Infermieri e medici aggrediti negli ospedali, sempre più casi: furia congiunti
Dall'infermiera che perde i sensi a Sarzana all'operatore preso a testate all'Ospedale del Mare di Napoli per una barella
Infermieri e medici aggrediti negli ospedali: si lamenta l'assenza di presidi fissi delle forze di polizia nei nosocomi. I sindacati chiedono un intervento immediato per garantire la sicurezza degli operatori
"Il nostro sindacato valuterà di caso in caso la costituzione come parte civile contro chi usa violenza, anche sostenendo i colleghi che vorranno chiamare in causa i datori di lavoro" ha dichiarato il sindacato nazionale della professione infermieristica Nursing Up, che chiede un intervento della Fnopi nei confronti del ministero degli interni affinché si proceda a concrete misure contro l'annoso problema della sicurezza.
Gli assalti al personale sanitario negli ospedali italiani continuano a peggiorare. Cresce il numero di infermieri e medici vittime di sfoghi incontrollati di persone nelle strutture di cura, nella assoluta mancanza di freni verso azioni criminose. Un no da parte dell'operatore, un'attesa troppo lunga ed estenuante, una cattiva notizia inaspettata su un congiunto. Sono molteplici le situazioni che divampano simili episodi.
A Napoli, nel reparto del Cto, nella notte tra il 12 e il 13 luglio scorso sono stati aggrediti un gruppo di operatori sanitari dai parenti di una paziente, per la quale volevano cure immediate, senza il rispetto dell'attesa altrui e senza che si trattasse di un caso di urgenza. Un consigliere regionale avrebbe riferito di "esponenti di un clan locale". Nella stessa data, al San Bartolomeo di Sarzana in Liguria, un' infermiera "rea" di aver negato l’accesso a un parente di un malato, nel rispetto delle norme covid, dopo essere stata strattonata cadendo, urta con la nuca un carrello, perde conoscenza. I poliziotti del commissariato di Sarzana poi rintracciano l’uomo e lo identificano. L’infermiera sceglierà ora se procedere con la denuncia che non è scattata d’ufficio in quanto il referto medico rilasciato dal pronto soccorso è di meno di 20 giorni.
Chiede una barella per stendersi durante l'attesa per un esame. Ma gli viene rifiutata perché serve per i malati gravi. Un 38enne di Crispano non accetta il rifiuto e reagisce prendendo a testate in faccia l'infermiere, assestandogli anche diversi calci contro il corpo. All'operatore sanitario sono stati prescritti 3 giorni di prognosi per le contusioni, il trauma facciale e le ferite al ginocchio sinistro. È successo in pronto soccorso all'Ospedale del Mare di Napoli, nella notte tra l'1 e il 2 luglio. Sul posto sono accorsi i militari della stazione di Ponticelli.
All’hub vaccinale di Pellaro in Calabria, il 9 luglio, un uomo corpulento che si reggeva su un treppiedi è stato invitato ad accomodarsi nell’apposita area in attesa che la moglie si vaccinasse. All’invito l’uomo reagisce dapprima minacciando la responsabile dell’hub vaccinale e inveendo contro medici e volontari poi prendendo a calci e spintonando con il bastone uno dei medici, che ha riportato 10 giorni di prognosi per le lesioni e i traumi.
Antonio De Palma, presidente nazionale di Nursing Up, ribadisce: "Qualcuno deve mettere fine a questo scempio. E’ innegabile, lo ripetiamo da tempo, che la tanto decantata legge sugli inasprimenti delle pene e i famosi osservatori che dovevano operare come presidio per il monitoraggio dello stato di avanzamento delle aggressioni, sono progetti falliti".
"Un appello doveroso va rivolto alla Fnopi - continua De Palma - che rappresenta a livello nazionale quegli stessi ordini professionali che come noi chiedono a gran voce il ripristino di presidi fissi delle forze dell’ordine negli ospedali".
Dal canto loro spiega il sindacato "ogni volta che ci saranno i presupposti chiederemo alla magistratura di riconoscere la responsabilità delle aziende sanitarie anche in materia di risarcimento dei danni posto che, ai sensi dell'articolo 2087 del codice civile, il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee a prevenire sia i rischi insiti nell'ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti il luogo in cui tale ambiente si trova, atteso che la sicurezza del lavoratore è un presupposto di rilevanza costituzionale. In sostanza sono proprio le aziende sanitarie che nella loro qualità di datori di lavoro sono tenute a garantire, e nel caso a rispondere, per la sicurezza dei propri dipendenti".
