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Finanza

In molti Paesi dell'area euro, per rilanciare la produttività durante la crisi dei debiti si è trovato più facile fare riforme sul mercato del lavoro, che pure a volte risultavano controverse, piuttosto che 
intervenire sugli "interessi protetti". Lo ha rilevato pochi giorni fa il presidente della Bce, Mario Draghi durante l'intervento annuale in memoria dell'economista italiano Tommaso Padoa-Schioppa al Forum economico di Bruxelles. Un lungo intervento in buona parte dedicato ai problemi del mercato del lavoro, in particolare l'eccessiva disoccupazione accompagnata da sotto occupazione in diversi Paesi, e della produttività a rilento, con l'ulteriore complicazione del previsto invecchiamento della popolazione europea.

Già nel novembre 2014 Mario Draghi, mentre un centinaio di studenti contestava la presenza del presidente della Bce ad un convegno all'Università di Roma Tre, fra gli slogan "fuori i banchieri dall'università", si è soffermato a lungo anche sul tema della disoccupazione, in particolare di quella giovanile. "L'attuale, inaccettabile livello della disoccupazione - il 23% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro - è contro ogni nozione di equità, è la più grande forma di spreco di risorse, è causa di deterioramento del capitale umano, incide sulle potenzialità delle economie diminuendone la crescita per gli anni a venire", diceva già allora Draghi.

E aggiungeva "Questa disoccupazione trova la sua origine dapprima nella Grande Recessione che ha toccato tutte le economie avanzate; poi nella crisi del debito sovrano che ha concentrato le perdite di posti di lavoro in quei paesi dove il debito e il deficit pubblico erano più alti, dove gli strumenti fiscali di stabilizzazione macroeconomica sono stati paralizzati dalla necessità di dimostrare agli investitori che il debito, nonostante la crisi, era sostenibile; in questi paesi il meccanismo di trasmissione della politica monetaria ha smesso di funzionare, inducendo una restrizione creditizia che ha ulteriormente aggravato la crisi. I fattori ciclici hanno quindi avuto un ruolo importante nell'aumento della disoccupazione".

Oggi invece Draghi non si è limitato alle constatazioni, ma ha indicato anche delle possibili soluzioni: "Aumentare la produttività è difficile. Richiede un insieme di riforme che solitamente si scontrano con forti resistenze degli interessi protetti. Questa è la ragione per cui durante la crisi molti Paesi hanno trovato più facile riformare i mercati del lavoro, piuttosto che altre aree”.

Ora però il problema della produttività non può essere ulteriormente rinviato. Bisogna agire a livello di imprese per favorire innovazione e tecniche gestionali efficaci, e a livello di sistema affinché "le risorse vengano riallocate nelle aziende più produttive, da quelle meno produttive". E questo, secondo Draghi, a sua volta richiede un approccio su tre livelli: “primo, rimuovere le barriere alla conoscenza; secondo, 
economie di scala adeguate con un sistema che consenta alle aziende sane di crescere e, terzo, migliorare il capitale umano investendo sulla formazione, per rendere la crescita non solo più forte, ma più inclusiva" ha concluso.


Paolo Brambilla
 

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