Sassoli, il mieloma e i vaccini anti-Covid: "La terza dose ci salva la vita"
L'Intervista di Affari a Marco Dell'Acqua, autore di "Sono nato dopo mio figlio", che ha avuto la stessa malattia del Presidente del Parlamento UE
"Basta con le speculazioni sulla morte di David Sassoli: chi è immunodepresso va protetto con i vaccini"
“Ho avuto la stessa malattia di Sassoli e il vaccino per il Covid mi ha salvato la vita”. Nel giorno in cui l’Italia rende omaggio alla camera ardente del compianto Presidente del Parlamento Europeo, a prendere posizione sulle speculazioni riguardanti la sua morte è Marco Dell’Acqua, autore del libro “Sono nato dopo mio figlio” (Laurana Edizioni). Uscito lo scorso novembre, il libro racconta la drammatica svolta di un professionista di successo, che a 38 anni lavora nel settore del marketing sportivo e che all’improvviso vede la sua vita stravolta dalla scoperta di avere un mieloma. Proprio per la sua esperienza diretta, ha deciso di mettere la faccia su una presa di posizione destinata a far discutere: “Il vaccino e la terza dose proteggono noi e chi non può vaccinarsi, proprio perché magari ha un sistema immunitario indebolito da una malattia o da un trattamento (ad esempio la chemio). Vaccinatevi e non credete a minch*ate che vi raccontano”. In questa intervista ad affaritaliani.it, racconta il suo vissuto e cerca di fare chiarezza sul rapporto tra i vaccini per il Covid e la tutela di chi ha un sistema immunitario depresso.
La sua posizione sulla necessità di vaccinarsi è molto netta. Nonostante la sua esperienza diretta di paziente certamente le abbia insegnato molto, però lei non è un medico. Su quali basi, allora, assume tale posizione?
“I vaccini contro il Covid-19 sono fondamentali per chi ha il mieloma. Non lo dico io, ma i medici e i ricercatori, nonché l’AIL, cioè la principale associazione che si occupa di chi ha questa patologia”.
Che spiegazione si è dato in merito alle aspre polemiche scatenate dalla morte precoce di David Sassoli?
“Inizialmente si è saputo solo che Sassoli era ricoverato ad Aviano, in un centro specializzato nella cura delle patologie del sistema immunitario. A me era già noto che ad Aviano si occupano in particolare di trapianti e malattie del sangue, essendoci passato. Io sono di Milano e quindi sono stato curato all’Istituto Nazionale dei Tumori, ma per il resto d’Italia Aviano è un punto di riferimento notissimo. Si è saputo che Sassoli si era sottoposto a trapianto, ma non di che tipo. Ce ne sono due: l’autotrapianto o il trapianto da donatore, che è quello che ho fatto io nel 2006 ed è anche il più pericoloso (infatti oggi si fa molto meno frequentemente). Il fatto che il trapianto sia avvenuto dieci anni fa non significa automaticamente che lui sia stato bene negli ultimi dieci anni: il mieloma indebolisce il sistema immunitario e quindi sei comunque sottoposto a rischi. Che poi Sassoli sia morto di legionella è una conseguenza, perché se il sistema immunitario è debole è ovvio che questa o altre malattie possano più facilmente provocare dei danni, anche fatali. Questo chiaramente non possiamo dirlo con certezza sul caso specifico, ma il tema è il rapporto tra questa condizione di debolezza e il vaccino”.
Torniamo allora sul tema: cosa la induce ad escludere possibili legami col vaccino?
“Che il vaccino non c’entri lo dico anche per esperienza personale. Pur avendo fatto il trapianto da donatore, ho fatto il vaccino e sto benissimo e sono in remissione del mieloma da quindici anni, quindi persino prima di Sassoli. Sono stati proprio i dottori che mi hanno salvato la vita a dirmi di vaccinarmi. E, sottolineo, si sono vaccinati anche loro. La mia vaccinazione era ancora più necessaria, proprio perché la malattia mi rendeva un paziente fragile. Infatti sono stato tra i primi ad essere vaccinato: prima dose ad aprile, seconda a maggio e terza a novembre, ma solo perché c’era ancora in vigore la regola dei sei mesi per il booster, altrimenti lo avrei fatto anche prima. E non ho avuto alcun tipo di reazione negativa”.
Su questi temi però servono certezze scientifiche: quali sono?
“Le mie non sono solo sensazioni personali, lo dicono anche gli esami, che nel mio caso sono molto frequenti. Pur essendo passati quindici anni, infatti, avendo avuto il mieloma mi devo sottoporre a controlli due volte all’anno, ovvero molto più spesso e a lungo di un paziente che esce dal tumore e dopo cinque anni smette di fare lo screening. Tutti gli esami certificano che sto bene e non ho avuto scompensi nel sistema immunitario. Ma c’è anche un altro motivo per il quale chi ha queste malattie deve farsi il vaccino anti-Covid”.
Quale?
“Per sottopormi a cure e controlli, sono dovuto entrare in ospedali nei quali ovviamente c’erano tanti pazienti immunodepressi e, se non fossi stato vaccinato, sarei stato molto più pericoloso per loro, rischiando di contagiarli. Ma non finisce qui”.
Che cosa intende?
“Nel mio libro racconto di aver deciso di fare un figlio dopo aver saputo di avere il mieloma e quindi non sapevo se l’avrei conosciuto. Il trapianto che mi ha salvato la vita l’ho fatto quando mio figlio aveva solo qualche mese e i medici mi hanno detto che dovevo vaccinarlo contro la varicella, cosa che allora non era obbligatoria (oggi sì). Questo per proteggere me: io avevo già fatto la varicella, ma quando fai un trapianto cambia tutto, compreso il gruppo sanguigno, e non sapevo se il donatore l’avesse fatta. Quando sei immunodepresso, anche un raffreddore può essere pericoloso. Per questo il vaccino è una protezione fondamentale”.
Quanti anni aveva quando ha scoperto di avere il mieloma?
“Ne avevo 38, cosa inusuale perché è una malattia che colpisce in prevalenza persone più anziane. Il fatto di essere giovane però mi ha permesso di ricevere trattamenti più forti, con un farmaco innovativo che era uscito da poco (e che mi ha salvato), nonché di essere eleggibile per il trapianto da donatore, che è più pericoloso ma che se funziona può risolvere definitivamente, nel senso che garantisce una lunga sopravvivenza. Nessuno può escludere recidive, quindi non si parla di guarigione. Però sono tornato a una vita normale, seppure con maggiori rischi e quindi maggiori cautele. Bisogna sempre stare attenti: per esempio, se mi viene un raffreddore vado subito a fare un tampone, per sicurezza”.
Lei invita anche a diffidare delle illazioni sulle aziende farmaceutiche, come mai?
“Perché non dovrei fidarmi di Big Pharma? Sono loro che hanno messo a punto il farmaco che mi ha salvato la vita! Certo che perseguono i loro interessi, ma senza le medicine vivremmo molto meno. E anche sul diritto a non vaccinarsi che viene citato in queste discussioni, ci sarebbe da discutere: vediamo fino a che punto, così facendo, non danneggi gli altri”.