Amazon, numeri horror e crollo in Borsa: non è più una Trillion dollar company
Il gigante fondato da Bezos annuncia il peggior bilancio degli ultimi 20 anni e prevede un ultimo periodo dell’anno in calo nonostante il Natale
Amazon crolla in borsa: non è più una trillion company
Incredibile ma vero: Amazon non è più una trillion dollar company, quelle aziende – élite mondiale – che valgono più di 1.000 miliardi in Borsa. La causa? Un terzo trimestre molto fiacco e la previsione di un ultimo quarto dell’anno ancora più complicato, nonostante le vendite natalizie. Le azioni nelle trattative pre-market hanno perso il 12% rispetto alla chiusura di ieri (già in calo) scivolando sotto quota 100 dollari ai minimi da due anni a questa parte. Che cosa succede alla creatura di Jeff Bezos? Prima di tutto la pandemia è finita. Per fortuna, ovviamente, ma gli acquisti compulsivi e ricorrenti che sono stati fatti durante i giorni del lockdown sono diminuiti.
I dati presentati agli azionisti sono complessi. Per carità, non certo drammatici. Ma indice che qualcosa inizia a rompersi. Amazon ha registrato un fatturato di 121,2 miliardi di dollari nei tre mesi terminati il 30 giugno, in aumento del 7,2% rispetto all'anno precedente. È stata la crescita più lenta dell'azienda in più di due decenni, in leggero calo rispetto al 7,3% del trimestre precedente. L’azienda ha perso 2 miliardi, rispetto a un utile netto di 7,8 miliardi nello stesso periodo dello scorso anno, in buona parte perché Rivian Automotive, produttore di camion elettrici, ha visto perdere valore alle sue azioni dopo la quotazione in Borsa dello scorso autunno. Infine, il dollaro forte ha tagliato le vendite di 3,6 miliardi di dollari, ben oltre le attese dell’azienda.
Attenzione anche all’occupazione: l'azienda ha impiegato 1,52 milioni di persone nel secondo trimestre, quasi 100.000 in meno rispetto a fine marzo. Il Cfo Brian Olsavsky ha dichiarato che Amazon prevede di vedere ulteriori riduzioni dei costi nei suoi dati finanziari nel corso dell'anno, con l'aumento dell'efficienza. Se Amazon è diventata famosa per le vendite online, il suo business più redditizio già da tempo è quello del cloud: e anche qui le notizie non sono buone. A spingere i ribassisti è stata anche la notizia che le vendite del segmento Amazon Web Services sono cresciute “solo” del 28%, peggio delle aspettative che prevedevano un rialzo superiore al 30%.
Da notare, inoltre, che alcune delle parti più redditizie dell'attività di Amazon hanno ottenuto risultati migliori. I ricavi degli abbonamenti sono cresciuti del 14%, escluse le variazioni di valuta, a 8,7 miliardi di dollari, poiché gli aumenti di prezzo annunciati da Amazon all'inizio di quest'anno per il suo programma di abbonamento Prime hanno iniziato a circolare attraverso gli account dei clienti negli Stati Uniti quando sono stati rinnovati gli abbonamenti annuali. La società ha affermato questa settimana che i prezzi degli abbonamenti Prime aumenteranno notevolmente anche in Europa.
L’amministratore delegato di Amazon Andy Jassy ha riconosciuto che i tempi economici incerti hanno costretto l’azienda a tagliare i costi della sua rete di ricezione e gestione degli ordini; inoltre ha previsto che nel corso dell’ultimo trimestre la società realizzerà vendite per un valore di 144 miliardi di dollari. Gli analisti si aspettavano una cifra di 11 miliardi più alta. Si tratta delle peggiori previsioni nella storia di Amazon in termini di crescita percentuale, nonostante l'arrivo del Natale. D'altronde, il ceo ha sottolineato come le persone abbiano iniziato a "tirare la cinghia".
Ma Amazon non è l’unico gigante in crisi nella Silicon Valley. Se di Microsoft e Google si è già detto, Meta continua a sprofondare. Ieri 27 ottobre le azioni sono calate del 25%, l’azienda vale “solo” 263 miliardi, con un calo del 71% rispetto all’inizio dell’anno. La cosa più preoccupante per Mark Zuckerberg è che il valore dell’azienda è inferiore del 45% rispetto a cinque anni fa. Per tornare una capitalizzazione più bassa di quella attuale bisogna tornare al 2015, un’epoca completamente diversa in cui Facebook non aveva la concorrenza sempre più insistente di TikTok. Oggi Meta non è più nella Top20 delle principali aziende americane e il suo fondatore ha perso dallo scorso anno oltre 60 miliardi di ricchezza personale. Zuckerberg è il ventinovesimo uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 36 miliardi, “tallonato” dall’italiano Giovanni Ferrero. Come si suol dire, sic transit gloria mundi.