I nostri dati sanitari in mano a Big Pharma, proposta choc della UE: documento

Ecco il fascicolo sanitario elettronico europeo della Commissione UE. I nostri dati sanitari in mano alle industrie farmaceutiche La proposta choc della UE

di Antonio Amorosi
Cronache
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Il business è servito. Le industrie che uso faranno dei nostri dati sanitari? A chi li venderanno? Leggi il documento originale nell'articolo

Sono il bene più prezioso che abbiamo: i nostri dati sanitari. Ma presto finiranno definitivamente in mano a Big Pharma. Non è più un tabù che industria farmaceutica e multinazionali vogliano accedervi con sempre maggiori dettagli. In queste ore la Commissione UE, che è l’organo esecutivo dell’Unione Europea, ha lanciato la proposta del fascicolo sanitario elettronico europeo, l’European Health Data Space.

Cos’è concretamente? Un fascicolo digitale che permette alle persone di controllare e utilizzare i propri dati sanitari da qualsiasi luogo d’Europa. I cittadini UE potranno condividere questi dati con i medici, gli altri operatori sanitari e disporne per ogni eventualità. “La proposta”, spiega il documento, “rafforzerà l'economia dei dati sanitari dell'UE, aumentando la certezza del diritto e garantendo un pieno quadro giuridico settoriale uniforme e coerente”.

Un’affermazioni di principio che però viene immediatamente contraddetta dalla frase successiva del documento: “La proposta di regolamento invita anche per il coinvolgimento delle parti interessate per garantire che i requisiti soddisfino i bisogni della salute, professionisti, persone fisiche, mondo accademico, industria e altre parti interessate”.

Tradotto: l’industria farmaceutica e le multinazionali avranno accesso ai dati sanitari dei singoli e con questa disponibilità dettagliata potranno incidere in modo determinante su come disegnare i sistemi sanitari del futuro. Saranno dati anonimi, c’è scritto, certo, ma è nel dettaglio che si insinua il diavolo. Leggi il documento. I dati sensibili che andrebbero protetti in modo elevato, come scritto nel GDPR, il regolamento dell'Unione Europea in materia di trattamento dei dati personali e di privacy perché rischiamo di violare i diritti e le libertà fondamentali, sono dati di particolare delicatezza. Ma, come abbiamo visto, con il Covid, tutto è saltato.

Le industrie che uso faranno di questi dati? Chi li analizzerà davvero? Per quanto tempo? Con quali scopi? A chi li venderanno? Nel documento della UE c’è anche scritto che “qualsiasi tentativo di utilizzo dei dati per eventuali provvedimenti lesivi della persona fisica, per aumentare i premi assicurativi, per pubblicizzare prodotti o trattamenti, oppure sviluppare prodotti nocivi dovrebbe essere proibito”. Dovrebbe. Dal linguaggio sembra di essere nella favola di cappuccetto rosso. Infatti c’è da chiedersi, una volta passato tale regolamento, chi garantisce una reale difesa del cittadino visti i conflitti di interessi tra politica e case farmaceutiche e il potere debordante delle multinazionali?

La proposta avanzata dalla Commissione Europea sarà ora discussa dal Consiglio e dal Parlamento Europeo. E’ la frontiera che Stati e industria stanno cercando di varcare da anni, col rischio di mostrificare e disumanizzare ancora di più la società in cui viviamo. E con una serie di emergenze, come il Covid ma anche la guerra in Occidente, diventa tutto più semplice, vendendo la favola che i diritti dei singoli possono essere sacrificati per raggiungere obiettivi più importanti per tutti. C’è l’emergenza!!!

Il business è servito: dai dati sanitari si passa alla data economy, un flusso di informazioni enorme e inarrestabile che rivela dati sensibili sui cittadini per far fare soldi a chi riesce a gestirli per vendere merci. Così facendo le aziende che avranno entrature nelle istituzioni potranno disegnare il futuro. Con l’intelligenza artificiale si decideranno i bilanci sanitari dei territori e, per chi ha in mano potere e denaro, cosa è più conveniente fare ridisegnando il funzionamento dalle casse di previdenza, della sanità statale, i bilanci delle aziende sanitarie locali e delle Regioni (o enti decisori), decidendo su cosa investire e su cosa no, andando sempre più nel dettaglio, cosa conviene curare e cosa no.

 

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