Femmincidi, non si uccide per soldi. E i figli? Ennesima coltellata alle mogli
I recenti omicidi fanno emergere due domande: siamo diventati più violenti? Certe tragedie potevano essere evitate? Ne parliamo con lo psicologo Valentino Ferro
Dalla strage di Samarate all’omicidio di Genova: una panoramica dei recenti casi di nera
La cronaca nera pullula di nuovi casi: siamo diventati una società più violenta? Emblematico il caso di Alberto Scagni, il fratello che ha ucciso la sorella a Genova. La vicenda viene presentata dai media come una vera e propria tragedia annunciata date le molteplici denunce lanciate dai familiari della vittima e del carnefice. Per quali ragioni il grido d’aiuto della famiglia Scagni è stato sottovalutato? Affaritaliani.it riflette sui recenti fatti di cronaca nera con Valentino Ferro, psicologo e psicoterapeuta, nonché professore di psicologia dinamica alla Sigmund Freud di Milano e Tesoriere dell’ordine degli psicologi della Lombardia.
Dott. Ferro, secondo lei, la società contemporanea è diventata più violenta?
Partiamo da un presupposto fondamentale: nel corso della storia la nostra società è stata molto più violenta di così. Ora però si evidenzia un ritorno di aggressività correlato allo scenario post-pandemico in cui siamo calati. Si tratta di un andamento che si rispecchia in molteplici fatti di cronaca, basti pensare al fenomeno delle baby gang. Attenzione a non cadere nella banalità, il lockdown è un plus: è l’assenza dei legami sociali a generare la frustrazione nel singolo. L’altro ci serve per trasformare la nostra rabbia. Ci sono dei fenomeni culturali che hanno minato i rapporti sociali, generando in alcuni di noi pensieri deliranti che, concretizzandosi, si sono trasformati nei fatti di cronaca discussi dai media.
Per l’avvento di fenomeni come le baby gang possiamo dunque appellarci al lockdown, ma nei casi dei femminicidi? Accadevano ben prima della pandemia…
Ricordiamoci che viviamo in una società in cui fino agli anni Ottanta era in vigore il diritto d’onore, i retaggi patriarcali sono tutt’ora radicati nella contemporaneità. L’avvento di una rinnovata forma di parità tra uomo e donna genera un conflitto nella mente di alcuni maschi.
Facciamo un affondo sul delitto di Samarate: in questo caso però Alessandro Maja non ha ucciso solo la moglie…
Si tratta di una tendenza che si sta consolidando quando si parla di femminicidi, viviamo un rovesciamento della medaglia: l’uomo si trasforma in un contemporaneo Medea al maschile. L’assassino deumanizza i figli, li trasforma in oggetti da utilizzare per ferire nuovamente la moglie. È una coltellata in più inflitta alla propria partner. Proprio per questo il movente economico tanto citato è solo apparente, correggiamoci e iniziamo a parlare di economia degli affetti. Non si ammazza per i soldi.
Spostiamoci a Genova e parliamo dell’omicidio Scagni. In questo caso la famiglia ha denunciato molte volte il figlio Alberto e le turbe dell’uomo. Denunce rimaste inascoltate. Non è la prima volta che si prendono sottogamba questi allarmi, da cosa dipende questa sottovalutazione?
Il primo grande problema riguarda i tagli alla Sanità, che hanno intaccato i servizi di salute mentale sul territorio. Sono proprio i servizi territoriali che si occupano di prevenire e intervenire su casi del genere, ma i tagli hanno indebolito il settore. La Regione Lombardia ha compiuto un passo in avanti: lo psicologo di base cambia le carte in tavola, perché parliamo di una figura capace di intercettare alcune forme di disagio e intervenire prontamente. Inoltre, alla base vi è un problema culturale: la nostra comunità è tuttora vittima di un forte retaggio patriarcale, per questo si commette l’errore di sottovalutare questi allarmi. Questo non riguarda solo la cronaca nera. Pensiamo alla vicenda dell’adunata degli alpini di Rimini: in quanti hanno messo in dubbio le denunce delle donne?
Quale potrebbe essere il ruolo dello psicologo, per ovviare a questa impasse?
Lo psicologo può essere un elemento chiave, per questo alcune forze dell’ordine ci contattano. Sarebbe utile coinvolgerci nelle fasi di accoglimento delle denunce. Ricordiamoci un aspetto fondamentale: una persona che lancia un allarme ha raggiunto il limite e per questo la sua richiesta d’aiuto va sempre accolta.