"Auto, la transizione? A rischio 73 mila posti. Serve un piano straordinario"

Federmeccanica e sindacati insieme per la crisi delle quattroruote: chiedono un piano straordinario del governo per fronteggiare transizione e i cali produttivi

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Lo stop di Bruxelles alla vendita di auto con motori diesel e benzina al 2035 mette a rischio mezzo milione di occupati in Europa

Microchip, caro-bollette, aumento dei prezzi delle materie prime e transizione energetica: è l’automotive il grande malato dell’industria italiana. Oltre all'attuazione del Pnrr, la prima grande grana economica sul tavolo di Palazzo Chigi nella seconda fase del governo Draghi. Dopo aver fatto il punto sulla crisi del settore delle quattroruote con il ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, gli imprenditori dell’auto si uniscono ai sindacati per lanciare l’allarme sul rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell'economia tricolore. Comparto che vale il 5,6% del Pil e che non riesce a invertire il trend negativo del 2021: il 2022 dell'auto si è infatti appena aperto con le immatricolazioni calate ancora a gennaio del 19,7% rispetto a 12 mesi fa, decremento di oltre 34 punti se confrontato con il 2019.

Così per FedermeccanicaFiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, il presidente del Consiglio deve intervenire contro la decisione di Bruxelles sullo stop alla vendita di auto con motori diesel e benzina al 2035 per tutelare il comparto o potrebbero essere a rischio 73.000 posti di lavoro. Questa decisione, senza interventi, porterebbe ad una perdita di mezzo milione di posti di lavoro in Europa parzialmente compensati da 226.000 nuovi posti di lavoro previsti nella produzione dei sistemi di propulsione dei veicoli elettrici, con una perdita netta di 275.000 posti di lavoro.

Le stime per l'Italia intravvedono una perdita di circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030. "Siamo decisamente preoccupati non possiamo più attendere per chiedere un colloquio al nostro presidente del Consiglio e ai ministri competenti per aprire una discussione con noi sull'automotive", ha tuonato Federico Visentin, presidente di Federmeccanica, nella conferenza stampa congiunta con i sindacati.

Il confronto non è più rinviabile e serve a individuare le azioni strategiche da compiere per la transizione ecologica e industriale della mobilità del futuro. L'obiettivo deve essere tornare a produrre in Italia 1,5 milioni di veicoli per salvaguardare l'industria e l'occupazione nel nostro Paese ed essere competitivi sul mercato globale ed europeo. Siamo passati da secondo a ottavo produttore di auto in Europa.

Attualmente viene utilizzata solo la metà della capacità produttiva istallata, con 700.000 auto prodotte nel 2021. Francia e Germania stanno già mettendo in campo politiche industriali per affrontare la transizione, mentre il Governo italiano non sta svolgendo nessun ruolo. Per Federmeccanica e sindacati è concreto il rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell'economia italiana. Occorre mettere in campo tutte le azioni difensive necessarie e guardare soprattutto all'opportunità di rilancio e sviluppo del settore automotive, poichè non solo ha una sua storia, ma possiede un'identità distintiva, una base di competenze e una rete da mettere a sistema.

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Al settore servono ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, di breve e di lungo periodo. Ma sono richiesti anche investimenti di sostegno alla domanda, verso le tecnologie compatibili con il Green Deal e all'introduzione di vincoli alle emissioni, e all'offerta per la difesa dell'attuale capacità installata e dell'occupazione; l'attrazione di nuovi investimenti produttivi; il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile.

Anche oggi, pur a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli - passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture - il settore automotive vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil. Nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2.000 imprese e 180.000 lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.

"Quello che vogliamo lanciare oggi è un grido di allarme dopo mesi di silenzio assordante del Governo rispetto alle nostre richieste di interventi urgenti e strutturali per salvaguardare il futuro produttivo e occupazionale del settore dell'auto in Italia", dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm, durante la conferenza stampa. "Gli effetti della transizione ecologica, con il passaggio all'elettrico e lo stop alle auto con motori endotermici entro il 2035, li stiamo già registrando oggi" con le vertenze di Gkn, Gianetti Ruote, Speedline, Caterpillar e per ultime Bosch e Marelli.

"Stiamo parlando di circa 3.000 lavoratori a rischio licenziamento, oltre a chiusure, delocalizzazioni e perdita di pezzi importanti della filiera della componentistica, la più colpita da questa rivoluzione industriale. Non possiamo correre il rischio di una grave deindustrializzazione, perchè vorrebbe dire perdere oltre 60.000 posti di lavoro, un quarto del totale, e la chiusura di centinaia di aziende".

"Gli interventi urgenti che chiediamo al presidente Draghi e ai ministri del Lavoro, dello Sviluppo Economico, della Transizione Ecologica e dell'Economia - sottolinea il leader Uilm - riguardano misure strutturali che accompagnino nel breve e lungo periodo il processo di transizione ecologica, come l'utilizzo degli oltre 10 miliardi previsti dal Pnrr per valorizzare e rendere competitiva l'intera filiera dell'auto, partendo dal sostegno alla domanda con incentivi permanenti sulla rete infrastrutturale e per l'attrazione di nuovi investimenti produttivi ecosostenibili. Non c'è più tempo da perdere, il rischio di una catastrofe sociale ed economica è dietro l'angolo, noi siamo pronti a fare la nostra parte per scongiurarla". "L'automotive è il cuore pulsante della nostra industria. Dobbiamo tornare a produrre circa 1,5 milioni di unità l'anno e serve un piano straordinario, altrimenti potrebbe saltare un intero settore industriale", ha concluso Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. 

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