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Continua intanto il botta e risposta tra Nursind Toscana e l'Ordine degli infermieri di Firenze e Pistoia dopo la sospensione di 96 infermieri per la mancata attivazione della Pec, la casella di posta elettronica certificata.
Dopo un anno di Covid – accusa il coordinatore del sindacato toscano Salvatore Sequino - con i reparti allo stremo, le ferie programmate, il piano vaccinale e la richiesta di coprire le lacune delle Rsa, una sanzione così estrema ci sembra quantomeno inopportuna nelle tempistiche”. “Ci vorranno almeno 15 giorni per regolarizzare la situazione. Nonostante l’Ordine si sia reso disponibile a fare commissioni anche tutti i giorni per riammettere i colleghi in servizio - continua il segretario Nursind - la procedura ha dei tempi tecnici. E nel frattempo chi lavora nei reparti è costretto a fare i doppi turni".
"Lascia stupiti la nota diffusa dal Nursind", replica Danilo Massai, presidente dell’Ordine. "La legge parla chiaro e prevedeva la sospensione dei colleghi non in regola con la Pec da luglio 2020, un anno fa", continua Massai. "In quel momento avevamo 8200 infermieri senza Pec su 9000 iscritti. Non li abbiamo sospesi, come chiedeva in ministero, ma abbiamo attivato una Pec gratuita e avviato una massiccia campagna informativa. Siamo andati avanti così, assumendocene la responsabilità, anche a fronte di precise circolari FNOPI (la numero 85/2020 e la numero 96/2020) che evidenziano come la mancata adozione dei provvedimenti verso i professionisti senza Pec, costituisse ‘motivo di scioglimento e di commissariamento dell’Ordine inadempiente'. Abbiamo invece attivato una lunga serie di azioni informative che si sono protratte per un intero anno, fra mail, newsletter, richieste di collaborazione alle singole aziende sanitarie, comunicati stampa e messaggi social. A maggio 2021, dopo nove mesi, avevamo 600 professionisti senza Pec e non più 8.200. Abbiamo quindi inviato una lettera di diffida a tutti ed effettuato approfondimenti sui singoli casi, facendo scattare la sospensione per 96 professionisti, mentre altri 400 sono in fase di valutazione".
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Proseguono infine le sospensioni dei sanitari no vax, stabilite dal dl 44 del 1° aprile 2021 che impone per la categoria l’obbligo vaccinale. Una situazione mutata rispetto al maggio scorso, quando non si sapeva di nessuna sospensione.
In Liguria per 12 medici e 3 operatori sanitari dell’Asl3 e 12 medici di altre aziende sanitarie è stata avviata la sospensione della mansione attuale, con il trasferimento a un altro incarico o il blocco dello stipendio. Alessandro Bonsignore, presidente dell’Ordine dei medici della Liguria spiega che la loro situazione "è tutt’altro che semplice, poiché ogni singolo reparto prevede contatti con il pubblico, dunque potrebbe aprirsi l’opportunità di una sistemazione all’interno di qualche laboratorio". A rischio sarebbero altri 854 sanitari della regione che hanno ricevuto la raccomandata di avviso di mettersi in regola (le cinque Asl liguri hanno inviato 11 mila lettere di invito a vaccinarsi, l’Asl 3 circa 6600). In quanto chi non risponde entro 10 giorni all’Azienda di riferimento è ritenuto no vax.
Per quanto riguarda i tre operatori sanitari per i quali è stata avviata l’istruttoria per la sospensione amministrativa, il presidente dell’Ordine di Genova, Carmelo Gagliano, commenta: "Adesso rischiano di perdere il lavoro", in base alla delibera " nel caso in cui il dipendente sanitario no vax non possa venire collocato ad altre mansioni, perché non c’è necessità, verrà licenziato".
A Bologna un infermiere del distretto di San Lazzaro di Savena e un tecnico di neurofisiopatologia dell’ospedale Bellaria sono state le prime due sospensioni decise dall’Ausl. Ammonta a 18 il numero attuale di provvedimenti disposti dall'Ausl, dopo che il direttore generale dell'azienda, Paolo Bordon, ha siglato le sospensioni di altri 16 infermieri in servizio in varie strutture del territorio. A Pordenone i sanitari sospesi superano i 170.