Banco Bpm sbarra la strada a Unicredit: cosa succede ora? Il ruolo di Crédit Agricole e quella normativa europea che preoccupa Castagna

Piazza Meda definisce "offensiva" l’offerta di Unicredit. Ora la parola passa agli azionisti, soprattutto a Crédit Agricole (con una quota del 9,2% in Bpm). Orcel potrebbe alzare l’offerta o trasformarla in Opas

di redazione economia
Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco Bpm 
(Fonte immagine: La Presse) 
Economia

Unicredit-Bpm: niente di fatto (per ora)

UniCredit ha lanciato un'Ops da oltre 10 miliardi di euro su Banco Bpm, scatenando la repentina reazione dei mercati e del fronte politico. La risposta di Banco Bpm è stata alquanto secca: il prezzo offerto è troppo basso, quasi offensivo. Nello specifico, Giuseppe Castagna, a capo dell'isituto milanese, ha messo in chiaro che l’offerta non rappresenta affatto "la redditività e l'ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm". E ora la palla passa proprio a loro, gli azionisti, e al mercato. D'altronde se l'Ops dovesse andare a buon fine, UniCredit darebbe vita alla terza banca europea per capitalizzazione di mercato. Ma per ora è tutto da vedere.

Ops, che cosa significa?

Ma che cos'è esattamente un'Ops? L'Ops, acronimo di offerta pubblica di scambio, è una proposta di acquisto di azioni in cui il pagamento non avviene in denaro, ma tramite uno scambio di titoli azionari. Nel caso di Unicredit, l'offerta prevede l'emissione di nuove azioni da parte della banca per acquisire quelle di Banco Bpm. Un'operazione che, nelle intenzioni di Unicredit, potrebbe preludere a una fusione.

In questo caso, l’Ops è stata strutturata in modo tale che gli azionisti di Banco Bpm riceveranno 0,175 azioni UniCredit per ogni azione posseduta. Un valore che si traduce in circa 6,66 euro per azione di Bpm, sulla base del prezzo di Borsa di UniCredit. Banco Bpm rifiuta perché il premio offerto (solo 0,5% in più rispetto al valore di mercato) è troppo basso e sostiene che una fusione danneggerebbe il valore per gli azionisti e la competitività della banca. A differenza di altre offerte, come quelle in cui si utilizza denaro per acquistare le azioni,  l’Ops è detta anche "carta contro carta". Si differenzia anche dall’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio (OPAS), in cui vengono utilizzati sia denaro che azioni.

In generale, le Ops sono generalmente ben viste dagli azionisti dell’offerente (UniCredit in questo caso), perché non richiedono l’uso di liquidità, ma meno apprezzate da quelli della società target (Banco Bpm), che preferirebbero ricevere denaro piuttosto che azioni, visto che potrebbero risultare più volatili e rischiose. 

La passivity rule che blocca Giuseppe Castagna

Le condizioni imposte da UniCredit nell'offerta preoccupano Piazza Meda. Un aspetto non indifferente dell'offerta è la richiesta che Banco Bpm non modifichi i termini dell’Opa su Anima, né compia operazioni che possano ostacolare il completamento dell'Offerta Pubblica di Scambio (OPS). Questo vincolo andrebbe a ridurre in maniera drastica la flessibilità strategica di Banco Bpm limitando la capacità del management di prendere decisioni in maniera indipendente.

Si parla di passivity rule. Questa normativa europea impedisce al management di una società target di adottare contromisure per bloccare un’offerta pubblica senza il consenso degli azionisti. Nel caso di UniCredit-Banco Bpm, la norma limiterebbe la possibilità del Cda di Banco Bpm di modificare le condizioni già citate, di Unicredit. Pertanto la restrizione minerebbe quasi del tutto la libertà di manovra dell'istituto milanese.

Inoltre, se l’operazione andasse a buon fine, la fusione comporterebbe l’incorporazione rapida di Banco Bpm in UniCredit, con il rischio che la banca perda "la sua identità e il suo marchio" distintivo nel panorama bancario italiano. Uno scenario che non è visto per niente bene dal Cda di Banco Bpm, che avverte dei potenziali danni alla competitività dell’istituto, soprattutto per quanto riguarda la clientela retail e corporate. in particolare per le Pmi, da sempre al centro del business di Banco Bpm. In soldoni, con l'operazione verrebbe penalizzata non solo la struttura interna della banca, ma anche i clienti stessi.

Infine, una variabile da non ignorare è anche l’interesse di UniCredit verso Mps. L’acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit potrebbe compromettere i piani del governo italiano di creare un terzo polo bancario, che avrebbe visto la fusione di Mps, Banco Bpm e Caltagirone.

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Che cosa succede adesso?

Ora che il Cda di Banco Bpm ha rifiutato preliminarmente l'offerta di UniCredit, si passa agli azionisti e al mercato. Il primo passo cruciale sarà il confronto con Crédit Agricole, il principale azionista di Banco Bpm con una quota del 9,2%. Sebbene Crédit Agricole abbia chiarito di non voler superare il 10% di partecipazione, il suo ruolo sarà comunque determinante per l'operazione, visto che potrebbe influenzare le decisioni degli altri azionisti e condizionare la possibilità di una riproposta da parte di UniCredit.

Nel frattempo, non si esclude nemmeno che UniCredit possa decidere di migliorare l'offerta, innalzando il premio per gli azionisti di Banco Bpm. D'altronde l'idea di Andrea Orcel, Ceo di UniCredit, sembra essere quella di gestire la situazione con margini di manovra alquanto flessibili, pronto ad adattare l’offerta in base alle reazioni del mercato. Una delle opzioni sul tavolo è appunto la trasformazione dell'Ops in una Opas (Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio), così da introdurre una componente in denaro oltre alla proposta azionaria. Una tale ipotesi potrebbe rendere l'offerta più allettante per gli azionisti di Banco Bpm, che al momento considerano il valore proposto troppo basso.

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