Medici aggrediti, è allarme in Italia. Ma il daspo non è la soluzione: serve più personale straniero

Foad Aodi: "Lanciamo il nostro manifesto contro le aggressioni. Urgono unità, svolta culturale e impegno"

di redazione cronache
Cronache

Aggressioni al personale sanitario, la ricetta dell'Amsi, Umem e Uniti per Unire per fermare le violenze record degli ultimi 5 anni

“La recente proposta della politica ci lascia estremamente perplessi e ci spinge a delle serene e doverose riflessioni. Si tratta di un vero e proprio Disegno di Legge che prevede, per i responsabili di aggressioni fisiche perpetrate ai danni dei professionisti sanitari, un vero e proprio Daspo, in parole povere un allontanamento forzato per 3 anni dal diritto a ricevere le cure gratuite del nostro Sistema Sanitario Pubblico, eccezion fatta per interventi “salvavita”.

Siamo di fronte ad una escalation di violenze, fisiche e psicologiche davvero allarmante, visto che, mai negli ultimi 15 anni, si era registrata questa frequenza e questa brutalità di “episodi così funesti”, non ultimo quello del Policlinico Riuniti di Foggia, con immagini “stile far west”, e un vero e proprio raid punitivo ai danni di medici e infermieri (con un ferito grave e una dottoressa sotto shock che ha minacciato le dimissioni).

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Ci aspettavamo, di certo, in relazione a tutto questo, una risposta concreta da parte del Governo, ma non con questi contenuti. Dobbiamo ammettere, inoltre, che si tratta di una azione abbastanza tardiva rispetto ad una emergenza che non doveva aggravarsi fino a questo punto, e non siamo pienamente convinti che questa sia la strada giusta da intraprendere.

Noi di Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, con Umem, Unione Medica Euromediterranea e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, da anni, portiamo avanti una strenua battaglia contro le aggressioni ai professionisti sanitari italiani e di origine straniera, offrendo statistiche e report sempre aggiornati che raccontano ai media e alla collettività una realtà dei fatti sempre più complessa, un vicolo cieco dal quale è sempre più difficile uscire, offrendo numeri aggiornati sulle violenze a medici e infermieri, sia per quanto riguarda il nostro Paese, che per il panorama mondiale, senza mai dimenticare di dover raccontare le motivazioni e le ragioni di fondo che portano i cittadini a questo tipo di comportamenti così esasperati».

Esordisce così il Prof. Foad Aodi, leader e fondatore delle associazioni e dei movimenti sopra indicati, esperto in salute globale e protagonista di strenue battaglie contro le violenze ai danni dei professionisti sanitari, con azioni mirate quali il recente Manifesto “Uniti per i Medici”, contenente 45 punti già sottoscritti da oltre 450 realtà tra sindacati, soggetti singoli e il mondo dell’associazionismo.

Un documento che racchiude tutte le iniziative che i professionisti stessi devono intraprendere per uscire dal buio tunnel in cui la realtà sanitaria in cui lavorano è piombata, rimboccandosi le maniche e spronando la politica a “svegliarsi” per cambiare finalmente le cose.

Come medico, il profondo senso etico che caratterizza da sempre il mio lavoro, con il Giuramento di Ippocrate, mi spinge a pensare, a ragionare, a ritenere che la vita del malato e la sua incolumità siano il bene più prezioso, per il quale io lavoro ogni giorno. A mio modo di vedere, stiamo perdendo di vista la realtà e non possiamo negare a un paziente, a un malato, anche se protagonista di una vile aggressione nei nostri confronti, le cure gratuite a cui tutti hanno diritto nel nostro Paese.

Ciò non toglie che il raptus di rabbia e follia è certamente condannabile dal punto di vista morale e deve essere punibile penalmente. Noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire, e attraverso il mio pensiero ritengo di esprimere quello all’unisono di tutti i membri delle nostre associazioni e movimenti, siamo convinti più che mai che per arginare le aggressioni contro i professionisti sanitari servano, in primo luogo, leggi adeguate e severe, anche modificando il nostro codice penale se occorre.

