Eurofestival, sessualità Lgbtq e spettacolarità: perchè Nemo ha fatto centro
Il cantautore svizzero, vincitore dell'Eurofestival, ha ottenuto quello che voleva: il Gran Casino. E il merito non va di certo alla sua musica... Commento
Eurofestival, il cantautore svizzero Nemo ha fatto centro. Ecco perchè
Nemo, il cantautore svizzero che ha vinto l'Eurofestival, ha fatto centro. Ha ottenuto quello che voleva: il Gran Casino. Oltre a parlare della sua vittoria, tutti a scrivere di lui, più o meno disgustati. Anche Marcello Veneziani, colto e raffinato, abituato a trattare questioni filosofiche, storiche, politiche, sociali, sempre ad alto livello culturale, non ha resistito e ha detto la sua su Nemo, profeta non solo in patria, contrariamente al detto cristiano, ma Profeta della nuova Europa del Nulla. Se per la vittoria avesse contato solo il televoto, il funambolo svizzero sarebbe arrivato quinto. La classifica finale, che l'ha premiato stravolgendo quella popolare del televoto, è dovuta agli entusiastici apprezzamenti della giuria di esperti. A questi esperti sarebbero quindi rivolti gli epiteti peggiori, gli insulti estremi forse mai rivolti a un cantante per una sua canzonetta: vomitevole, inascoltabile, disgustosa, da Sodoma e Gomorra, ecc... . Il povero e coraggioso Andrea Minghi avrà potuto toccare con mano l'ennesima dimostrazione di democratica, progressista tolleranza, di chi reclama la libertà d'espressione artistica, ma non ammette la libertà di critica. In questo caso, critiche a un funambolo in gonnellino, con notevoli doti acrobatiche, mostrate durante l'interpretazione di una canzonetta...
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E Minghi s'è beccato dell'omofobo, del reazionario, dell'ignorante e, tanto per essere originali, anche del fascista. Una prima considerazione, sulla canzone di Nemo e sul clamore suscitato dalla sua vittoria. Il sedicenne Paul Anka, grazie alla canzone Diana e, soprattutto, all'arrangiamento azzeccatissimo del grande Don Costa, ebbe un successo planetario. Dopo 70 anni le generazioni che l'amarono, la ricordano e continuano a richiederla all'autore, per la gioia di ricantarla insieme a lui. La canzonetta di Nemo (di "originale", solo i due accenni corali alla grande musica del passato!) eliminati gli acrobatismi della corsa sul bordo di una pedana rotante tipo parabola satellitare) sarà ricordata, e solo per alcuni anni, per le polemiche suscitate anche a sproposito e pochissimi, se non Nemo (nessuno) chiederà la riesecuzione.
Una seconda considerazione, molto più importante della precedente: il dramma degli attuali "aspiranti cantautori di successo". Tutti, dai coltissimi usciti con titoli accademici dai conservatori musicali, agli aspiranti musicisti senza titoli e che non sanno leggere e scrivere uno spartito, devono confrontare le loro creazioni, con il meglio che ci arriva dal passato. Allora, in assenza di genialità creativa (vedi, per la musica leggera, il sempre più citato Battisti) il percorso è prevedibile e confermato dall'evoluzione, lenta all'inizio, ora sempre più rapida: il ricorso alla stravaganza, al proibito, al nudo, al provocatorio, a quello ritenuto scandaloso. A quello che fa più chiasso, o casino. Tutto polarizzato, finalizzato al chiasso suscitato e al guadagno: "Quanto mi dai se mi sparo?", scrisse Sergio Endrigo, sottintendendo "sul palco".
Molto significative le sue parole, di uno che vorrebbe adeguarsi ai modi sensazionalistici dei tempi: "Quanto mi dai se mi sparo?" È una scelta estrema che permette di leggere beffardamente la società in cui l'annuncio di un possibile suicidio sul palco, di un famoso cantautore, non viene visto come una tragedia, ma come spettacolo estremo e business. Ricordo le crisi al saggio finale dei laureandi del Conservatorio Morlacchi di Perugia: quasi la totalità di loro mostrava insoddisfazione per la propria "tesi" (un saggio musicale). Una laureanda statunitense, autentica apripista dei tempi attuali, salì sul palco con una viola e un gonnellino tipo quello di Nemo. Gambe bianchissime, mutandine nere, sempre a dar spettacolo. Con la viola accennò diversi motivi celebri, scuotendo la testa in segno di crescente disappunto, fino a un marcato sconforto, seguito da rabbia e un'isterica presa a calci dello strumento...infine sollevato e sbattuto violentemente a terra, fino alla rottura. Applausi a non finire, per un saggio musicale senza musica.
Il "botto" ottenuto da Nemo, non è dovuto alla musica, ma a diverse cause. La prima è certamente l'estremizzazione della tematica sessuale: La sua presunta sessualità non binaria, "riassunta" dall'acronimo LGTBQQIAA che include Lesbiche, Gay, Transgender, Bisessuali, Qeer (strani), Questioning (indecisi), Intersessuali, Asessuali e Ally (simpatizzanti). Per semplificare le cose, molte persone, invece di quella sigla usano “queer” come termine più inclusivo. Il Generale Vannacci, che non riconosce tali differenziazioni ritenendole fittizie e di origine psicologica, dovute alla ricerca di originalità per distinguersi dalla piatta normalità, sancisce: mostratemi il genoma di tali variazioni sessuali, che sia diverso dai due esistenti per il maschio e la femmina (XY e XX) e cambio idea. La vittoria di Nemo, quindi, non attribuibile al testo e neanche alla musica, è meritatissima... per la spettacolarità funambolica della sua esibizione. Questa conclusione porterebbe, per il bene del Festival e della canzone italiana, a dare diversi premi, come si fa per l'Oscar e anche in altri festival: premio al miglior testo, premio alla migliore musica, al migliore arrangiamento, alla migliore interpretazione, ecc.... Nemo avrebbe trionfato come funambolo e acrobata solo nel Premio Spettacolarità e nessuno avrebbe potuto dichiararsi disgustato. Nessuno avrebbe potuto contestare la sua meritatissima vittoria.