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Politica
25 Aprile, 10 buone ragioni per festeggiare o no. Due tesi contrapposte
Il Presidente Sergio Mattarella a Boves, (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Le 10 buone ragioni per festeggiare/non festeggiare il 25 Aprile

1. Il 25 aprile è la commemorazione di un sostanziale falso storico: è opinione comune che il 25 aprile 1945 sia la liberazione d’Italia dal fascismo quando questo è terminato in realtà due anni prima (25 luglio 1943) e persino paradossalmente con modalità democratiche tramite una mozione di sfiducia al governo presieduto da Mussolini da parte dei gerarchi del Gran Consiglio del Fascismo.

2. La liberazione dall’occupazione tedesca è stata una liberazione o piuttosto un tradimento? L’Italia ha iniziato la guerra al fianco della Germania e le truppe tedesche si trovavano già in Italia per contrastare l’invasione angloamericana e dare manforte al nostro malandato e pure recalcitrante esercito. In ogni caso l'Italia era entrata in guerra al fianco della Germania per decisione di un governo espressione del consenso popolare.  

3. Al posto del 25 aprile non sarebbe allora più logico festeggiare il giorno dell’armistizio? Quell’8 settembre 1943 con cui il nuovo governo Badoglio pretese di essere riconosciuto “alleato” di quello che fino al giorno prima era stato il suo nemico, con lo splendido risultato di creare una sanguinosa guerra civile, due diverse entità statali in Italia (la Repubblica Sociale e il Regno del Sud) e con l'Italia e le Forze Armate spaccate in due?

4. Il 25 aprile è una festa partigiana anche sotto il profilo politico, perciò non potrà mai essere la festa di tutti gli italiani. Le formazioni partigiane si distinguevano per orientamenti politici tra loro contrapposti: comunista, socialista, del Partito d’Azione, ma anche formazioni liberali, cattoliche e monarchiche; che in percentuale erano però una netta minoranza. Quindi la divisione e la contrapposizione erano già presenti anche nel campo della Resistenza: non propriamente un anniversario di unità nazionale. 

5. Il 25 aprile è soprattutto la festa dell’antifascismo: se va riconosciuto che l’antifascismo fu espresso con coraggio durante gli anni del regime fascista che riservò agli oppositori uccisioni, percosse, olio di ricino, carcerazione e confino, oggi è ancora una espressione di coraggio? A ottant'anni dalla fine del regime che senso ha essere antifascisti? Il fascismo è morto e sepolto e chi ne agita lo spettro lo fa di solito per tornaconto politico continuando a dividere un popolo all’insegna del caro vecchio divide et impera. 

6. Festeggiare il 25 aprile è come rinfocolare odi o riaprire ferite; coltivare la divisione tra gli italiani. Ogni vero patriota dovrebbe intimamente evitare di festeggiare eventi funesti, tragici e controversi della storia italiana e magari più saggiamente metterci la fatidica pietra sopra. 

7. I veri “fascisti” del terzo millennio non sono forse anche di più gli antifascisti? Non sono forse costoro quelli che se non ti dichiari prima antifascista non hai nessun diritto di parola?

8. Il 25 aprile non sarà mai una vera festa nazionale se in tutti i cortei e le manifestazioni ci sarà lo sventolìo soprattutto di bandiere rosse. Il fascismo o le forme di governo che si ispiravano al fascismo nel mondo non esistono più: sono terminate con i regimi greci, iberici e sudamericani, ma al contrario i regimi comunisti esistono ancora, per cui, fra le due, non è forse, anzi sicuramente più ragionevole essere anticomunisti?

9. La data del 25 aprile è diventata un tormentone elettorale per la destra e per la sinistra (ammesso che abbia ancora senso chiamarle così). Ogni anno si inizia a parlare un mese prima di questa ricorrenza che cadendo in primavera anticipa le elezioni politiche o amministrative, così i partiti inscenano le solite commedie. Non sarebbe ora di finirla, di voltare pagina e di parlare del presente invece che del passato?

10. La mistificazione maggiore poi sta nella negazione di legittimità del postfascismo, quando viceversa esso fu legittimato fin dal principio e nella stessa Costituzione, che prevedette non solo di non escludere gli ex fascisti dalla partecipazione democratica, ma persino di consentire, dopo una esclusione temporanea, la eleggibilità degli ex fascisti alle cariche dello Stato repubblicano. Quindi che senso ha continuare a chiedere agli eredi di quella storia politica di abiurare una tradizione che resta nel passato, essendo già passata al vaglio dei fondatori, antifascisti, della Repubblica?

Ebbene una possibile risposta verte sui medesimi 10 punti

1) Il fascismo non è ovviamente terminato con l'8 settembre 1943: al PNF (Partito Nazionale Fascista), detronizzato con l'arresto di Mussolini, successe viceversa in seguito il PFR (Partito Fascista Repubblicano) nella RSI, estinto appunto simbolicamente il 25 aprile 1945.

2) Il tradimento, quello vero, fu perpetrato dal fascismo nei confronti dell'Italia stessa, trascinando la nazione in una guerra suicida a fianco di altre due potenze criminali guidate da psicopatici sanguinari. Quindi l'8 settembre rappresentò il tentativo, seppure maldestro e tardivo, di liberarsi non solo dei fascisti, ma anche dei tedeschi, che non a caso trattarono gli italiani non da ex alleati, ma (dal loro punto di vista) da traditori, quindi da nemici, compresi i fascisti, non certo particolarmente stimati dai tedeschi. 

