Bini Smaghi: "Bce? La stretta non è finita. Le critiche del governo dannose"
Il banchiere: "Tassi alti finché l’inflazione non si avvicinerà al 2%. Extraprofitti? Perché gli investitori italiani dovrebbero puntare su banche tassate?"
Bini Smaghi, bordate al governo italiano sulla reazione all'aumento dei tassi e sugli extraprofitti alle banche
La decisione della Bce di alzare per l'ennesima volta i tassi d'interesse ha fatto infuriare il governo, ma dal banchiere Lorenzo Bini Smaghi arriva un avvertimento all'esecutivo: "Alzare la voce su questa decisione potrebbe essere visto dagli investitori come un segnale di debolezza dell'Italia". Con i tassi di interesse a livelli record dovremo convivere più a lungo di quanto molti si aspettano. "Credo - dice Bini Smaghi a La Stampa - che le attese su quando ci saranno i primi tagli siano troppo ottimiste in questo senso. Non penso verranno toccati prima della prossima estate", spiega il presidente di SocGen ed ex membro del board della Bce. Il lato positivo è che, contrariamente a quanto sostengono alcuni esponenti del governo, l’impatto sull’economia italiana del rialzo di 25 punti base dei tassi deciso ieri dalla Bce sarà probabilmente limitato.
"I tassi - prosegue Bini Smaghi a La Stampa - non scenderanno rapidamente, almeno non fin quando l’inflazione non s i avvicinerà in modo credibile al 2%. I mercati si aspettano dei tagli già nella prossima primavera, ma secondo me stanno sottovalutando la determinazione della Bce di ridurre l’inflazione, mantenendo i tassi elevati più a lungo del previsto. Una Bce credibile è uno dei fattori essenziali per mantenere bassi i tassi d’interesse a lungo termine e le aspettative d’inflazione, che sono determinanti". "C’è il rischio - continua il presidente di SocGen - che le critiche vengano interpretate dai mercati internazionali come un segno di debolezza da parte di chi le fa".
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Bini Smaghi affronta anche il tema della tassa sugli extraprofitti: "Ci sono molti fattori critici, tra cui dubbi di costituzionalità. L’aspetto più serio è la retroattività, che rischia di scoraggiare non solo gli investitori internazionali ma anche quelli italiani. Perché un risparmiatore italiano dovrebbe detenere azioni di banche italiane, che sono tassate, piuttosto che di banche residenti in altri paesi europei? In fin dei conti, si tratta di una misura che colpisce soprattutto il sistema finanziario italiano, e pertanto l’economia italiana".