Da Andreotti a Conte: quando il potere va sotto inchiesta

Dalle accuse di Pasolini alla classe politica degli anni '70 all'nchiesta di Bergamo sul Covid

L'opinione di Pietro Mancini
Cronache

Covid e giustizia, inchiesta a Bergamo: tornano nella mente degli italiani le immagini delle bare trasportate dai camion dell’esercito

Credo che la cronaca dell’inchiesta giudiziaria sui personaggi eccellenti, per i morti di Bergamo, nella drammatica primavera del 2020 - con le bare trasportate dai camion dell’esercito e le gravi omissioni nella gestione del contrasto alla pandemia - abbia richiamato alla memoria di molti “patrioti”, direbbe Meloni, il “processo”, che Pier Paolo Pasolini, sulle colonne del Corriere della Sera, nei primi anni 70, sollecitò per la classe dirigente dell’epoca.

Lo scrittore, inizialmente, si riferì proprio a “un processo penale, dentro un tribunale”, con “Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani (compreso qualche Presidente della Repubblica)”: costoro, aggiunse, dovrebbero comparire “sul banco degli imputati”.

Non solo, dunque, una metafora, quella di Pasolini, ucciso nel 1975, ma la convinzione che “soltanto un processo” avrebbe potuto dare alla denuncia sul malgoverno “i caratteri di una verità storica inconfutabile, tale da determinare, nel Paese, una nuova volontà politica”.

Dalle denunce, negli articoli di Pasolini, a “Todo modo”, un romanzo giallo vergato dal suo amico, il grande e rimpianto Leonardo Sciascia, per evidenziare la corruzione del potere, lo stretto legame, che intercorreva tra mafia e politica, in Italia, e la loro, determinante, influenza nelle scelte politico-economiche del Paese.

Dalle lucide analisi di Pasolini e Sciascia alle pagine dell’istruttoria, nel 2022, del Procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, che sembra volere dar ragione ai familiari delle vittime, convinti che i magistrati abbiano riscritto la storia del contrasto (inefficace) alla pandemia. I pm contestano a Conte, Speranza, Fontana, Gallera e ai tecnici del Cts e del Ministero della Salute i reati di epidemia e omicidio colposo.

Le indagini, a cui seguiranno i processi - si spera in tempi non biblici - hanno dato un importante contributo, che finirà sui libri di storia, alla narrazione e al tentativo di capire gli errori (o i reati?), l’impreparazione, evidente, dimostrata dalla classe dirigente, locale e nazionale. In quei primi, tragici mesi della diffusione del Covid, nella città e nella provincia di Bergamo, le più colpite dal virus, si contarono, tra febbraio e giugno del 2020, 114.800 contagiati e 16.994 morti.

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