Ragazzo con sindrome di down ucciso da un cane israeliano, Aipd: "La guerra a Gaza deve finire"

Il presidente Salbini: "Il conflitto non riconosce colore della pelle, religione e purtroppo nemmeno le disabilità"

Di Redazione Cronache
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La tragica morte di Muhammed Bahr, ragazzo con sindrome di Down ucciso da un cane dell'esercito israeliano

Nella striscia di Gaza, un ragazzo con la sindrome di down è stato ucciso da un cane dell’esercito palestinese. Muhammed Bahr non aveva nessuna colpa, stava solo vivendo in un paese in guerra. Forse una delle più atroci degli utilimi anni. Per l’associazione Aipd (Associazione italiana persone down) questo giovane è diventato un simbolo, soprattutto per chi, come i membri di Aipd, sono “ogni giorno a contatto con le persone con disabilità intellettive e impegnati a difendere diritti e dignità". L'associazione condanna "con forza le violenze che continuano a dilaniare la Striscia di Gaza, colpendo soprattutto civili innocenti e indifesi: Muhammed è per noi il simbolo e l'icona di questa ingiustizia, che continua ad accanirsi contro i civili, che non possono proteggersi”. Lo ha detto il presidente di Aipd nazionale, Gianfranco Salbini, che ripete e rilancia ancora una volta l'appello lanciato il mese scorso, in occasione della Conferenza mondiale sulla sindrome di down a Roma, ovvero che la guerra deve finire.

L'appello del presidente di Aipd: "Chiediamo la pace, subito!"

L'orrore della guerra non ha limiti”, continua Salbini, “la guerra deve essere fermata a tutti i costi. Non riconosce colore della pelle, religione e purtroppo nemmeno le disabilità. Sono sconvolto da questa terribile storia, ma sono anche purtroppo consapevole che sia una delle tante, troppe terribili storie di persone con disabilità vittime della guerra, perché la guerra di per sé nasconde tutto: porta con sé atti criminosi inimmaginabili, spesso compiuti nell'ombra e nell'impunità. Le violazioni dei diritti umani, gli abusi e le atrocità commesse durante i conflitti colpiscono indiscriminatamente persone di ogni origine, religione e condizione. È fondamentale che la comunità internazionale lavori instancabilmente per prevenire e fermare i conflitti, garantendo giustizia per le vittime e protezione per i più vulnerabili. Chiediamo la pace, subito”.

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