Nessuna soffiata e nessun pentito, chi è il pm che ha arrestato Messina Denaro
Tra i protagonisti dell'operazione c'è il Procuratore Paolo Guido, considerato come uno dei più esperti in Sicilia della storia del boss arrestato
Arrestato il super boss Matteo Messina Denaro. Chi è Paolo Guido, il pm che l'ha catturato
56 anni, magistrato dal 1995, Paolo Guido è, ufficialmente, Procuratore Aggiunto a Palermo, nominato coordinatore della Direzione distrettuale Antimafia (Dda) dal Procuratore Capo, Francesco Lo Voi, poco prima di lasciare Palermo per il suo nuovo incarico ai vertici della Procura di Roma.
Una scelta obbligata, necessaria, consapevole, perché nessuno meglio di Paolo Guido in Sicilia conosce la storia la vita e i grandi interessi economici del boss arrestato. Nessuno meglio di lui conosce la filosofia della dinastia mafiosa dei Denaro, avendo studiato, ascoltato, analizzato e riascoltato, per anni, centinaia e centinaia di ore di registrazioni e di intercettazioni ambientali di tutti coloro i quali, Matteo Messina Denaro latitante, continuavano invece a vivere a muoversi nell’agrigentino e nelle terre dove Matteo Messina Denaro era diventato, ancora giovanissimo, temuto e rispettassimo “Capo del mandamento”.
Un’operazione, quella di lunedì, che segna, in maniera indelebile, la storia della lotta alla mafia, forse, un’operazione molto più eclatante di quella di Riina, perché mentre allora si disse che ci sarebbe stata, alla base di quella cattura, una soffiata ai vertici del Ros dei Carabinieri, questa volta, alla cattura del boss, si è, invece, arrivati per l’intuizione con cui Paolo Guido ha seguito, negli anni, i movimenti del boss. Nessuna soffiata, insomma, nessuna confidenza, nessun pentito, che abbia “venduto” l’ultimo vero “Padrino di Cosa Nostra”.
Per Paolo Guido è un giorno di festa “privata”, nessuna dichiarazione pubblica, nessuna conferenza-stampa, nessuna intervista esclusiva, il silenzio istituzionale di sempre, o al massimo due frasi di circostanza per non dispiacere i cronisti. Poi la porta del suo ufficio è rimasta sbarrata per tutto il giorno.
Una carriera, la sua, tutta vissuta all’insegna della sobrietà, anche quando, nel 2017, il Consiglio Superiore della Magistratura lo nomina procuratore aggiunto di Palermo – pure avendo partecipato al bando di concorso per l’incarico semi-direttivo – incarico, che il giovane magistrato calabrese ottiene grazie al voto di fiducia dell’assemblea plenaria. Una eccezione alla regola, ma giustificata dalle sue alte qualità professionali.
Un magistrato, che non ha mai dimenticato le sue origini cosentine, ma che anzi torna, puntualmente, a Cosenza, d’estate e nei giorni di vacanza più tradizionali, per ritrovare famiglia, amici, ricordi e affetti antichi. Soprattutto, i suoi vecchi compagni del Liceo scientifico Enrico Fermi, dove lui, da ragazzo, matura l’idea di dover fare, da grande, il giudice.
Da Cosenza si sposta a Roma per fare giurisprudenza. E alla Sapienza si laurea con il massimo dei voti. Primo incarico alla Procura di Roma, poi viene mandato a Palermo, dove, tra una indagine e l’altra sulle cosche di Cosa Nostra nella provincia di Trapani, diventa il massimo analista di “Cosa Nostra”.
Padre di due ragazze, Paolo Guido si porta alle spalle una tragedia familiare tristissima, la morte della moglie, in giovane età, per un malore improvviso, dopo due giorni di febbre altissima, agosto del 2015, magistrato anche lei, Paola Carotenuto, giudice del tribunale dei minori, la sola e vera grande sconfitta della sua vita.
Ad aprire il lungo carnet dei ringraziamenti istituzionali per il lavoro di Paolo Guido è stata ieri la Premier, Giorgia Meloni: “All’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina, un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. I miei più vivi ringraziamenti, assieme a quelli di tutto il governo, vanno alle forze di polizia, e in particolare al Ros dei Carabinieri, alla Procura nazionale antimafia e alla Procura di Palermo per la cattura dell’esponente più significativo della criminalità mafiosa”. Ma non è tutto.
“Il governo”, dice ancora Meloni, “assicura che la lotta alla criminalità mafiosa proseguirà senza tregua, come dimostra il fatto che il primo provvedimento di questo esecutivo – la difesa del carcere ostativo – ha riguardato proprio questa materia”.
Segue poi la dichiarazione del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: “Complimenti alla Procura della Repubblica di Palermo e all’Arma dei Carabinieri, che hanno assicurato alla giustizia un pericolosissimo latitante. Una giornata straordinaria per lo Stato e per tutti coloro che, da sempre, combattono contro le mafie”.
Quanto basta, insomma, per dare, finalmente, un senso reale alla vita blindata e ai mille sacrifici di questo ex ragazzo di Acri, paesino della provincia di Cosenza, dove vive ancora un pezzo della sua famiglia, e dove lui, da bambino, già sognava di poter, un giorno, diventare un “uomo al servizio del suo Paese”.
Per chi avesse voglia, o anche la semplice curiosità di capire di che pasta è fatto il nostro “eroe”, allora suggerisco di andarvi a cercare in rete il “Quarto incontro dei Dialoghi della Magistratura con la società”, una vera e propria lectio magistralis sulla Deontologia dei magistrati e degli avvocati, che Radio Radicale ha cristallizzato sulla sua home page, subito dopo il convegno, registrato a Caltanissetta, giovedì 14 aprile 2016 alle 16.47.
Quell’evento rimase, profondamente, segnato da una delle frasi di Paolo Guido in tema di onestà professionale: I diritti non sono merce. Che dire di più? Complimenti e grazie, Procuratore!