Strage di Erba: “La macchia di sangue nell'auto dei Romano? Non è una prova”

Strage di Erba, terza puntata/ La posizione del professor Marzio Capra, consulente della difesa che ha analizzato la macchia di sangue sull'auto dei Romano

di Eleonora Perego
nel cerchio a sinistra Rosa Bazzi e Olindo Romano nel cerchio a destra Marzio Capra
Cronache

Strage di Erba, terza puntata/ Il consulente della difesa ad Affari: "Repertamento errato e tecniche obsolete. La macchia di sangue? Prova inesistente"

“La macchia misteriosa”. No, non è il titolo di un romanzo fantascientifico, ma uno dei nodi centrali su cui si basa l’istanza di revisione del processo per la strage di Erba, scritta da Cuno Tarfusser, in anteprima mostrata su Affaritaliani.it nelle scorse puntate e dalla quale emergono contraddizioni, punti oscuri e dubbi.

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Un'istanza scritta in collaborazione – se così si può dire – con ben 15 consulenti tecnici. Tra di loro il professor Marzio Massimiliano Capra, biologo e genetista forense, già Ufficiale dei Carabinieri e Vicecomandante del RIS di Parma, che si è occupato in particolare della seconda fantomatica prova a carico di Olindo e Rosa: la traccia di sangue rinvenuta sull'automobile dei Romano.

Perché è importante la consulenza di Capra? Perché – scrive il sostituto Procuratore Generale della Corte d’Appello di Milano – “La sua semplice lettura… è, in uno, illuminante e raggelante. Illuminante laddove evidenzia, soprattutto attraverso le conoscenze tecnico-scientifiche sviluppatesi negli ultimi 15 anni le gravissime criticità di cui è affetto l’intero procedimento di acquisizione della macchia di sangue, raggelante per le conclusioni cui, in coerenza alle premesse, perviene, ovvero che il sangue analizzato dal dott. Previderè, appartenuto in vita a Valeria Cherubini, per qualità, quantità e concentrazione, per le superficialmente descritte e non documentate… con ogni probabilità non provenga dal battitacco del lato guidatore dell’autovettura di Olindo Romano”.

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Affari ha dunque interpellato il professor Capra, per approfondire meglio la vicenda dell’evidenza della macchia, che tanto evidente - nei fatti - non è.

Professor Capra, ma questa macchia di sangue esiste o non esiste?

La risposta non è così semplice. Tutti gli esperti concordano, in realtà, sul fatto che sul longherone della Seat Arosa dei Romano non si palesasse alcuna evidenza circa la presenza di tracce di natura organica. Questo è un dato di certezza.
L'opinione dell'ex generale Luciano Garofano, come quella di altri “colpevolisti”, si riferisce ad un altro aspetto: che da questa presunta traccia di natura ematica sia stata rilevata con certezza un profilo genetico.
Ma si tratta di due aspetti differenti. Un conto è dire che la traccia si vede, si può individuare, un conto invece è che questa traccia possa dare o meno un profilo genetico completo.

D’accordo, quindi si può dire che la traccia di sangue appartenente a Valeria Cherubini NON si vedeva sull’auto…

Il termine giusto su cui tutti quanti si trovano d'accordo è che la traccia non era evidente sopra il battitacco dell'auto, ma è stata repertata solo con l'utilizzo di particolari metodiche che sono in grado di esaltare la presenza di una macchia che a occhio nudo non sarebbe facilmente rilevabile.


Ma se la macchia, alla fine, c’era ed è stata repertata, quali sono le criticità che sostenete?

Il discorso è che nel corso di un repertamento, è buona pratica, e indicato nei manuali, che si deve almeno tentare di effettuare una documentazione di quello che si sta facendo. Se no chi non è presente all'esecuzione deve prestare un atto di fede circa la presenza o meno di una traccia.
La documentazione è poi fondamentale anche per poi stabilire in futuro se una traccia non si è resa più evidente a occhio nudo perché è stata ripulita o è semplicemente andata incontro a un fenomeno di degradazione. Nel caso della strage di Erba manca del tutto la documentazione fotografica della macchia di sangue che, anzi, “attesta in maniera oggettiva la non sussistenza di alcun elemento, anche solo di contorno o rappresentativo a livello di mero sospetto, a supporto dell’ipotetica presenza di qualsivoglia evidenza organica sul longarone metallico anteriore sinistro (c.d. lato guidatore) dell’autovettura". Inoltre non vi è alcuna progressione logica e cronologica nella sequenza della documentazione fotografica delle tracce apparentemente rilevate.