3) Il 25 aprile segnò la vittoria della Resistenza; l'8 settembre non fu certo data degna di minimo festeggiamento, anzi si può dire certamente il contrario. La guerra civile fu determinata dalla demenza dei fascisti di perseguire la servitù ai tedeschi e la volontà di proseguire la guerra, assurda e senza vie d'uscita, da sconfitti.

4) il 25 aprile è la festa dell'Italia liberata dai criminali nazifascisti: delinquenti che tolsero all'Italia il regime democratico, quindi le libertà di un paese occidentale che l'Italia già possedeva, in cambio di omicidi politici, servaggio ai tedeschi, un antisemitismo d'importazione, una corruzione morale e materiale dilagante, una guerra suicida e soprattutto cialtrona. Oltre alla oscena complicità con il genocidio di ebrei, agli eccidi di massa di russi, di prigionieri di guerra, di oppositori politici, di omosessuali, di malati, e col massacro di altri italiani, militari in primis come a Cefalonia, alle Fosse Ardeatine e in centinaia di altri casi luttuosi e spesso eroici; massacri di civili, spesso di bambini, come a Marzabotto o a Sant'Anna di Stazzema. Le divisioni nel campo della Resistenza non cancellano lo sforzo comune per la lotta antifascista. Chi è fascista e non vuole festeggiare stia pure chiuso in casa; il 25 aprile non si commemorano tutti gli italiani: si commemorano quelli che si opposero ai fascisti. 

5) Oggi ha senso essere antifascisti proprio perché ci sono i fascisti che rivendicano di essere fascisti. Il fascismo quindi non è affatto morto e sepolto e non solo si cammuffa sotto altre maschere, ma conserva ancora anche quelle di proprietà. 

6) Il 25 aprile è giustamente una data divisiva non solo perché i fascisti esistono ancora, ma anche perché il fascismo è una tentazione autoritaria eterna: preesistente e posteriore rispetto al fascismo stesso. Ogni vero patriota dovrebbe riconoscere il valore della fine del regime fascista, che nonostante ebbe in vent'anni di governo in ogni caso i suoi successi, portò comunque infine l'Italia al DISASTRO e alla schiavitù prima nei confronti dei tedeschi e poi dei vincitori angloamericani: una condanna che scontiamo tutt'ora, e che soprattutto in questo momento vediamo in tutto il suo tragico peso. 

7) No, i veri fascisti del terzo millennio sono ovviamente in primis i fascisti, vecchi e nuovi; anche se soprattutto il comunismo stalinista ebbe ed ha caratteri analoghi. Fascismo e comunismo infatti furono e sono dittature. Giova ricordare che il paradosso di Popper impone a norma di legge di impedire a chi è veramente fascista (o stalinista, de facto) di esercitare la possibilità di imporre le proprie azioni fasciste. Se viceversa le idee sono incoercibili, quelle fasciste comprese, una società democratica non può tollerare chi vuole distruggere la società democratica per imporre la dittatura autoritaria. 

8) Il 25 aprile è una festa democratica e quindi può manifestare chiunque, tranne i fascisti, perché i fascisti avrebbero impedito e impediscono le manifestazioni; anche i comunisti lo avrebbero fatto se nel '46/'48 avessero preso il potere, ma viceversa gli si riconosce, come ai comunisti russi, il valore della lotta antifascista, e come ai comunisti cinesi il valore della lotta contro il regime iperfascista giapponese. Quindi il valore dell'antifascismo è prevalente rispetto a quello dell'anticomunismo. 

9) Evidentemente è un tormentone che ha senso, visto che i fascisti tentano di evitare di abiurare e farfugliando motivazioni lunari per giustificare di essere ancora fascisti. Per voltare pagina bisognerebbe avere il coraggio di non avere più ambiguità sul tema. Ci riuscì Gianfranco Fini fondando il primo partito postfascista e non più pseudofascista, erede del Movimento Sociale Italiano; mentre il partito di Giorgia Meloni è tornato indietro ad un postfascismo che strizza l'occhio ai nostalgici. 

10) Se è vero che gli ex fascisti furono riammessi nel quadro democratico è vero che lo furono in cambio della sostanziale tacita condizione di sconfitti e di emarginati non solo dai ruoli di dirigenza politica istituzionale, ma anche sostanzialmente dalla società nel suo complesso. Si concesse agli ex fascisti una sorta di riserva indiana col peso del biasimo condiviso dalla enorme maggioranza del Paese; biasimo che oggi è stato prima in parte superato e poi in parte perfino quasi dimenticato. Giorgio Almirante, dei cui insegnamenti ci si è dimenticati troppo in fretta, asseriva una formula esplicativa della filosofia del MSI: non rinnegare e non rivendicare. Oggi si può capire che una volta arrivati al governo come forza di maggioranza relativa la tentazione dei postfascisti di cacare fuori dal vaso venga un po' spontanea, ma dimenticare che il fascismo trascinò l'Italia nella vergogna e nel discredito internazionale diventa qualcosa di più di una dimenticanza: diventa un semaforo verde ad atteggiamenti autoritari successivi che se già vengono spesso attuati da governi di finta sinistra, figuriamoci quelli di vera destra. Qualcuno di anche celebre lo chiamò, con termine germanico lievemente dotto, "URFASCISMO", ovvero qualcosa di simile ad un fascismo ancestrale; forse una definizione più suggestiva che sensata: la deriva autoritaria violenta esiste dalla notte dei tempi anche senza le Camicie Nere, evidentemente. 

Ogni 25 aprile, semplicemente, ha senso opporsi a quel modello, in favore di un modello democratico imperfettissimo, oggi probabilmente marcescente, ma pur sempre migliore che sentire un Duce sbracciarsi tragicomicamente da un balcone. Lo disse con famosa voce stentorea: VINCERE! E persero, malissimo.






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