Turandot, Ai Weiwei non convince: applausi tiepidi dal pubblico di Roma

Forte carico emotivo per la presenza in scena di tre artisti ucraini: la direttrice d'orchestra Oksana Lyvin, il soprano Oksana Dyka, il baritono Andrii Ganchuk

Culture
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Ai Weiwei firma una Turandot immersa nei drammi del presente, dalla pandemia alla guerra in Ucraina

La Turandot andata in scena a Roma ieri 22 marzo non ha convinto il pubblico, soprattutto per la regia dell'artista dissidente cinese Ai Weiwei, che ha deciso di legare la vicenda ai fatti di attualità più strettamente contemporanei, dalla pandemia alla guerra in Ucraina, e di proporre il dramma pucciniano nella versione originale che si ferma alla morte di Liù, senza il finale aggiunto da Franco Alfano dopo la morte del compositore.

Applausi tipiedi quindi, ma non per tutti. La direttrice d'orchestra, scrive l'agenzia Ansa, l'ucraina Oksana Lyniv, artefice sul podio di una conduzione musicale salda del dramma, ha riscosso successo, e la sua presenza, con quella di altri due artisti ucraini in scena, il soprano Oksana Dyka nel ruolo di Turandot e il baritono Andrii Ganchuk che ha impersonato un mandarino, ha aggiunto un carico emotivo particolare allo spettacolo.

Lyniv, infatti, nelle scorse settimane si è espressa in modo netto contro l'invasione russa del suo paese e ha scritto una lettera aperta a Putin in cui tra l'altro ricorda che ''sotto il suono delle sirene nascono bambini ucraini e cresceranno nuovi guerrieri''.

Applausi rituali, continua l'Ansa, sono andati a Dyka e gli altri interpreti, con una enfasi particolare del pubblico per la intensa Liù del soprano Francesca Dotto, per il tenore americano Michael Fabiano convincente nel ruolo di Calaf e per il coro istruito da Roberto Gabbiani.

Che l'allestimento fosse improntato a una lettura contemporanea e schierata della vicenda che il libretto ambienta in una Pechino ai tempi delle favole, Ai Weiwei lo aveva dichiarato già due anni fa quando la messa in scena dell'opera programmata al Costanzi fu bloccata dal lockdown. Quella andata in scena nella prima di ieri (sono previste 7 repliche fino al 31 marzo), è una Turandot fortemente visiva e immersa nelle tragedie che in questi anni stanno scuotendo il mondo, ma la regia di Ai Weiwei, che firma anche scene, costumi e video, non è riuscita a coinvolgere gli spettatori.

"Non potevamo non tener conto che in questi due anni abbiamo affrontato la pandemia e in queste ultime settimane la guerra in Ucraina'', ha ricordato pochi giorni fa l'artista cinese. Costumi sfarzosi e azione statica sono stati accompagnati dallo scorrere ininterrotto sullo sfondo dei video sugli scontri di piazza nelle metropoli asiatiche tra polizia e dimostranti, lacrimogeni e molotov, corsie di ospedale di equipe mediche in mascherina, le immagini di guerra, terrorismo, rifugiati, campi profughi e clandestini sui gommoni.

Una scelta dall'effetto sicuramente di forte suggestione che ha però avuto in molti frangenti il risultato di distrarre dalla musica e da quanto avveniva in scena tra i personaggi, penalizzando per certi versi l'impianto complessivo.

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