Auguri, Benigni: compie 70 anni il giullare di corte, furbetto e opportunista
Sui media mondiali, non solo italiani, è partita la coreografia agiografica della santificazione in vita del saltellante menestrello toscano
Roberto Benigni festeggia il suo 70° compleanno, incensato dal politically correct
Diciamocelo chiaramente: ormai vige ovunque il temibile politically correct che è una versione edulcorata, grazie all’inglese, della nota strategia darwiniana di seguire la maggioranza che in genere para egregiamente gli sfinteri esposti, ma nel contempo, non produce nulla di buono per la società se non una sorta di melassa che avvolge e soffoca.
Bisogna comunque parlare bene di tutto e di tutti e così il lettore si trova avvolto in una nuvola soporifera che lo avviluppa, lo culla e lo coccola conducendolo verso un beato sonno. E poi ci si lamenta perché la gente non legge più i giornali se non per fare concorrenza al Tavor.
Sono lontani i tempi degli elzeviri di Indro Montanelli, di Sergio Saviane e di Fortebraccio. Meno male c’è ancora Aldo Grasso che dalla prima del Corriere della Sera infilza periodicamente tutti quelli che lo meritano.
Veniamo quindi a Roberto Benigni che oggi compie ben 70 anni e sui media mondiali, non solo italiani, è partita la coreografia agiografica della santificazione in vita del saltellante menestrello toscano.
Non neghiamo che agli inizi con Enzo Arbore a L’altra Domenica poteva - nel ruolo del critico cinematografico surreale - destare l’interesse del pubblico più intellettuale, quello che guardava Woody Allen per intenderci, ma negli anni la sua carriera si è sempre più distaccata dall’originalità iniziale per approdare nel “pubblichismo” più sfrenato e cioè nell’arte di giocherellare con il panciotto morbido di quell’orsacchiotto che è appunto il pubblico, soprattutto quello italiano, solleticandolo opportunatamente nei punti sensibili per provocarne il riso come risposta automatica ad uno stimolo primordiale.
Roberto Benigni compleanno, 70 anni per il vincitore del Premio Oscar con il film "La vita è bella"
Il colpaccio Benigni da Castiglion Fiorentino lo fece nel 1999 quando vinse ben tre Oscar per il suo film, La vita è bella. Da quel momento divenne un idolo intoccabile del mainstream mondiale. Nessuno da allora può parlare male di Benigni, è una delle regole non scritte delle persone perbene. Il fatto è che Benigni con La vita è bella fece una operazione a tavolino furbetta e cioè associò la trama ad un evento che nessuno al mondo può sognarsi di contestare - e cioè l’Olocausto - e poi ci mise l’innocente bambino.
I due temi insieme sono assolutamente inattaccabili anche se alla regia fosse chiamato un orco del Signore degli Anelli e come attore protagonista si prendesse Nosferatu. Così lo scaltro Benigni ha blindato il suo film che gli ha dato gloria e fama imperitura oltre che una bellissima villa in un quartiere stupendo di Roma e cioè l’Aventino, terra di registi e attori, dove abitava pure il grande Nino Manfredi (altro che Benigni).
Naturalmente lui è una icona della sinistra, un beniamino delle feste dell’Unità, un toscanaccio così rosso che il Chianti arrossisce ancor di più al suo impari confronto. E per questo c’ha il villone nel posto più bello di Roma, mica al Laurentino 38. Un vero esempio di radical – chicchismo militante che annichila anche mostri sacri di quest’arte di vivere, come Fabio Fazio e Luciana Littizzetto.
Ma torniamo al Nostro. Benigni nel 2016 è in pieno innamoramento. Una passione non per Nicoletta Braschi, sua moglie, ma per Matteo Renzi. Un amore nato nei teneri tramonti sull’Arno quando i due passeggiavano mano nella mano a Firenze e Matteo gli faceva gli occhioni dolci come sa fare lui quando è innamorato e Roberto gli rispondeva dandogli un bacino castissimo sulla guancia e un gocciolone gli scendeva rapido, mentre la Toscana tutta sembrava partecipare a quell’amore così puro e disinteressato. Ma che era successo?
Dopo decenni in cui il Nostro si era girato tutte le feste dell’Unità e i Talk Show per dire quanto fosse “bella” la Costituzione, improvvisamente colpito dalle frecce di Cupido, aveva cambiato idea appoggiando il referendum di Matteo Renzi che la voleva invece stravolgere. E così Roberto B. si faceva belle trasvolate a bordo di aerei blu di Stato per cenare con la moglie Nicoletta alla Casa Bianca con Barack Obama. Vuoi mettere? Dalle bettole fumose e bestemmianti di Castiglion Fiorentino a Washington di strada ne aveva fatta, il furbo guitto circense che praticava lo sport del sollevamento segretari e scivolamento sottogonnale di attrici famose.
Poi andò come doveva andare e cioè Renzi fu brutalizzato dal popolo italiano che gli bocciò il referendum e Roberto B. sparì repentinamente di scena per diverso tempo. Se qualche giornalista lo cercava nella villa principesca lui cambiava voce al citofono e diceva “Il padrone non c’è”. Restò fuori dai media il tempo giusto perché la vicenda fosse un po’ dimenticata – che in Italia funziona così - e poi riapparì come un fantasma shakespeariano. Dapprima ricominciò a rompere i maroni nelle ore notturne e primo mattutine con repliche delle temutissime letture della Divina Commedia e poi tornò “in presenza” - come si dice in questi tempi di Covid - a besciamellare il pancino degli italiani e di Renzi non restò più nessuna traccia.