Acciaio, Mittal di nuovo ai ferri corti con lo Stato: ecco perchè

Scontro sull'impianto di Taranto per la produzione green. Morselli: "Dobbiamo occuparcene noi" e d'altro canto, Dri d'Italia (pubblica): "Tocca a noi"

di Redazione Economia
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Ex Ilva, nuova collisione tra Mittal e Dri d'Italia (Invitalia) sull'impianto di Taranto 

Mittal entra di nuovo in collisione con lo Stato, qui rappresentato dalla societa Dri d'Italia, che fa capo a Invitalia (Mef) che controlla il 32% di Acciaierie d’italia. Dal canto suo Mittal come ente privato detiene la maggioranza con il 62%. I due “litiganti” sono entrati nuovamente in contrasto per via del miliardo di euro del Pnrr in ballo per la costruzione dell'impianto del preridotto di ferro a Taranto, il semiprodotto che dovrà alimentare i futuri forni elettrici della fabbrica dell'acciaio, ridurre le emissioni e attuare la decarbonizzazione.

Sull'impianto del preridotto le risorse ci sono (legge n. 175 del 17 novembre 2022, decreto Aiuti Ter) e Dri d'Italia sta andando avanti, a luglio infatti verrà scelta una delle due tecnologie in campo e a settembre formalizzato il contratto. L'impianto entrerà in funzione nel 2026, sarà nell'ex Ilva e produrrà circa 2 milioni di tonnellate all'anno di preridotto.

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Come rivela una lettera che l'ad di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli (designata da Mittal e ad anche prima, quando il gruppo era solo Mittal e non aveva la partecipazione di Invitalia), ha inviato a Dri d'Italia, a Ilva in amministrazione straordinaria (società proprietaria degli impianti dati in fitto ad AdI) e ai ministri delle Imprese e degli Affari europei, coesione e Pnrr.

Acciaio, le posizioni in contrasto: Morselli Vs Invitalia

Da un lato c’è Morselli che chiede che sia AdI ad occuparsi del preridotto, mentre al momento è esclusa “dalla condivisione di documenti e interlocuzioni essenziali. Dri non ha trasmesso la propria relazione tecnica sul progetto ad Ilva ad AdI, il gestore dello stabilimento di Taranto e destinatario della produzione dell'impianto DRP” (il preridotto).

Morselli prosegue con un’altra accusa di “negligenza”: “Dri avrebbe addirittura indetto la gara d'appalto per la realizzazione dell'impianto senza coordinamento delle specifiche tecniche alla base della gara con l'utilizzatore della produzione dell’impianto in gara”, cioè la stessa AdI. Inoltre, prosegue Morselli, “l'impianto di preridotto prevederebbe una capacità del 20% inferiore a quella necessaria per alimentare il forno SAF” (forno elettrico). E ancora, “pretenderebbe di effettuare le attività di caratterizzazione ambientale delle aree interne allo stabilimento di Taranto prima di avere un titolo giuridico sulle aree stesse con il rischio che sia il gestore AdI a doversi fare carico di eventuali opere di messa in sicurezza” conclude l’ad di Acciaierie Italia.

Dri d’Italia, dal canto suo, ha replicato senza scomporsi nè spendere lunghi fiumi di giustificazioni, dimostrando di “sentirsi nel giusto”: “Quanto dice AdI con Morselli è in totale contrasto con le norme che definiscono le modalità di intervento dello Stato nel processo di decarbonizzazione dell’acciaio e con potenziali ricadute negative sulla sua attuazione”. Dri d'Italia precisa che “la propria missione è definita da due leggi dello Stato” e “in coerenza con quanto disposto dalla legge, Dri d'Italia sta lavorando e continuerà a lavorare per rispettare i tempi del Pnrr che prevedono la realizzazione dell’impianto di preridotto entro giugno 2026”.

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