G8 Genova 2001, 20 anni dopo: "Condanne solo per chi ha spaccato vetrine" FOTO

Genoa Social Forum, "Non servono norme in più. Chi sbaglia deve pagare anche tra le forze dell'ordine"

di Elisa Scrofani
Cronache
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G8 Genova vent'anni dopo, l'avvocato del Genoa Social Forum: "Se dovessi riassumere il risultato processuale direi che è stato punito di più chi è stato accusato di aver spaccato delle vetrine di chi lo è stato di aver spaccato delle teste"

Con Mirko Mazzali, presente come avvocato del Genoa Social Forum al G8 di Genova del 2001, Affaritaliani.it torna sui fatti drammatici del luglio 2001. Vent'anni dopo quelle tragiche giornate, ripercorriamo la lunga e problematica vicenda giudiziaria, evidenziando quello che non ha funzionato e che cosa da allora è mutato. 

Dopo quei fatti c'è stato anche chi ha fatto carriera, come l'ex capo della polizia durante il G8, Gianni De Gennaro. Che cosa ne pensa?

I processi per il G8 di Genova sono stati tantissimi. C'è il processo a carico dei 25 manifestanti che si è concluso con 15 condanne circa e pene alte che hanno toccato anche i 10-12 anni per i reati di devastazione e saccheggio, lesione, resistenza a pubblico ufficiale (per i quali sono previsti da un minimo di 8 a un massimo di 20 anni). Poi ci sono il filone del processo per l'irruzione alla Diaz e quello per gli episodi di Bolzaneto.

Alla Diaz il percorso è stato molto movimentato. Allora non c'era la contestazione del reato di tortura, quindi i reati erano lesioni e abuso d'ufficio. Alla fine dopo varie assoluzioni in primo grado, e condanne in appello, sono stati condannati fino a un massimo di 4 anni coloro che sono stati identificati, perché non tutti sono stati riconosciuti, come alcuni degli autori di quello che è stato definito una "macelleria messicana". Alcuni sono stati condannati per depistaggio e calunnia. Tutti gli imputati comunque erano appartententi essenzialmente alla polizia. 

Il filone dei fatti di Bolzaneto vede imputati membri della polizia penitenziaria, carabinieri e alcuni degli infermieri interni alla caserma. Anche qui le condanne confermate dalla Cassazione hanno sfiorato un massimo di 4 anni. E i reati erano sempre quelli di lesioni e abuso d'ufficio. Poi in entrambi i casi c'è stata la condanna al risarcimento dei danni. 

Qual è il suo ricordo delle giornate di Genova?

Innanzitutto era sbagliato il luogo. Così come si sbagliò a creare la zona rossa, che era un luogo dove non poteva accedere nessuno. Era diventato un po' il fortino da assaltare. Poi nei giorni precedenti vennero messe in giro notizie allarmanti, che i manifestanti avrebbero lanciato dall'alto palloncini carichi di sangue infetto di Aids o che stava arrivando dall'estero un pericolo di terrorismo.

I piani di sicurezza non erano adeguati, è stato notato in seguito. Non erano predisposti a una eventualità simile. Lo conferma?

Mancò completamente l'attività di prevenzione. Io che ero lì come avvocato ne fui testimone. Vidi arrivare, prima che i cortei iniziassero, un corteo dei cosiddetti black bloc, che in realtà erano manifestanti vestiti di nero. Fuori da ogni manifestazione ufficiale giravano con i bastoni, tutti bardati, senza che nessuno si interfacciasse, cercasse di capire dove stavano andando. E' stata una delle più grandi sconfitte dal punto di vista della gestione dell'ordine pubblico degli ultimi anni avvenute in Europa, come peraltro evidenziano i filmati.

Si è parlato di "ruolo nefasto della stampa": lei che cosa ne pensa?

Il G8 di Genova fu una delle prime manifestazioni dove ci furono molte riprese, da tutti i punti di vista. C'erano fotografie, filmati televisivi. Alcuni, direi molti, giornalisti vennero anche picchiati nella foga. Il materiale video-fotografico fu inoltre estremamente utile ai processi per le ricostruzioni. Ad esempio sui fatti alla scuola Diaz permise di scoprire che le molotov erano state portate da fuori e che non erano già all'interno della scuola. Di sicuro si era diffuso un clima di tensione che favorì quanto accadde, non so se creato ad arte. Ci fu chi patteggiò sì. Sui fatti alla Diaz ci furono organi di stampa che parlarono di terroristi, quando in realtà si trattava di persone che non avevano fatto nulla. E ci fu la stampa di controinformazione, quella democratica e la comunicazione del movimento, che fu molto utile.

Sul piano politico, che cosa rimane degli ideali della protesta del 2001? Che cosa invece è cambiato nel tempo?

Le parole d'ordine di allora erano giuste. La lotta alla globalizzazione, il porre al centro dell'attenzione la questio della povertà, quella alimentare, quella ambientalista. Quel movimento dell'epoca, che era molto composito e ampio, comprendeva l'ala cattolica e quella dei centri sociali, è stato distrutto. Anche da quanto accaduto. Molte persone, terrorizzare da quei fatti, non scesero più in piazza a manifestare. Son passati vent'anni, tutto quello che c'era allora evidentemente adesso non c'è più.

Qualcosa è cambiato in meglio? Pensando ai fatti più recenti, dal caso Cucchi alle violenze nel Carcere di Santa Maria Capua Vetere, che cosa è andato storto?

E' andato storto che coloro che vennero accusati e condannati per quei reati, o i loro superiori, fecero carriera. Premiare chi si era reso autore o co-autore non fu un bel gesto. Gli episodi che avvennero a Bolzaneto, che all'epoca era una caserma-carcere, li abbiamo visti amplificati, ma non tanto. Perché anche lì ci furono episodi molto gravi, come quelli di Santa Maria Capua Vetere. Io non credo che l'esperienza di Genova sia servita a determinare un comportamento diverso complessivo. Anche l'aspetto giudiziario non è che abbia funzionato.

Dal punto di vista giuridico, ci sono dei "vuoti" da colmare?

Non è una questione di mettere più o meno norme. Molte responsabilità, come scrissero nelle sentenze, non vennero individuate per mancanza di collaborazione da parte delle forze dell'ordine. Non è un tema di norme quanto più di cultura, di mentalità. Chi sbaglia deve pagare, anche tra le forze dell'ordine.

Che cosa rimane del G8 di Genova, vent'anni dopo?

Rimane la necessità che quei fatti non accadano più. Il cercare di ragionare per far sì che tutto ciò non si ripeta mai più.

L'avvocato Mirko Mazzali