Sommergibile imploso, la noia uccide

Che dire, ci dispiace? Ci sconvolge? No, ci costringe ad analizzare un mondo che ha sempre più bisogno di differenziarsi, di andare oltre i limiti

L'opinione di Maurizio De Caro
Il sottomarino di Ocean gate
Cronache

Il sommergibile Titan imploso nell'Atlantico 

Cercare stimolazioni estreme in fondo ad un oceano o intorno all’orbita terrestre ormai rappresenta una invitante avventura che spinge soliti ricchi, annoiati e insaziabili a voler realizzare sogni che per tutti i loro simili sembrano impossibili anche solo da immaginare.

Il piccolo sottomarino bianco immersosi nelle acque prospicenti Boston, nei pressi dell’incidente che nel 1911 causò l’affondamento del Titanic, il più tragico dei naufragi, ha scatenato nel corso dei decenni un’ossessione costante per la ricerca del relitto, adagiato a migliaia di metri di profondità, e dopo James Cameron questa ricerca si è trasformata in business, anzi in gioco d’azzardo per ricchi.

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Quelli scomparsi qualche giorno fa, cinque variegati miliardari che volevano fare un giro intorno all’orrore del transatlantico, a -360 atmosfere (o 3600 metri di buio assoluto), al freddo, con poco cibo e soprattutto provando una scomodità di qualche giorno alla modica cifra di 50.000 euro al giorno, a persona (250.000 euro a viaggio per costruirsi una avveniristica trappola per topi di design).

Che dire ci dispiace? Ci sconvolge? No, ci costringe ad analizzare un mondo che ha sempre più bisogno di differenziarsi, di andare oltre i limiti, di manifestare costantemente una superiorità economica per tutti (gli altri) inspiegabile e distruttiva.

Non basta un Rolex di platino e rubini, oppure una Bugatti, perchè il futuro della ricchezza è ormai connesso al rischio, un rischio esclusivo, ma comunque pericolosissimo, i naufraghi di questa strana missione voyeristica, contavano anche su questa possibilità per poter raccontare “l’orrore del salvataggio”, e il coinvolgimento trionfale delle guardie costiere, e mezzi fantascientifici che a nulla sono serviti.

L’happy end non c’è stato ma il rischio era calcolato nel prezzo, anelato, come l’abbraccio della morte sempre provocato, ineluttabile.

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Ovviamente continueranno i viaggi nel Buio dell’Oceano, al Centro della Fossa delle Marianne, o lontano, lontanissimo, in orbita, per guardare la Terra oltre l’atmosfera, e mentre le liste d’attesa si allungano, si modificano i costi del ticket sempre meno probabili e sempre più esclusivi.

Il piacere di giocare con l’annichilimento fisico è più erotico dei giochi di ruolo, ma non consente la partecipazione a chi ha il mutuo da pagare, o si trova temporaneamente in cassa integrazione, questa è una consolazione, una nemesi distributiva, e non soltanto un nuovo capitolo per il terzo millennio della fiction “anche i ricchi piangono”, che è verissimo certo ma “i poveri annegano” in due metri d’acqua, ovunque e nel Mediterraneo.

Senza retorica e senza revanscismo sociale, siamo “all’esaltazione dell’impossibile”, vicini a una serie di punti di non ritorno, utili ad una nuova elite di iper-oligarchi planetari, pronti a raccontarsi solo tra eguali, esperienze prossime alla morte.

Sono gli stessi che dopo aver scoperto probabilmente l’elisir di lunga vita e prossimamente il “principio attivo dell’immortalità”, cercano di avvicinarsi sempre più velocemente verso quel nulla, cui erano diretti nelle profondità degli oceani e probabilmente negli spazi siderali e/o su Mercurio.

Raccontare "l’impresa” a pochissimi amici, provocando l’invidia degli inferiori che osservano le immagini dal satellite o dal sottomarino, è impagabile soprattutto se il costo “accettabile” è in grado di produrre l’ennesima barriera culturale tra “quelli che stanno bene, benissimo” e sfidano necessariamente la morte e tutto il resto del pianeta che invece ci convive ogni singolo minuto di ogni singolo giorno.

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