Botta a Landini e messaggio a Meloni: Sbarra e la politica dei due forni

Il capo della Cisl non vuole lasciare terreno alla Cgil, la premier si trova in mezzo ai fuochi dei due sindacati

Di Giuseppe Vatinno
Luigi Sbarra
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Intesa Schlein-Landini, la Cisl non ci sta

E alla fine Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, ha sbottato su Il Giornale: "La distinzione tra rappresentanza sociale e politica resta un valore assoluto e non negoziabile del nostro fare sindacato. La Cisl ha sempre giudicato i governi in base alle loro scelte e non dal colore politico”.

E poi ancora: “Se qualcuno pensa di poter cavalcare la nostra protesta sindacale sovrapponendogli obiettivi di natura partitica ha sbagliato di grosso. I politici di tutti gli schieramenti sono liberi di partecipare alle nostre manifestazioni, ci mancherebbe. Ma se condividono le nostre richieste, devono farlo anche rispondendo in maniera coerente in Parlamento e rispettando sempre l’autonomia del sindacato”.

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Il segretario della Cisl non si è però solo soffermato a dichiarazioni di principio è entrato anche nel merito e cioè il cuneo fiscale: “Abbiamo apprezzato molto il taglio del cuneo a favore solo dei lavoratori perché è una misura che può dare un sollievo ai salari in questa fase difficile con una inflazione galoppante”.

Insomma il precario fronte sindacale della triplice, della trimurti o come la si voglia chiamare, si è già pesantemente incrinato alle prime misure sul lavoro che il governo ha varato, misure che sono state sapientemente pubblicizzate e dirette proprio per provocare l’inevitabile spaccatura del fronte sindacale che solo a chiacchiere è unitario e fa gli interessi dei lavoratori mentre invece in realtà si tratta solo di propaggini partitiche ben note: la Cgil lo è del Pd, la Uil dei socialisti intesi ormai solo come area e la Cisl dei moderati cattolici ex Democrazia Cristiana che oltretutto neppure pubblicano i bilanci, come la Costituzione invece impone.

La partita è ristretta a Landini - Sbarra, l’Uil di Pierpaolo Bombardieri, nonostante il pomposo cognome conta poco, con il primo affetto dalla solita ingordigia e megalomania che lo porta a considerarsi “la marchesa dei lavoratori”, cioè il riferimento fisso e inalienabile di chi lavora che per lui deve sempre indossare la camicia rossa garibaldina.

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Ormai i sindacati non rappresentano più nessuno e tanto meno chi lavora. Basti pensare come si è trasformato il mercato del lavoro moderno: precarietà, instabilità, potere contrattuale nullo, sfruttamento, assenza di orizzonti definiti. E i sindacati che fanno? Pasteggiano sulle spoglie di chi lavora. Li usano, cinicamente, come mezzi di scambio per i loro interessi e le loro trattative con la politica.

Basti pensare l“ascensore” che esiste tra sindacato e politica. Il caso di Susanna Camusso è emblematico: segretaria generale della Cgil dal 2010 al 2019 si è costruita le basi per una ulteriore carriera politica visto che è stata eletta ora senatrice nelle liste - indovinate un po'? - del Pd. E non è certamente la sola. Basti pensare, per par condicio, a Franco Marini che c’è mancato poco che non diventasse Presidente della Repubblica.

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Tutto si tiene, tutto torna. Ora è chiaro che l’alleanza Schlein - Landini è ancora più strutturale di quelle passate, perché, sempre a chiacchiere che sono il carburante di queste cose, ci sarebbe una vicinanza politica maggiore. Ed è altrettanto chiaro che la Cisl non ci sta a lasciare il campo agli eterni antagonisti e così Sbarra, appena la pressione sul suo piede da parte di Landini è aumentata, ha sparato ad alzo zero e palle incrociate. Il significato del suo messaggio è duplice. Alla Cgil dice: “Attenti, ci siamo anche noi e chi mangia da solo si strozza” e al governo dice: “Noi siamo la medicina per la corrispondenza di amorosi sensi tra Landini e la Schlein”. Politica dei due forni, ha sempre funzionato, soprattutto da quelle parti, ma la cuoca questa volta è Giorgia Meloni.

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