Accanto alla severità delle punizioni contro chi commette un reato del genere, va rilanciato e ricostruito, senza dubbio alcuno, il piano dei presidi fissi delle forze dell’ordine, all’interno degli ospedali, da parte del Viminale. E’ evidente che fin qui non è stato sufficiente, continua Aodi, in termini sia di numeri che di uomini, ma soprattutto di fasce orarie di servizio, dal momento che in numerose strutture sanitarie, durante l’orario notturno, medici e infermieri vengono troppo spesso lasciati soli e abbandonati letteralmente a se stessi.

I medici hanno un’etica, un codice da rispettare. I medici curano tutti senza guardare il lato amministrativo, non vedo perché non debbano fare lo stesso con coloro che aggrediscono i colleghi, negando loro il diritto alle cure della sanità pubblica. Vorrà dire che se un soggetto aggredisce un collega, nella sanità pubblica, noi altri medici lo cureremo, qualora necessiti di assistenza. Dopo di che sarà assicurato alla giustizia per pagare il reato commesso.

Senza dimenticare che tali episodi di violenza si potrebbero anche verificare nella sanità privata: e allora come ci regoleremo? Che tipo di punizione daremo? Siamo di fronte ad un disegno di legge, continua Aodi, che non condividiamo affatto, perché oltre tutto rischia di minare nel profondo il già difficile rapporto tra i professionisti sanitari e i cittadini. Questi ultimi, non dimentichiamolo, hanno perso completamente la fiducia nei nostri confronti, addossandoci le responsabilità di tutti i deficit che attanagliano il nostro Servizio Sanitario.

Occorre, invece, adottare, dice sempre Aodi, azioni mirate che favoriscano il dialogo, che possano ricondurre tutti verso l’equilibrio perduto e non promuovere invece azioni che potrebbero fomentare le tensioni. Oltre tutto negare il diritto universale alle cure gratuite che caratterizza da sempre la storia del nostro Paese, vorrebbe dire davvero compiere un enorme passo indietro.

Per crescere, nel nostro complesso Sistema Salute, dobbiamo al contrario promuovere l’evoluzione a 360 gradi della professione medica e delle altre professioni sanitarie.

Il che equivale a dire: lavorare sulla formazione per creare sempre più nuovi laureati e nuovi iscritti alle facoltà delle professioni sanitarie, ridonando a queste ultime l’appeal perduto, e poi ancora promuovere le specializzazioni tra i medici e sostenere il lavoro dei medici di base, nonché sanare la grave carenza di personale con gli organici ridotti all’osso, arginare le fughe all’estero, combattere la medicina difensiva e valorizzare economicamente e contrattualmente i professionisti.

Inutile nascondersi: solo investendo sui talenti a nostra disposizione possiamo elevare la qualità delle cure, assumendo personale e riducendo così anche le liste di attesa. Tutto questo creerà di certo meno tensioni nei pronto soccorsi e negli altri reparti nevralgici, laddove tutto funzionerà meglio, laddove ci saranno meno ore di attesa, senza dimenticare che di fondo sta prendendo piede una “mala cultura” che è come un cancro che va estirpato alla radice.

E’ necessario, infatti, far capire ai cittadini che i professionisti sanitari non sono i nemici da annientare e soprattutto che non possono essere il capro espiatorio di tutto ciò che non funziona nella nostra sanità.

Ed è per questo, dice sempre Aodi, come indicato nel nostro Manifesto “Uniti per i Medici”, che va cambiata la cultura di fondo, occorre una evoluzione mentale, mentre, nel contempo, la nostra politica può e deve mettere in atto tutte le azioni necessarie per tutelare l’incolumità dei professionisti sanitari, su tutti le donne della sanità, che sono in percentuale (oltre il 70%) le vittime sacrificali delle aggressioni. Ricordiamolo, per legge, i professionisti sanitari sono i dipendenti, se si tratta di sanità pubblica, e come tali i datori di lavoro (aziende sanitarie) devono garantire un ambiente sereno e sicuro.

