Covid, violenze e stupri: uno psicologo di base contro il disagio giovanile

I disagi psicologici ed esistenziali emersi dall'isolamento imposto dalla pandemia hanno dato luogo ad una crescita esponenziale di episodi di violenza

Di Maria Pia Perrino
Coronavirus
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Uno psicologo di base per superare le violenze e gli stupri giovanili sempre più diffusi dopo il Covid

La condizione di solitudine e di isolamento imposte dalla pandemia hanno fatto emergere disagi psicologici ed esistenziali, diffusi in particolar modo nelle fasce giovanili della popolazione, che hanno dato luogo ad una crescita esponenziale di episodi di violenza in danno di minori, di donne e non solo.

È di qualche giorno fa la notizia di uno stupro perpetrato da un quindicenne (!!!) nei confronti di una sua coetanea nel corso di un festino a casa di amici.

Un tentativo di introdurre strumenti di prevenzione del sempre più diffuso disagio psicologico si sta tentando incrementando i servizi della medicina territoriale nella direzione di fornire una risposta socio-sanitaria al problema.

In molte regioni sono state approvate o sono in corso di approvazione provvedimenti che prevedono la istituzione del cosiddetto “Psicologo di base”, ovvero una prestazione professionale di sostegno psicologico a carico del servizio sanitario regionale.

L’obiettivo è quello di consentire a chiunque di accedere a tale cura qualora lo consiglino il medico di base o il pediatra.

La novità è di non poco conto se si pensa che fino a pochi anni fa quanti si sottoponevano ad una terapia psicologica spesso lo facevano segretamente per non subire lo stigma sociale di essere considerati malati di mente.

Molti guardavano con scetticismo a queste figure professionali ritenendole sostitutive delle confessioni religiose.

Lo psicologo era considerato sovente un demiurgo, che con la sua capacità di fascinazione poteva far cadere i suoi pazienti in trappole di dipendenza a fronte di lauti onorari.

Ci sono voluti anni perché la figura dello psicologo si riscattasse da questi pregiudizi, che non sembrano, peraltro del tutto superati soprattutto nelle vecchie generazioni.

Assistiamo pertanto ad una evoluzione culturale davvero degna di nota se si considera che oggi viene considerata una prestazione socio-sanitaria casi essenziale qualificata e necessaria tanto da prevedere di porre la prestazione a carico del servizio sanitario pubblico.

Non si può che salutare questa rivoluzione copernicana come indice di un salto di qualità culturale nell’approccio alla psicoterapia come disciplina sovente capace di migliorare la qualità della vita dei tanti che vi ricorrono.

 

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