per risolvere la cosa ma Gabrielli non ne sa nulla e risponde piccato umiliando Mr Pallotta con attese nei corridoi della prefettura ed “iperboli” non pienamente comprese dall’americano mentre nel frattempo la Roma “conquista” il passaggio di turno pareggiando nella Champions con il Bate Borisov, modesta squadra Bielorussa, tra pochi tifosi che la fischiano e proprio in questa occasione avviene un gelido incontro tra i due che non risolve alcunché delle curve contestate.
Pallotta dice che i problemi sono i tifosi e, naturalmente, i giornalisti e afferma la qualità della squadra, un vero “gioiellino”, una (gioiosa?) macchina da guerra che però non vince mai nulla.Purtroppo i risultati sono crudeli e in tempi di crisi è meglio non esagerare ed esasperare il contesto che come diceva Sciascia è sempre importante.Urge, per chi ama la Roma, una rivoluzione copernicana sempre che il patron d’oltreoceano voglia ancora occuparsi ancora dell’impresa.