Quando c’è un errore, nella sanità, commesso da un medico o un infermiere, non è necessario, se possibile, ingrandirlo ed aggravarlo. Per questa ragione noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire da anni chiediamo la depenalizzazione dell’atto medico, fattore che consentirebbe, legittimamente, ai nostri professionisti, di lavorare in modo molto più sereno. E questo sarebbe un enorme vantaggio per la qualità delle cure.

Inoltre occorre snellire la burocrazia favorendo l’inserimento dei professionisti stranieri nelle realtà concorsuali regionali e cancellando l’obbligo di cittadinanza. E poi ancora diminuire il peso fiscale, aumentando gli stipendi dei professionisti e rapportandoli al mutato costo della vita. Sostenere e proteggere medici e infermieri che lavorano nelle aree di emergenza urgenza dove ogni giorno si combatte con la morte e spesso lo stress psicologico, con il tempo, diventa insostenibile. Assumere personale, agevolando il lavoro degli altri colleghi e rendendolo meno gravoso, migliorando le offerte economiche dei concorsi che troppo spesso finiscono semi deserti.

Eliminare, gradualmente, le lotte cosiddette intestine, ovvero quelle tra associazioni, sindacati, ordini professionali, tra colleghi stessi, dal momento che non conducono da nessuna parte, ma ritardano solo l’evoluzione e il miglioramento. Ecco quali sono secondo noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire, le soluzioni da adottare per arginare le aggressioni, oltre naturalmente a difendere i professionisti, con leggi mirate e con un maggiore dispiego di forze dell’ordine negli ospedali».

Le statistiche aggiornate di Amsi, Umem e Uniti per Unire

- Aggressioni contro i professionisti sanitari aumentate del 38% negli ultimi 5 anni in Italia a causa della carenza dei professionisti della sanità.

- Cause principali delle aggressioni: carenza di personale e disorganizzazione, con biblici tempi di attesa per una visita o un esame nei reparti di emergenza-urgenza; assenza di dialogo tra personale sanitario e pazienti; piano presidi fissi delle forze dell’ordine non abbastanza efficace, visto che, soprattutto negli ospedali con maggiore bacino di utenza, gli agenti di polizia mancano all’appello negli orari più delicati, in particolare da mezzanotte alle sette del giorno dopo.

Altri dati significativi direttamente collegati con l'emergenza aggressioni (base degli ultimi 5 anni)

- 38% aumento degli aggressioni dovuti alla carenza di professionisti della sanità

- 24% aumento degli aggressioni dovuti ai tempi liste d'attesa

- 23% aumento degli aggressioni dovuti alle file lunghe per mancanza di comunicazione con il personale specialmente con e dopo la pandemia

- 5% aumento pregiudizi nei confronti del personale SSN

- 5% aumento risposte non adeguate da parte del personale sanitario ed amministrativo ai familiari dei malati.

- In Europa la carenza dei professionisti della sanità ha portato ad un incremento delle aggressioni del 36%. Nel resto del mondo la carenza di personale ha generato il 41% di aumento delle violenze contro i professionisti sanitari.

Così conclude il Prof. Foad Aodi. Presidente Amsi e del Movimento Uniti per Unire e dell'UMEM, Unione Medica Euromediterranea, esperto di salute globale, corrispondente dall’Italia per prestigiose testate straniere nonché membro del Direttivo Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti, direttore sanitario e portavoce della USEM e della Nazionale del Regno delle due Sicilie, corrispondente dall’Italia per Agenzie di Stampa, giornali e Tv di Paesi Arabi e del Golfo, nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo, e ancora direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia insieme al Dr.Nadir Aodi Podologo coordinatore Commissione Nuove generazioni di Amsi e Uniti per Unire e vice segretario generale dell'USEM.

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