Dallo stato della traccia che Lei ha potuto analizzare, emerge che qualcuno ha provato a cancellarla?

Mi sarebbe piaciuto fare deduzioni in merito, ma come ho detto manca totalmente la documentazione di questa traccia. Le regole che dovrebbero guidare un po’ tutto sono, però, il buon senso e le conoscenze tecniche. Queste testimoniano in maniera inequivocabile che una superficie metallica non è assorbente, quindi nulla può essere trattenuto all’interno.

Se si pulisce seriamente una superficie metallica, pertanto, non si può pensare di ritrovarci ancora qualcosa di “significativo”. Questo mi porta a rafforzare il mio contributo nel senso innocentista, perché – dall’analisi del dottor Previderè – è emerso che la traccia fosse di una certa consistenza, benchè non evidente.

Ma come ci è finita, allora, una macchia di sangue appartenente a Valeria Cherubini sull’auto dei Romano?

Anche qui, si possono fare dei ragionamenti che sono di buon senso, nei fatti, e chiunque ragionando non può che convenire. Per esempio, è stato ipotizzato che la traccia sia stata depositata dalla scarpa dell’assassino (Olindo Romano, ndr) che si è appoggiata in questa posizione. E, in questa ipotesi, vuol dire che la persona che è entrata nell’auto doveva avere ancora le scarpe sporche. Ma, allora, per quale motivo prima la stessa persona (Olindo) è riuscito a rientrare prima in casa propria senza lasciare tracce, mentre poi le ha lasciate in macchina dopo un lasso di tempo?

Torniamo al repertamento “carente” della traccia. In che cosa consistono le carenze?

Ci sono delle osservazioni da poter fare, di semplice buon senso, e che riguardano anche i metodi utilizzati per rilevare la traccia, veramente obsoleti, vecchi di 20 anni. Ma non mi voglio soffermare sulla bontà dei risultati. Quello che io ho fatto è prendere le evidenze che mi sono state trasmesse, e metterle in paragone con le informazioni del caso. In merito non ho trovato piccole discrepanze, ma anomalie incredibili e cose assolutamente inconciliabili l’una con le altre.

Mi faccia un altro esempio.

Beh, consideri che la traccia – che pur viene descritta come “corposa” - non è stata individuata nell’immediatezza, ma solo 15 giorni dopo la prima ispezione della vettura. E che l’auto, per tutto quel tempo, è rimasta nella disponibilità dei coniugi Romano, che l’hanno potuta utilizzare e inquinare in ogni modo. E che la macchia di sangue non solo non è stata rilevata a occhio nudo, ma neppure – come riporta il verbale – con la tecnologia del “mini – crimescope”, che è molto all’avanguardia. Solo con il “luminol” (tecnica altamente criticabile, ndr) si è rinvenuta.

Qual è la conclusione cui è arrivato da tutto quanto analizzato?

Che le caratteristiche della traccia ematica, così come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo e repertazioni eseguite così come descritto. Detto in termini più chiari e crudi, quanto analizzato dal dott. Previderè non è quanto apparentemente prelevato dal Fadda, e quindi che non è in alcun modo stata rispettata la chain of custody.

In questa terza parte vi abbiamo dato conto delle criticità che riguardano la prova della "macchia di sangue", e che hanno convinto non solo Cuno Tarfusser, ma anche Marzio Capra e altri 14 esperti dell'innocenza di Olindo e Rosa. Nella prossima puntata analizzeremo nel dettaglio la terza "prova" che ha portato alla condanna dei due coniugi, il riconoscimento da parte di Mario Frigerio.

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