Caso Orlandi, altro che molestie: rispunta la pista del terrorismo politico

La telenovela di Emanuela Orlandi prosegue da 45 anni e non accenna a risolversi: ecco i nuovi dettagli

Di Giuseppe Vatinno
Emanuela Orlandi
Cronache

Caso Orlandi e il ruolo del numero due del Vaticano Casaroli. Analisi 

 

La telenovela di Emanuela Orlandi prosegue da 45 anni e non accenna a risolversi, competendo con Ustica e altri Grandi Misteri irrisolti della tormentata nostra nazione. La vicenda di Emanuela Orlandi è uno dei gialli più persistenti della storia italiana. Una vicenda oscura, tenebrosa, dai risvolti inquietanti che sembra più un film horror - poliziesco che una vicenda reale. Servizi segreti, banda della Magliana, Vaticano e una ragazza adolescente, il tutto sullo sfondo dell’attentato a Papa Wojtyla di Ali Ağca dei “lupi grigi” e la “pista Bulgara”. E poi la pista pedofila ed una cassetta audio che pare tratta da un film porno, con tanto di gemiti, ma che potrebbe essere reale.

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Una storia incredibile che ha visto la scomparsa di una ragazza di soli 15 anni, cittadina vaticana. Era il 22 giugno del 1983, in pieno solstizio d’estate, quando Emanuela svanì letteralmente nel nulla dopo una lezione di flauto, strumento che suonava presso la Chiesa di Sant’Apollinare a Roma, legata tristemente alle vicende della banda della Magliana.

Le piste da allora seguite sono state tante: da quella internazionale per ricattare Papa Woytila che appoggiava la Polonia di Solidarnosc di Lech Walesa, a quella finanziaria dello Ior di Paul Marcinkus, a quella della pedofilia di alti prelati.

Da allora il fratello Pietro Orlandi le ha provate tutte, ma senza successo, fin quando, come accaduto con la

Il Vaticano: "Da aprile all'Italia la documentazione Orlandi"
 

"Il 19 aprile scorso i magistrati vaticani hanno consegnato riservatamente all'Italia, coperta dal segreto istruttorio, la documentazione disponibile relativa al caso, inclusa quella raccolta nei mesi precedenti nel corso dell'attività istruttoria". Lo afferma il direttore della sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, sul caso Orlandi. "In merito alle notizie che coinvolgono un parente di Emanuela - continua -, si rileva che la corrispondenza in questione indica espressamente che non vi è stata alcuna violazione del sigillo sacramentale della Confessione"

vicenda di Ilaria Cucchi, le cose si sono smosse dal loro torpore e così la Procura di Roma e quella del Vaticano, guidata dal Procuratore di giustizia Alessandro Diddi, hanno riaperto le indagini.

In questa ottica qualche giorno fa la Santa Sede ha diffuso un documento in cui il Cardinale Agostino Casaroli, allora potente Segretario di Stato vaticano, chiedeva a un prelato sudamericano confessore spirituale della sorella maggiore Natalina Orlandi se fosse a conoscenza di lamentele da parte della ragazza stessa riguardo a supposte molestie sessuali.

La risposta del prelato sudamericano inviato da Papa Woytila in Colombia fu sconvolgente: la ragazza gli aveva rivelato in confessione che era stata molestata dallo zio Mario Meneguzzi. Anzi, era stata pure minacciata dallo zio di non dire niente perché altrimenti avrebbe perso il posto di lavoro che aveva ottenuto alla Camera grazie proprio allo zio che gestiva un bar dentro Montecitorio.

C’è da dire che la signora Natalina ha precisato ieri in conferenza stampa che lei aveva fatto un concorso pubblico per la Camera e quindi non poteva essere ricattata in tal senso.

La sorella –dopo la rivelazione- ha parlato di aver avuto solo avances verbali e piccoli regali dal parente acquisito. Lo zio smise di importunarla solo quando capì che Natalina non ci stava e “non avrebbe ottenuto niente”.

