Piombino, la nave anti gas russo è un pericolo: si ferma la transizione green
Il rigassificatore sarebbe a poche centinaia di metri dalle prime case e i cittadini insorgono contro i possibili catastrofici danni ambientali
Piombino, la nave rigassificatore mette a serio rischio l'ambiente: insorge la protesta dei cittadini
In Italia, gli effetti collaterali di una guerra apparentemente lontana possono arrivare a dare al cittadino che li subisce l’impressione di essere tornato suddito di una plutocrazia contro la quale diventa difficile combattere, perché tutto gli è contro, a partire dal fatto che quegli effetti nel resto della comunità nazionale vengono fatti apparire in modo artificioso come necessari, anzi quei cittadini che protestano per quegli effetti vengono dipinti come “nemici del popolo”.
L’esempio viene da Piombino, città post-industriale dell’acciaio che si affaccia sul mar Tirreno. Qui, all’improvviso, hanno scoperto di dover ospitare una delle due gigantesche navi rigassificatore acquistate in tutta fretta e a costi mostruosi (330 milioni di euro quella per Piombino, 400 quella per Ravenna) per far fronte alla necessità di ridurre la dipendenza dal gas russo. Questa nave dovrebbe essere ospitata in un piccolo porto che vive in prevalenza di traffici turistici (è il secondo in Italia per numero di passeggeri transitati) e del residuo di traffici commerciali legati ai grandi insediamenti siderurgici che fino agli anni Novanta erano fonte di benessere e prosperità, dando lavoro a 15mila persone in una città di meno di 40 mila abitanti.
La comunità, in attesa di una reale riapertura di quegli impianti, vive da otto anni in gran parte di sussidi e di interventi di bonifica delle aree contaminate e della costruzione di infrastrutture necessarie allo sviluppo di un’area, quella della Toscana costiera, che è l’unica nell’Europa occidentale senza un’autostrada, con una linea ferroviaria rimasta al dopoguerra. Adesso il governo centrale e il presidente della Regione hanno scelto, senza alcuna indagine preliminare, di collocare lì quel rigassificatore, hanno tenuto coperta la scelta – di fatto operata da Snam in piena autonomia – e anche il progetto in modo da tagliare fuori il sindaco di Piombino e quelli dei territori limitrofi.
Gas, proteste bipartisan in piazza a Piombino contro il rigassificatore. FOTO
Quel rigassificatore chiuderebbe per sempre lo sviluppo del porto, sarebbe molto pericoloso (la potenziale esplosione sarebbe 50 volte più potente di un’atomica, senza ovviamente la radioattività) e convivrebbe male con il traffico dei traghetti per le isole con l’industria dell’itticultura, la prima in Italia che da sola in quell’area produce il 60 per cento del fabbisogno naturale e che sarebbe incompatibile con le emissioni di acqua raffreddata e cloro utilizzati per rigassificare il gas che viaggia compresso allo stato liquido.
Per rimediare, governo centrale e regionale hanno proposto un “memorandum” che altro non è che la concessione di opere che vengono promesse e disattese da decenni (in primis le bonifiche) e addirittura degli sconti nelle bollette del gas e dell’elettricità per gli abitanti della zona. I cittadini sono insorti, la protesta riguarda tutte le forze politiche a livello locale, dall’estrema sinistra all’estrema destra, con problemi anche all’interno di alcuni partiti come Pd, Lega e Forza Italia che appoggiavano il governo Draghi e nel caso del Pd anche quello regionale.
La protesta non riesce a far breccia. Le risposte, al di là di un balletto fra le parti sulla durata della concessione, sono di netta chiusura. L’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda (centrosinistra), ha addirittura invocato l’intervento dell’esercito, trattandosi di un’emergenza nazionale.
Dimenticando che quello di Piombino è stato dichiarato Sito di interesse nazionale per le emergenze ambientali (già ampiamente danneggiato) e che questo intervento verrebbe fatto saltando tutte le norme di valutazione di impatto ambientale e del rischio legato a possibili incidenti (esplosioni o inquinamento). Il rigassificatore, caso unico nel mondo, sarebbe a poche centinaia di metri dalle prime case (a Barcellona è a oltre quattro chilometri) e sarebbe a ciclo aperto con rilascio in acqua di ettolitri di cloro ogni giorno. Inoltre, in un porto ad alto traffico passeggeri (120 partenze ogni giorno) e di dimensioni ridotte.
Il problema è che non è vero neanche che si tratti di una vera emergenza. L’Italia ha pozzi già attivi nel mar Adriatico che potrebbe riemettere in funzione in pochi mesi e da questi si potrebbe estrarre lo stesso gas a costi venti volte inferiori a quello che arriverebbe via nave. Da quegli stessi pozzi chiusi in Italia, la Croazia da tempo tira su tutto il gas.
I cittadini si sentono impotenti, sanno di subire un torto solo perché il governo ha deciso per la via più breve, affidarsi a Snam senza valutare alcuna alternativa a minore impatto sulla popolazione. Di fatto è una sospensione terribile della democrazia. La guerra è lontana ma gli effetti possono essere imprevedibili.