Bonavota, il super boss si travestiva da prete e usava pizzini in chiesa

Il numero uno della 'ndrangheta, arrestato a Genova nel mese di aprile dopo 19 anni di latitanza, sembrerebbe avere contatti con la curia del capoluogo ligure

a cura di redazione cronache
Pasquale Bonavota
Cronache

Bonavota, il super boss che si travestiva da prete: il caso

Nonostante sia passato del tempo dall'arresto a Genova del super boss latitante della 'ndrangheta, Pasquale Bonavota continua a far parlare di sè. Come "uomo di Chiesa": ci sono ben due fotografie, infatti, in cui il boss è stato immortalato vestito da prete in compagnia di un sacerdote e una dedica a firma “Don Leonardo”. E ancora: un pizzino per cui viene utilizzato un foglio di preghiera con intestazione “Parrocchia di San Donato” in cui figurano una serie di compiti da fare e persone da incontrare.

Secondo quanto riporta Il Secolo XIX, dall’abitazione a Sampierdarena della moglie spunta materiale che gli stessi carabinieri definiscono molto interessante sul piano investigativo anche per ricostruire la rete che ha aiutato Bonavota in questi quattro anni di latitanza genovese. E naturalmente nel mirino dell’inchiesta non potevano non finire quelle fotografie che ritraggono il boss vestito da prete e in compagnia di un altro sacerdote; gli inquirenti stanno cercando di dare un volto ed un nome a questo religioso che ha posato con Bonavota e molto probabilmente gli ha fornito l’abito talare. L’ipotesi più probabile è che quelle foto siano state scattate a Genova e si sta cercando di localizzare proprio la zona della città.

Ma nella documentazione trovata dal boss - continua Il Secolo XIX, c’è un altro documento che per gli inquirenti riveste una certa importanza. Si tratta di un foglio di preghiera preso dalla parrocchia di San Donato nel centro storico e trasformato in una sorta di “pizzino” dove Bonavota aveva annotato nominativi e cose da fare. Per gli inquirenti è l’ennesima prova di come il boss delle cosche calabresi frequentasse assiduamente le chiese di Genova e fosse una persona molto devota.

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Il Secolo XIX ha contattato il parroco di San Donato, don Carlo Parodi, che però nega di conoscere Bonavota: "Non so chi sia e non so se frequentasse la nostra parrocchia - spiega - posso dire che i fogli che gli hanno trovato i carabinieri sono quelli che mettiamo solitamente in fondo alla chiesa a disposizione dei fedeli. È un’intenzione di preghiera in cui si possano aggiungere pensieri o considerazioni personali. Molto probabilmente deve essere entrato e se li è presi". Bonavota, che si trova nel carcere di Marassi, due giorni fa si è collegato in videoconferenza con l’aula bunker di Lamezia Terme dove è in corso il processo. Ha rilasciato dichiarazioni spontanee, ma che ribadiscono anche la sua innocenza. "Sono dovuto diventare latitante - spiega il boss - perché sono stato coinvolto in una vicenda che non mi appartiene. Sono stati anni difficili quelli che ho vissuto a Genova. Ci sono stati giorni in cui ho addirittura pensato al suicidio. Ma mi ha salvato la fede in Dio e in Gesù Cristo".

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