Affari Europei
Bruxelles, un anno dalle elezioni europee. Euroscettici sconfitti, ma l'economia...
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Lunedì sarà passato un anno esatto dalle elezioni europee del 25 maggio 2014. Al Parlamento europeo è tempo di bilanci, tra la soddisfazione per i risultati raggiunti e le recriminazioni per le battaglie perse. Il bilancio più positivo lo fa la delegazione del Partito democratico, la più numerosa nell'Aula di Strasburgo ed è anche quella che quest'anno ha occupato il centro della scena, complice anche la presidenza italiana del Consiglio, guidato dal democratico Renzi.
I più scettici su questi 365 giorni sono, neanche a dirlo, gli euroscettici. Movimento 5 Stelle e Lega Nord hanno continuato a denunciare le magagne (vere o presunte) dell'Unione europea, senza però riuscire ad incidere alcunché. Nonostante molti deputati considerino i grillini preparati, a Strasburgo non hanno ancora trovato il modo di emergere, anche a causa dell'ostruzionismo delle altre famiglie.
Ma la loro insoddisfazione è forse la vittoria più grande degli altri partiti. Chi non si ricorda il clima pre-voto dell'anno scorso? Non si faceva altro che parlare di euroscettici, dell'onda 5Stelle, di un Parlamento europeo a rischio. Oggi invece le Cassandre tacciono. Strasburgo è solidamente governata dall'alleanza Ppe-S&D, con l'appoggio dell'Alde.
Archiviata la minaccia euroscettica il capitolo più spinoso è quello economico. Certo su alcuni fronti, come quello greco, non c'è stato quel passo avanti che alcuni avrebbero sperato. Anzi, siamo tornati indietro. Atene continua ad essere la malata d'Europa e fino ad oggi nessuno intravede una soluzione. Il nuovo governo non ha cambiato le carte in tavola e sono in molti a prevedere che la moneta unica presto perderà un componente.
Il Parlamento europeo può però vantare di aver raggiunto alcuni obiettivi di peso: in primis la flessibilità. L'introduzione di questo concetto nelle valutazioni della Commissione è certamente dovuta alle battaglie dell'Aula di Strasburgo, anche se il grosso del lavoro lo hanno fatto i governi e un presidente, Juncker, che si è smarcato dal rigorismo tedesco. Presidente che però ha ricevuto la fiducia dal Parlamento Ue su questi temi e su altri, come il l'omonimo piano.
Il Fondo europeo per gli investimenti strategici, annunciato nel 2014, sta prendendo forma. Ma tra lungaggini burocratiche e mancanza di capitali (soprattutto privati), il bilancio è in rosso. Si spera che possa invece diventare verde quando nel 2016 si guarderà a quest'anno.
Per l'Italia c'è la soddisfazione di aver visto la nostra Federica Mogherini rimbalzare da una capitale all'altra del globo tessendo quella rete di relazioni diplomatiche che fino ad oggi l'Unione europea non è stata in grado di creare. Anche nel suo caso, visti soprattutto gli ardui compiti, nessuno si azzarda a fare un bilancio. Certo è che in molti l'avrebbero voluta vedere più presente, soprattutto in Europa dell'est.
E da qui alle prossime elezioni? “La vera sfida sarà modificare i Trattati per dare all'Unione europea più poteri”, spiega ad Affaritaliani.it David Sassoli, vicepresidente del Parlamento europeo. “E' la vera battaglia che rivelerà chi è davvero europeista e chi lo è solo per convenienza”.
Per Sassoli il tema su cui Bruxelles dovrebbe avere più voce in capitolo è “quello dell'immigrazione. Lo vediamo anche adesso: a livello europeo si prendono delle decisioni che poi vengono depotenziate dai governi. Oltre a questo c'è la necessità di creare un esercito unico, capace di difendere tutti i 28 Stati e di generare economie di scala. C'è poi bisogno di un passaggio a livello Ue della fiscalità. È una questione di giustizia sociale, non solo di conti in ordine”.
Per cambiare i trattati tuttavia si dovrà trovare la giusta maggioranza tra i governi (che devono votare all'unanimità). E con Paesi come la Gran Bretagna, la Grecia e l'Ungheria in rotta di collisione con Bruxelles si preannuncia una dura battaglia.