 

 

La sorella ha ieri dichiarato a proposito di questa vicenda: «Ne parlai con il mio fidanzato e non con mio padre. Tutto si risolse lì. Della mia vita messa in piazza non interessa nulla, ma la moglie novantenne di mio zio e i suoi figli non ne sapevano niente. Ne avevo parlato solo al confessore. Immagino che abbiano indagato, senza trovare niente. Siamo persone limpide, all’epoca si trattò di uno scivolone di un uomo 50enne e io all’epoca ne avevo 21. Non c’è nessuna rivelazione, il Vaticano sapeva di questa cosa da sempre”.

Tuttavia un poliziotto e un vigile videro una ragazza che assomigliava alla Orlandi parlare con un uomo e l’identikit realizzato assomigliava proprio allo zio.

Lo stesso zio, dopo la scomparsa della nipote, si trasferì a casa degli Orlandi. Meneguzzi aveva frequentazioni col Sisde e fece al padre il nome di un avvocato e gli disse che la parcella l’avrebbero pagata gli agenti segreti, un fatto assai inquietante. Una storia di barbe finte quindi che non mancano mai nei patri misteri.

Pietro Orlandi ha detto di aver sentito la notizia al Tg La7, l’altro ieri: “Quando ho ascoltato Enrico Mentana che quasi con gli occhi gioiosi ha raccontato quella cosa ho subito pensato 'che carogne". Il fratello Pietro ha anche detto che è in atto una manovra per fare uscire le responsabilità dal Vaticano e scaricarle sulla sua famiglia. Ce ne è abbastanza per fare rizzare le antenne, non solo ai giornalisti ma anche e soprattutto ai magistrati sia italiani che vaticani.

Ieri alla Conferenza Stampa, presso l’Associazione della stampa estera a Roma, Pietro Orlandi, presente la sorella Natalina, ha dichiarato: «è in atto un tentativo di scaricare ogni responsabilità sulla famiglia, mi chiedo quale sia la novità rispetto ad allora. Né il Vaticano né la procura (di Roma, ndr) ci hanno mai convocati. Il segreto doveva restare nel confessionale e invece è stato dato alla segreteria di Stato e dalla Santa Sede poi alla procura. Ma era tutto noto. E mio zio quel giorno era in vacanza con la famiglia fuori Roma, come già accertato».

Ma se era “tutto noto” perché la sorella dice che “la moglie novantenne di mio zio e i suoi figli non ne sapevano niente”? Il fratello crede che tutto questo sia un modo per bloccare la Commissione di inchiesta bicamerale già approvata alla Camera ma che ora lo deve essere al Senato.

Tuttavia non si capisce la reazione dei familiari. È ovvio che questa notizia danneggi a posteriori la reputazione dello zio, ma in realtà era un fatto appunto già noto e che anzi era stato stranamente abbandonato nella precedente inchiesta italiana, considerandolo non convincente dal punto di vista investigativo ed ora si sta valutando perché. E quindi poteva essere già conosciuto dall’intera famiglia.

Il fatto nuovo assai rilevante è invece la lettera di Casaroli. Ma quanto successo in questi giorni è importante e non solo un gossip come Pietro Orlandi cerca di far credere. Se si muove un personaggio molto importante, il numero due del Vaticano, come Casaroli allora Segretario di Stato, vuol dire che c’erano cose grosse che bollivano in pentola. Non si tratta perciò di un episodio relegato alla vita privata della famiglia ma proprio per i contatti dello zio con il Sisde assume particolare rilevanza, visto che sembra far convergere la vicenda verso la pista internazionale del terrorismo politico, quella di Woytila – Solidarnosc, cioè la “pista Bulgara” dove è implicato proprio il Sisde. Questo episodio deve essere invece considerato un altro tassello della verità processuale, pur nel rispetto per il dolore della famiglia e delle persone coinvolte dopo tanti anni.

 

 

 

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