Farinetti, Fico è un flop: mln bruciati, investitori nei guai e speculazione

FICO, Farinetti, quando il marketing non tira più e arrivano i conti da pagare. Al posto dell’Ad Stefano Cigarini si vocifera l’arrivo di Piero Bagnasco

di Antonio Amorosi
Cronache

Più FICO di Farinetti. La Disneyland mondiale del cibo a un passo dall’inceneritore che si è rivelato un flop e sta inguaiando chi ci ha investito

Un mondo “in armonia” quello di FICO Eatalyworld, a detta del patron Oscar Farinetti. La creatura dell’Oscar nazionale, delle Coop, degli enti locali e di tutta la corte dei miracoli di sinistra che gli ha steso tappeti rossi e spalancato porte, con 3 milioni di euro di perdite che si aggiungono a quelle degli anni precedenti, viaggia verso un “futuro radioso”. Non sono servite le migliaia di ore in tv dell’Oscar nazionale per rilanciare FICO.

Il parco, che non ha funzionato è stato implementato di nuove iniziative ma anche dell’ingresso a pagamento.

I risultati non si sono fatti attendere. Al posto dell’Ad Stefano Cigarini si vocifera dell’arrivo di Piero Bagnasco, attuale Ad della casa vinicola Fontanafredda, vicino a Farinetti che resta vincolato al progetto.

Un progetto e tanti protagonisti differenti, scriveva qualcuno all’apertura trionfale del centro nel 2017, che non si erano fermati davanti all’idea singolare di costruire la Disneyland mondiale del cibo di qualità e bio di fianco ad uno degli inceneritori più grandi dell’Emilia Romagna: l’inceneritore del frullo. Un “non-problema” per Farinetti. Secondo gli oncologi di Medicina Democratica, all’epoca produceva cadmio in quantità “da 3 a 10 volte superiori” alla norma rispetto agli altri inceneritori e brucia materiale “sanitario contagioso”. Dato che si sono dimenticati tutti di menzionare nelle tv e sui giornali, quando FICO e Farinetti sventolavano i milioni di turisti che sarebbero arrivati.

Fra gli investitori istituzionali le Casse previdenziali: quella dei medici, l’Enpam, e le casse dei veterinari, agronomi, avvocati, ingegneri e architetti, periti industriali, periti agrari e agrotecnici. Tutti entusiasti del progetto. Dopo aver ricapitalizzato con 5 milioni di euro e aver messo fuori la voce di un possibile cambio di vertice, smentita in queste ore da Farinetti, è chi partecipa alle Casse previdenziali che sta entrando in fibrillazione.

Ma non vedere la pensione a fine carriera potrebbe essere “un non-problema”? Mal comune mezzo gaudio.

Nel 2018, dopo le inchieste che abbiamo scritto negli anni precedenti, avvertendo l’Oscar nazionale dell’ubicazione di FICO , raccontammo dove comunque sembrava portare il progetto.

Caab, il centro agroalimentare sede di FICO, per realizzare l’opera ha costituito il Fondo immobiliare Pai (Parchi Agroalimentari Italiani), la cui gestione è stata affidata, tramite un bando pubblico, a Prelios Sgr.

Prelios è la società di risparmio immobiliare che gestisce quindi Pai, dove cioè sono gli immobili di Caab (del Comune di Bologna) e i milioni dei privati.

Prelios sgr che gestisce il fondo Pai è stata scalata dal fondo statunitense Lavaredo spa. Lavaredo ne detiene il 96,7% del capitale sociale. Lavaredo è anche la newco designata da un'altra società, Burlington, che è a sua volta un veicolo d’investimento di diritto irlandese gestito dalla società statunitense Davidson Kempner Capital Management (DKCM), un hedge fund (sono fondi soggetti ad una normativa molto elastica e caratterizzati da una gestione piuttosto rischiosa di capitali privati; DKCM è il 9° a livello mondiale), cioè un fondo speculativo che fa anche interventi immobiliari.

Prelios sembra essere in vendita ma la prospettiva futura di FICO non sembra cambiare rotta. Come ci disse nel 2018 il coraggioso medico ortopedico Mirka Cocconcelli: “Quindi se FICO non andasse economicamente così bene (la consigliera era preoccupata perché l'Enpam, l'ente previdenziale dei medici, il suo fondo pensione, ha investito dentro Pai 14 milioni di euro, ndr)... la cosa più semplice sarebbe fondere Pai con FICO, cosi gli attuali investitori in Pai si troverebbero soci di FICO, portando la 'grana', senza contare nulla ed, anzi, a comandare sarebbe solo il mondo delle Coop e Prelios/Lavaredo (Davidson Kempner Capital Management, ndr)”.

Cioè se FICO va male tutti vorranno comunque recuperare il denaro investito, da Unindustria a Legacoop, dalla Poligrafici de Il Resto del Carlino ai fondi pensioni, banche e fondazioni. E cosa ci sarebbe di meglio di una bella riconversione immobiliare dell'area? Costruendo una vera e propria città nuova nella zona? La domanda resta: in quanti saranno disposti a comprare alloggi di lusso di fianco all’inceneritore più grande della regione? Ma è un “non problema”, tanto la pensione è di qualcun altro… Ci dobbiamo preparare al secondo flop?

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