Busters Coffee in liquidazione, fine amara per lo "Starbucks di Torino"

Soprannominato lo "Starbucks della Mole", Busters Coffee chiude i battenti a causa di uno stato di insolvenza irreversibile

di Andrea Giacobino
Economia

Conti in rosso, Busters Coffee serve il suo ultimo espresso

Fine amara per Busters Coffee, la catena di caffetterie nata a Torino tredici anni fa e che voleva essere lo “Starbucks della Mole”. Qualche giorno fa, infatti, Vittoria Nosengo - giudice delegato del tribunale torinese - ha nominato Maurizio Gili commissario della Busters srl di cui è stata dichiarata la liquidazione mentre i creditori sono stati convocati il prossimo 9 maggio per l’esame dello stato passivo.

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Busters, di cui amministratore unico e socio di controllo è Sergio Garassino, ha chiesto al tribunale di disporre la liquidazione in quanto, si legge nel ricorso, “la società versa in uno stato di insolvenza irreversibile” nonostante i suoi quattro locali a Torino, uno sito nella centralissima Piazza Statuto e gli altri tre in via Cesare Battisti, Lungo Dora Siena e via Sant’Ottavio.

Busters è nata col marchio “Busters Coffee” dalla società costituita a maggio del 2010 tra Davide Damaso e Marco Mariotti, quote poi rilevate da Garassino il quale ha successivamente finanziato la società per 210mila euro. Nel 2022 i ricavi lordi di Busters sono stati di 508mila euro ma “l’attività genera perdite e non vi è la possibilità di invertire tale trend negativo”, anche per il rialzo dei prezzi delle materie prime e proprio del caffè. A ottobre scorso, così, con 356mila euro di perdite (pur a fronte di ricavi per 530mila euro) il patrimonio netto è diventato negativo per 201mila euro.

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All’inizio Busters Coffee era arrivata a far galoppare il proprio giro d’affari con un milione di euro circa di ricavi totalizzati servendo in un anno 75mila espressi, 80mila caffè americani, 20mila cioccolate, 50mila milkshake estivi. E poi muffin, cookie, cioè tutta la gamma che ha reso celebre le caffetterie anglosassoni come Costa Coffe, Caffè Nero e appunto Starbucks. Adesso l’ultimo caffè, amarissimo.

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