Liberi dalle mafie, come operare in un'azienda confiscata alla criminalità
Oggi i mafiosi sono alla quarta o quinta generazione, studiano nelle migliori università, e per operare ad armi pari i manager devono essere ben formati
Mafie, formazione e beni confiscati alla criminalità
Secondo gli ultimi dati disponibili del sistema informativo del Ministero della Giustizia, da quando è stata promulgata la legge 109/1996 che richiedeva il censimento di tutti i beni sequestrati e confiscati a mafiosi o malavitosi, il numero di aziende entrate nel procedimento è stato 16.539, di cui il 54% costituito da società di capitali.
Secondo un’altra fonte, l’Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati (ANBSC), a marzo, le aziende attualmente destinate e in gestione dell’Agenzia sono, a livello italiano, 5.142, delle quali il 67% è in sequestro o confisca. Ma - qui sta il problema - delle 1.720 che hanno completato l’iter, il 95% sono state liquidate. Sono dati preoccupanti: mancano risorse, strutture dedicate e personale qualificato per gestire queste imprese e reinserirle in un percorso di legalità, salvaguardando quelle che hanno valore. Un aspetto altrettanto importante è la salvaguardia dei posti di lavoro, dal momento che, nella grande maggioranza dei casi, i dipendenti non sono collusi.
Da qui nasce il progetto formativo Liberi dalle mafie voluto da Federmanager nazionale in collaborazione con la Pontificia Academia Mariana Internationalis (PAMI) che, avviato lo scorso ottobre, ha completato la prima fase di formazione teorica su temi etici e storici relativi alle mafie e ora affronterà fino a giugno gli approfondimenti normativi.
Il percorso sta coinvolgendo una novantina di dirigenti che vengono da tutta Italia, dei quali il 30% è iscritto alle associazioni territoriali della Lombardia. Chi supererà l’esame finale potrà candidarsi a gestire, organizzare e amministrare beni e aziende sottratti alla criminalità organizzata.
Il corso intende, quindi, formare uno specifico profilo di manager in grado di operare efficacemente in una azienda sequestrata alla criminalità, in un contesto cioè assolutamente diverso quello di un’azienda in bonis. Si tratta prevalentemente aziende incriminate per reati di associazione mafiosa (416-bis) ma anche per reati di tipo societario.
“Il primo nucleo del progetto ha origini lontane essendo nato 10 anni fa in ALDAI-Federmanager da un gruppo di manager attentamente selezionati per i valori etici e il profilo soggettivo – spiega Paola Pastorino, consigliere ALDAI-Federmanager e presidente associazione Manager WhiteList. –Successivamente, l’iniziativa si è allargata con il coinvolgimento di Federmanager nazionale, che ha reso possibile l’ingresso di PAMI. Oggi i mafiosi sono alla quarta o quinta generazione, studiano nelle migliori università, per questo occorre operare ad armi pari e i manager, se ben formati, hanno le skill giuste per farlo.”
L’Associazione Manager White List attualmente opera in Lombardia, Lazio e Campania, ma la crescita costante delle aziende coinvolte in misure di prevenzione richiede sempre più manager qualificati per operare in modo efficace. “Per questo – sottolinea Manuela Biti, Presidente di ALDAI-Federmanager – Il percorso formativo Liberi dalle mafie ci vede in prima linea come associazione territoriale lombarda. Giustizia, libertà, onestà e solidarietà sono e devono essere i valori guida di noi manager, donne e uomini di impresa e il nostro obiettivo è che i beni confiscati continuino a creare occupazione e indotto sul territorio dove le aziende operano.”
I valori etici e l’impegno civile sono fondamentali anche per il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, che sottolinea come “questo progetto nasce nel segno della generosità, della volontà di mettere a disposizione del pubblico e del privato manager in grado di rilanciare territori e comunità vessati dalla criminalità organizzata. Infatti, garantire una continuità alle attività economiche che sono state recuperate dallo Stato significa anche ricomporre un patto con i territori e rappresenta un argine all’illegalità. È un compito gestionale ma anche e soprattutto etico che deve essere affidato alle migliori capacità manageriali che il nostro paese possiede”.
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