Il 30 km\h avanza ovunque. E' la “Trentizzazione“ dell’Italia

Il caso del lago di Albano ai Castelli Romani

Di Giuseppe Vatinno
Zona 30
Cronache

A livello europeo nel 2021 è stata anche approvata una risoluzione dal Parlamento UE

 

Da qualche anno è in atto in Italia un processo di riduzione ridicola della velocità a 30 km/h ed a volte anche meno sulle strade urbane.

Ormai quasi non si si fa più caso ma la riduzione progressiva del limite di velocità è ovunque.

Si potrebbe chiamare un processo di “trentizzazione” che non significa voler rendere tutte le città simili al capoluogo del Trentino Alto Adige ma appunto abbassare il limite di velocità.

Ne avevo parlato già anni fa

A livello europeo nel 2021 è stata anche approvata una risoluzione dal Parlamento UE.

Intendiamoci, la misura va benissimo nell’ottica della vera sicurezza stradale e nessuno la discute ma naturalmente in Italia è stata poi utilizzata in tutt’altro modo e cioè non in funzione della sicurezza del cittadino ma in funzione della sicurezza del Comune così si para le terga da cause che gli automobilisti gli fanno per le buche che infestano le strade italiane.

Il trucchetto comunale è molto semplice e dimostra come al solito una sprezzante furbizia –chiamiamola così- amministrativa: si riduce la velocità a limiti bassissimi per non pagare i danni subiti dagli automobilisti.

Il caso della Capitale poi è emblematico.

I sindaci veri e i mini - sindaci si sono uniti per evitare di pagare mettendo questi bassissimi limiti che praticamente, anche volendolo, non si riesce a rispettare per le caratteristiche intrinseche del veicolo. Anzi sono spesso dannosi tanto che anche in autostrada esiste un limite inferiore sotto cui non si può procedere senza creare situazioni pericolose.

La svolta si è avuta durante l’amministrazione di Virginia Raggi.

Quindi la strategia dei Comuni non è quella di riparare le buche e –soprattutto- di eseguire un’adeguata manutenzione del manto stradale e degli alberi che spesso infiltrano con le loro radici le strade ma semplicemente di fare in modo che il cittadino sia impossibilitato a rispettare tali limiti assurdi in modo che poi loro non debbano sborsare nulla in caso di rotture di sospensioni e similari.

Come dicevamo la misura di bassa cucina economica viene poi fatta passare per un’alta misura di sicurezza e così il giochetto è fatto.

Ma uno Stato degno di questo nome dovrebbe agire seriamente sulle cause.

Stesso discorso comincia a verificarsi per le strutture pericolanti e i ruderi che si trovano nei parchi e nelle aree pubbliche. Invece di mettere il tutto in sicurezza si mettono cartelli di divieto per impedire di fruire un bene pubblico.

A tal riguardo è da segnalare il curioso caso del delizioso lungolago di Albano, a pochi chilometri da Roma.

Un gioiello naturalistico con specie di uccelli rari inseriti in un contesto vegetale unico.

Poiché le pareti sovrastanti sono rocciose e si sono verificati dei crolli i comuni del lago invece di mettere il tutto in sicurezza vietano semplicemente l’attraversamento pedonale.

Va da se che tale divieto non è rispettato da nessuno perché si tratta di un classico “divieto all’italiana” e cioè si vieta ma si lascia un ampio e comodo passaggio affinché la popolazione e i turisti non protestino. Poi se qualche sasso cade addosso a qualcuno la colpa sarà sua e non del Comune.

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