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Economia
Mediocredito Fvg, addio Iccrea. Serracchiani pensa a PopCividale

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Addio Iccrea e via alla spasmodica ricerca di una soluzione alternativa che al momento ha portato a bussare alla porta della Banca Popolare di Cividale. Secondo quanto riferiscono alcune fonti bancarie ad Affaritaliani.it, il management di Mediocredito Friuli Venezia Giulia avrebbe ammesso il "raffreddamento" della (lunghissima; quasi due anni) trattativa del gruppo con Iccrea Holding e il presidente dell'istituto di credito speciale controllato (con il 55%) dalla Regione Friuli Venezia Giulia pare abbia già intrapreso una nuova strada per mettere in sicurezza la "banca regionale", come ama sottolineare la governatrice Debora Serracchiani, a servizio delle imprese del territorio. Piano "B", ovviamente caldeggiato anche dagli ispettori di BankItalia (che a Nordest hanno iniziato il 22 luglio una delle loro visitine) che si chiama PopCividale, uno degli istituti più grossi in regione assieme a Friuladria e a Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone (gruppo Intesa) e che potrebbe aiutare il Mediocredito (fornendo tecnici e subentrando nel capitale) a ripartire dopo il quinto bilancio consecutivo in rosso.

Già, perché nonostante i buoni propositi della presidente Cristiana Compagno appoggiata dalla squadra di assessori della Serracchiani, il business continua a non performare e ad involvere, preparando il quinto bilancio in rosso. Non solo per una perdita straordinaria da cartolarizzazione "in house" messa in cantiere e che costringerà la Regione a un nuovo aumento di capitale ma anche per la gestione operativa che non decolla affatto.

In attesa della semetrale che verrà comunicata al mercato (si stima) a metà settembre, a fronte di una raccolta diretta in crescita del 3% nel 2015, strapagata più del Btp decennale (che ad oggi rende circa l'1,06% annuo), la banca a controllo regionale arriva a pagare fino al 2,50% annuo per il conto vincolato a 5 anni e gli impieghi all'economia regionale sono, al contrario, in brutale contrazione di oltre il 10% nel 2015. Al pari del margine di contribuzione in conto economico che vale circa 1 milione di euro (cosa se ne faccia la banca di questa raccolta a peso d'oro quando potrebbe attingere alternativamente provvista presso la Bce allo -0,40% delle Tltro di Francoforte è tutto da capire).

Il costo sostenuto del 2% (che si ottiene sommando l'1,6% a inizio 2016 ed il -0,40% della Bce), impatta sugli oltre 800 milioni di euro di raccolta diretta (2015) per oltre 16 milioni di euro, 9 circa dei quali a carico dei contribuenti essendo la banca pubblica per il 55%. Una banale rimodulazione delle fonti di finanziamento potrebbe almeno dimezzare il continuo stress per le tasche pubbliche. Sul versante dei crediti deteriorati, invece, dopo una prima cessione di sofferenze ed il conferimento di beni in leasing a fondi immobiliari realizzati nel 2015 per 96 milioni lordi ed una perdita di 16,4 milioni di euro, la loro consistenza lorda (nella variegata classificazione fra sofferenze, incagli, scaduti, scaduti deteriorati ecc...) è tendenzialmente tornata al miliardo di euro.

(Segue...)

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sofferenze bancarieandamento banche italianebanche in crisibanche salvatemediocredito friuli venezia giulia





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