Confindustria, Bonomi contro Meloni: la crescita dell'Italia è ferma

La congiuntura flash pubblicata da Confindustria sconfessa le prospettive di crescita: il Pil è rimasto fermo nel terzo trimestre. Pesano i rialzi dei tassi

di Redazione
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Giorgia Meloni e Carlo Bonomi
Economia

Confindustria, scende l’inflazione ma la crescita è ferma

A nemmeo 24 ore dal giudizio positivo che l'agenzia di rating americana Moody's ha assegnato all'economia italiana- premiando la strategia prudente sui conti- che una nuova doccia fredda si abbatte sul governo Meloni: secondo il Centro Studi di Confindustria "la crescita dell’economia italiana è ferma, anche i servizi sono in flessione e l’industria ancora debole". Il Pil italiano, si legge nalla congiuntura flash, "è rimasto fermo nel terzo trimestre e gli indicatori dicono che all’inizio del quarto l’attività nei servizi è in lieve calo, come nell’industria". 

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Anche se l'inflazione è in frenata in Italia, i tassi sono alti e forse non ancora fermi, perciò il credito è troppo caro e meno disponibile. "Anche se il rialzo dei prezzi è tornato sotto il 2,0%, i tassi sono ai massimi e bloccano il canale del credito, frenando consumi e investimenti, mentre l’export aiuta poco", si legge nell'analisi. Nello specifico, l'inflazione si è ridotta bruscamente a ottobre a +1,7% annuo (da +5,3% a settembre), grazie a un “effetto base” molto favorevole sui prezzi energetici, crollati al -19,7% annuo (+26,8% nello stesso mese del 2022 a causa del picco del gas). I prezzi core di beni e servizi continuano a frenare ma solo lentamente (+3,7%), come quelli alimentari (+6,3%), grazie alla parziale moderazione delle commodity. Sono valori non ancora pienamente in linea con la soglia del +2,0%.  

Entrando nel vivo dei tassi, il Centro studi di Confindustria osserva che a inizio novembre la Federal Reserve ha tenuto, per la seconda volta, fermo il tasso Usa (a 5,50%), come pure la Bce a fine ottobre (4,50%). Lo scenario base è che i tassi sono giunti ai massimi, come indicano i future, che scontano i primi tagli nel 2024. Tuttavia, il presidente Jerome Powell ha sottolineato il rischio di nuovi rialzi, se la crescita Usa non frena e l’inflazione resta alta (+3,2%); e la numero uno della Bce Christine Lagarde ha ribadito che altri rialzi potrebbero esserci anche nell’Eurozona, in caso di nuovi 'shock' che modifichino lo scenario.  In tale scenario, la situazione del credito per le imprese italiane è peggiorata: il costo è salito al 5,35% a settembre, la caduta dei prestiti è arrivata al -6,7% annuo. Nel terzo trimestre, infatti, la domanda ha continuato a ridursi per i tassi troppo alti e i criteri di offerta sono divenuti più rigidi: sempre più imprese restano senza credito.