De Nittis, il pittore della vita moderna in mostra a Palazzo Reale
Recensione delle opere esposte a Milano
De Nittis, il pittore della vita moderna
Il titolo qui sopra è anche quello della Mostra attualmente al Palazzo Reale, che chiuderà alla fine di Giugno. Le poche osservazioni che seguono sono per incoraggiare i lettori a non perdere questa mostra, che è davvero notevole. Anche se i quadri esposti non sono moltissimi (meno di 100) essa permette una conoscenza quasi completa dell’attività artistica del pittore, che nella sua purtroppo breve vita ha affrontato una quasi incredibile varietà di temi, soggetti, stili, esperienze, luoghi. Come spesso accade, il nostro inestinguibile bisogno di inquadrare e classificare non ha giovato al De Nittis, “Peppino” come lo chiamavano gli amici, tra cui Diego Martelli, il mecenate e teorico della Macchia, uno dei primi a rendersi conto del suo valore.
Che si trattasse più che un di un impressionista di un semplificatore dell’arte degli Impressionisti, che per di più si sarebbe lasciato corrompere dal facile successo riscosso nell’ambiente dei ricchi parigini e londinesi dei cui ambienti e costumi era diventato acritico illustratore, è un giudizio superficiale prima che ingiusto, anche se condiviso da Adriano Cecioni, macchiaiolo fiorentino fino all’osso, che gli era stato grande amico e forse maestro ai tempi della “Scuola di Resina”, a Napoli. Ho pensato di raggruppare le mie osservazioni attorno a tre temi: la “vita moderna”; l’impressionismo; e Leontine, la moglie.
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1. La “vie moderne”. Veramente “Il pittore della vita moderna” è anche il titolo di una raccolta di saggi di Charles Baudelaire sui disegni di Constantin Guys, del 1863. Ma mentre del Guys tutti si sono presto dimenticati, l’espressione è rimasta, e designa sia un’epoca –dal 1860 a, diciamo, il 1890- sia un’estetica: quella dell’immediatezza, della rapidità, dell’accelerazione dovuta al ritmo incalzante che lo sviluppo urbanistico e industriale conferisce alla grande città, Parigi. Parigi! Sfilano sotto i nostri occhi le due versioni de La Place des Pyramides (quella del 75, in cui la piazza è invasa dalle impalcature di un alto palazzo in costruzione, o forse ricostruzione, al Musée d’Orsay; e quella del 76, meno clamorosa, alla Galleria d’Arte Moderna qui di Milano), l’arco della Porte de Saint Denis, un Lungo Senna in cui la gente passeggia immersa in una nebbia leggera, la mole quadrangolare dell’Arco di Trionfo, la Place des Invalides sotto un cielo grigio da cui emerge una cupola dorata, la Place de la Madeleine, il Bois de Boulogne. Il pittore ha una inventiva prospettica che rende ogni luogo ritratto una costruzione originale sua, in cui sono inserite delle piccole folle dove le persone conservano le loro individualità e spesso anche attività.
2. L’impressionismo. Ci sono alcuni quadri che diremmo senza forzature impressionisti: ad esempio, in “Nei campi intorno a Londra”, del ’75, con le figure immerse nell’erba di un prato percorso da tappeti di diversi tipi fiori, la classica separazione e moltiplicazione dei colori avviene molto naturalmente, sicché il quadro potrebbe essere di Monet, o di Renoir: o magari di come questi due avrebbero dipinto qualche anno dopo. Più interessante, a mio avviso uno dei vertici della selezione, è “In giardino”, del 1873. Nella sua passeggiata la Signora che ci volge le spalle, vestita di un grigio violaceo, si sta avvicinando a un boschetto di cespugli che formano una sorta di monticello sul quale il debole sole forse proietta la sua ombra. Ma mentre avanza la sua lunga gonna perde ogni consistenza venendo attraversata dai colori dell’erba dei fiori e delle foglie. Una incredibile fantasmagoria metafisica, solo superficialmente impressionista.
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3. Léontine. Sappiamo che il fratello maggiore Vincenzo, che esercitava con scrupolo il suo compito di tutore di Giuseppe, fece assumere delle informazioni su Léontine, per assicurarsi che non fosse una semplice grisette. Quale che fosse il suo passato, Léontine Gruvelle aveva aspirazioni di affermazione sociale simili a quelle di affermazione artistica di Giuseppe, e si dedicò con successo all’inserimento del giovane sconosciuto pittore italiano nella vita culturale parigina. Fu, come fa dire nei Ricordi da lei curati al marito “compagna, amica, modella e moglie”?
O, come racconta un amico spesso presente alle loro soirées, una terribile arpia che spaventava il marito con le sue scenate di gelosia e crisi isteriche? A rigore questi predicati non si escludono. Ma qui la mostra parla chiaro. Non solo Léontine, non particolarmente bella, è la modella quasi esclusiva di Giuseppe. Anima con la sua presenza due sbalorditivi capolavori, come “Perla e conchiglia”, in cui giace in posizione orizzontale e con la testa adagiata ai cuscini poggiati sul braccio del divano rivolta allo spettatore e con l’espressione pronta a partecipare alla conversazione. Il divano tappezzato di seta argentea che manda riflessi abbaglianti è la conchiglia che si è aperta su di lei; lei in un vestito di veli e merletti a loro volta bianchi è la perla. Il tutto è modulato in variazioni di toni chiari, grigi, azzurrini. Da impazzire.
L’altro è “Giornata d’inverno”, uno degli ultimi quadri (1882). Ecco cosa ne scrisse Edmond de Goncourt, frequente ospite della famiglia e instancabile diarista: “Nittis ha iniziato in questi giorni un grande ritratto della moglie a pastello, che è la più straordinaria sinfonia di bianchi. Sul fondo di un paesaggio invernale, delicatamente innevato, Mme De Nittis si staglia con un abito color rosa…ornato di pizzi la cui pieghettatura è di quel bianco, di quel rosa, di quel giallo che non sono, per così dire, dei colori…Non ho mai visto nulla in pittura di così vaporosamente luminoso, e di una qualità tecnica così nuova, così al di fuori dai procedimenti tradizionali.” Questo secondo quadro non è in mostra ma per fortuna nel catalogo. E nemmeno in catalogo è un ritratto vivace e quasi trionfale di Alaide Banti, figlia del pittore macchiaiolo Cristiano Banti, soggetto di molti quadri del babbo, di Michele Gordigiani, ma soprattutto di Giovanni Boldini con cui fu a lungo fidanzata, quadro che avrebbe potuto ricordare il legame di De Nittis con Firenze e la Macchia.
Si potrebbe concludere che De Nittis è un grande pittore, sinora poco capito. Forse in alcuni momenti cedette al conformismo sociale, mai a quello artistico.