Aumai, maxi frode tra società fantasma, fatture false e fondi neri. Le carte
Il colosso dei supermercati cinesi al centro di un'inchiesta per evasione. Su Affaritaliani.it la ricostruzione del "sistema" fraudolento
AUMAI, ecco come funzionava il rompicapo cinese della frode fiscale: fatture false, società fantasma e... . Le carte
Un rompicapo cinese, costruito su tre livelli, per aggirare il sistema tributario ed evadere IVA e IRES per 6 milioni di euro tra il 2019 e il 2020, per un "bottino" complessivo di 20 milioni di euro. Così sono nati i guai per il gruppo AUMAI, la più nota catena di supermercati cinesi specializzata in vendita di abbigliamento e che ha punti vendita in tutta Italia. L’indagine della Guardia di Finanza di Monza, partita in Brianza, ha svelato infatti una piramide di frode fiscale, di cui il gruppo era il maggiore beneficiario. All’apice due società cartiere, prive di sostanza imprenditoriale; poi un livello intermedio di 37 società buffer di grossisti, anche queste sfornite di dotazioni e personale, senza versamenti tributari che acquistavano (almeno a livello cartolare) beni e prodotti - essenzialmente abbigliamento - dalle società cartiere e poi rivendevano ad altri clienti al dettaglio, alla base della piramide.
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Le 480 realtà del livello più basso, poi, annotavano fatture per operazioni "oggettivamente inesistenti", come si legge nella carte dell'inchiesta che Affaritaliani.it ha esaminato e pubblica integralmente, scaricando in ultima istanza l'IVA sulle due società cartiere al vertice del sistema fraudolento. Il flusso di denaro, poi, prendeva la via dell'estero "attraverso l'esportazione di capitali" che veniva operata dalle 37 società intermediarie.
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“...Secondo l’ipotesi investigativa parte di quanto corrisposto dalle società del livello C alle società del livello B veniva dirottato da queste ultime su conti esteri cinesi, creando così fondi neri (sottratti a tassazione) per conto delle società di livello B... . Nell’ambito di questi soggetti il principale fruitore del descritto sistema di frode fiscale è risultato essere il gruppo AUMAI, composto da 14 società collegate esercenti l’attività di vendita al dettaglio sotto il marchio AUMAI in 37 punti vendita. In particolare, le società del gruppo in questione avrebbero annotato e utilizzato nelle dichiarazioni relative all’IVA e alle imposte dirette per il 2019 e il 2020 1.847 fatture per 14.173.178,92 euro complessivi" si legge nell'ordinanza del Tribunale di Monza.
Il nodo centrale dell’illecito, quindi, si rinviene nell’emissione di fatture a fronte dell’”inesistenza oggettiva delle operazioni imponibili riportate e oggetto di contestazione”. Tra gli indici di anomalia, in primis, l’inconsistenza imprenditoriale dei soggetti emittenti le fatture, a partire dalle società del livello A: società "fantasma", con nessun bilancio di esercizio depositato, nessun costo di gestione, site in due indirizzi, in via Giordano Bruno e in via Bramante a Milano, nel cuore di ChinaTown, a cui non corrispondeva nulla, senza dotazioni di personale e strumentali necessarie per l'attività economica. E ancora l’"anomalia dei flussi finanziari originati dai pagamenti delle fatture emesse dalle società del livello B (come il mancato pagamento integrale delle fatture stesse, l’assenza di contabilità di magazzino...), e l’assenza di rapporti con gli apparenti fornitori ...”.
La “mente” di questo sistema criminale? Proprio il magnate di AUMAI Chen Wenxu, detto “Sandro Chen”, amministratore di fatto di tutte le società del gruppo finito in manette. Nei suoi confronti è scattato anche un sequestro preventivo: sigilli a conti correnti, quote societarie, orologi di pregio e alla villa di lusso di Calcinato per un valore totale di sei milioni di euro. Insieme al re degli store cinesi è finita agli arresti domiciliari anche la compagna del 47enne, Hu Xuelian, soprannominata Serena, in quanto “collaboratrice e vicaria" del dominus, un vero e proprio braccio destro di Sandro e suo altr ego. Il provvedimento cautelare ha coinvolto inoltre anche due collaboratori compiacenti, due "teste di legno" secondo la ricostruzione degli inquirenti, anche loro cittadini cinesi, interdetti dallo svolgimento dell’attività imprenditoriale e un altro indagato per cui è stato previsto il divieto di espatrio.