"Dopo Bergoglio servirebbe un giurista": il bilancio di Don Filippo di Giacomo
Il prelato giornalista, collaboratore di Papa Benedetto XVI, critica aspramente Bergoglio ricordando tutte le falle del suo pontificato
"Dopo Bergoglio ci vorrebbe un giurista". Tutte le falle di Papa Francesco secondo Don Filippo di Giacomo
Si avvicina il fine anno e come ogni fine anno si fa il punto su quello che è accaduto e quello che potrebbe accadere. Don Filippo di Giacomo, prete giornalista dal 1998 ed opinionista televisivo, nonché ex docente di diritto canonico ed utroque iure, ha scritto ieri un articolo per il Venerdì di Repubblica. Un articolo che ha girato e sta girando vorticosamente in chat vaticane e che ha fatto scalpore. Collaboratore di Papa Benedetto XVI alla Congregazione per la dottrina della fede, Don Filippo è un uomo che conosce bene le Segrete Stanze, a volte Sante a volte un po’ meno, anzi umane, spesso troppo. Coscienza critica della Chiesa cattolica non è uno che le manda a dire. Ad esempio sul processo al cardinale Giovanni Angelo Becciu ha dichiarato che si tratta di un “processo anomalo, una sceneggiata”:
LEGGI ANCHE: Padre Georg torna a San Pietro. "Il potere di Ratzinger nella Chiesa"
“In questo momento, il processo è nella fase in cui si ascoltano le parti civili. Poi ci saranno le varie arringhe delle difese e quindi si spera che avremo un giudizio finale entro Natale, come ha auspicato anche il presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone. Forse, solo allora comprenderemo quale codice procedurale è stato applicato, visto che tra leggi vaticane ad personam, leggi italiane mai recepite nell’ordinamento vaticano e improvvisazioni estemporanee, più che un processo, che qualcuno si ostina a definire ‘del secolo’, sembra una sceneggiata, con interpreti mediocri, dell’Ottocento”.
Ma veniamo all’articolo di ieri. “L’anno del Signore 2024 farà varcare a Papa Francesco la soglia del dodicesimo anno di un pontificato ritenuto "glorioso" per alcuni e "doloroso" per altri. II suo stato di salute, aggiunto alle esternazioni che Bergoglio lancia (ingenuamente?) con una straripante e autogestita presenza mediatica, tiene aperto da almeno tre anni il dibattito sulla sua successione”. L’incipit critico del prelato non lascia troppo spazio all’interpretazione del resto. Infatti continua: “’Dibattito, e non corsa’, ha notato qualcuno, perché l'impressione è che tra i cardinali pochi coltivino il sogno di diventare Papa dopo questo pontificato. […] un "sistema" che doveva essere riformato […] è stato solo vilipeso”.
Ed in effetti il prelato giornalista non ha tutti i torti su quello che proprio i conservatori hanno definito “protagonismo mediatico” di Papa Francesco, un Papa particolare, ricordiamolo, un Papa argentino e fondamentalmente peronista e questo ha tratto in inganno non solo l’opinione pubblica ma anche i partiti politici. La sinistra inizialmente gioiva di questo Papa rivoluzionario ma poi si è dovuta ricredere davanti alle sue oscillazioni dottrinali, ai suoi continui “stop and go” che hanno più che altro confuso il gregge di Pietro piuttosto che condurlo. E anche la destra ha avuto inizialmente un rapporto freddo con Bergoglio per poi ricredersi successivamente. Perché Bergoglio non è solo un Papa peronista argentino ma è anche un gesuita e soprattutto il primo gesuita, Papa Nero, a diventare Papa. Dunque una doppia anomalia che non avrebbe potuto non segnare il suo pontificato ed in effetti lo ha fatto.
Di Giacomo continua nel suo articolo e passa ad analizzare il pragma di Francesco e cioè la sua peculiare modalità d’azione: “Nel 2021, dopo nove anni di discussioni, la Costituzione Apostolica che doveva riformare la curia, la Praedicate Evangelium, redatta da incompetenti […], è stata pubblicata e subito superata da una serie di provvedimenti urgenti (motu proprio e lettere apostoliche) che hanno tentato di porre riparo ai nonsensi giuridici ridefinendo ruoli e leggi”. Modalità d’azione che si concretizza nel ricorso a continui “motu proprio” e “lettere apostoliche” che sono un po’ l’equivalente dei decreti legge e che hanno come effetto l’aggirare la consuetudine e la prassi consolidata della giurisprudenza d’Oltre Tevere.
Riferendosi alla Costituzione Apostolica l’articolo è impietoso verso Papa Francesco e ne mette in luce tutte le magagne: “Anche i più benevoli ritengono che […] la costituzione vada riscritta ex novo. Ciò che mette in affanno i possibili candidati alla successione è palese: Francesco ha imposto la supremazia dello Stato della Città del Vaticano sulla Santa Sede, emarginato la Segreteria di Stato, reso inerme la diplomazia papale, eliminato i corpi intermedi, imposto la supremazia dei giudici su qualunque organo di governo ecclesiale ‘dimenticando’ diverse pagine del Concilio, comprese quelle sul ministero e il collegio episcopale. Dopo Bergoglio, ‘ci vorrebbe un giurista’, preconizza qualche porporato elettore. Più che un pio desiderio, una minaccia”. Don Filippo quindi coglie bene il punto finale quando dice che “Dopo Bergoglio ci vorrebbe un giurista”, non tanto come figura in sé autorevole ma quanto per rimettere ordine nello stravolgimento che il Papa argentino ha portato nel diritto canonico.
Bergoglio ne esce come una sorta di Cesare che mette a tacere il Senato repubblicano, cioè la Curia romana, per restare solo al comando della navicella di Pietro. Visto che proprio in questo periodo, l’anno scorso, c’è stata la scomparsa di Papa Benedetto XVI, il Papa conservatore per eccellenza, è difficile non vedere la connessione con questo articolo molto critico.