Confindustria, ecco i nomi per la presidenza: Gozzi, Stirpe, D'Amato e...

Dopo il cambio dello statuto anche gli “ex” possono ambire al ritorno. E il Veneto insidia la Lombardia

di Marco Scotti
Antonio Gozzi, Alberto Marenghi, Giuseppe Pasini, Antonio D'Amato, Leopoldo Destro, Enrico Carraro
Economia

Confindustria, ecco tutti i nomi per il dopo-Bonomi


 

La corsa per la presidenza di Confindustria è ufficialmente partita. Certo, i giochi sono tutt’altro che fatti e le decisioni inizieranno a delinearsi solo in autunno. Ma intanto i primi schieramenti iniziano a farsi sentire. Una è però la certezza che corre per i corridoi di Viale dell’Astronomia: l’attuale gestione viene considerata deficitaria. Per questo si è deciso di puntare su un identikit diverso: basta manager, servono imprenditori che abbiano competenza di industria e che possano fare leva su aziende solide e possibilmente di dimensioni notevoli. I nomi che girano sono sei e Affaritaliani.it è pronto a svelarli tutti. Partendo da una sorpresa: la modifica dello statuto ha permesso anche ai past-president di provare a tessere le proprie trame. E c’è chi ha preso alla lettera questa ritrovata possibilità. Altra notazione: se si volesse rispettare un’alternanza costante, dopo Bonomi ora toccherebbe a un imprenditore del Sud. Sarà così?

Per trovare un presidente di Confindustria al timone di un’impresa sopra il miliardo bisogna riportare le lancette indietro nel tempo a Giorgio Squinzi, patron di Mapei. Dopo di lui si è passati da Vincenzo Boccia, le cui “Arti Grafiche” sono intorno ai 10 milioni di fatturato, per arrivare alla Synopo, holding biomedicale da una quindicina di milioni, di proprietà dell’attuale presidente Carlo Bonomi. Prima di Squinzi, un altro gigante dell’acciaio alla guida di Confindustria con Emma Marcegaglia. 

Insomma, l’associazione ha deciso che il momento storico necessita di un cambio di passo. Un imprenditore forte – tra l’altro anche alla guida di Federacciai – al timone di un’azienda che fattura complessivamente 45 miliardi di euro. Perché? Le ragioni sono molteplici. Prima di tutto perché il momento storico richiede maggiore unità: l’inflazione, seppur rallentata, rimane alta e, di conseguenza, anche il costo del denaro. Tradotto: le imprese si troveranno di fronte a credit crunch e a un prezzo della nuova finanza particolarmente elevato.

C’è poi il Pnrr, su cui non per niente Bonomi ha sparato a palle incatenate, che rimane il vero elefante nella stanza. Il governo ha ottenuto qualche parziale vittoria, ma è certo che in Europa guarderanno con grande attenzione come verrà spesa la nuova tranche da 35 miliardi. L’Italia, tra l’altro, non sta esattamente brillando per capacità di spesa. Su oltre 40 miliardi che dovevano essere impiegati nell’intero 2023, solo 1,2 sono stati effettivamente spesi nei primi cinque mesi dell’anno.

Maurizio Stirpe

Abbiamo già dato conto di una prima candidatura forte, cioè quella di Maurizio Stirpe. Attenzione però: si tratta di un nome che è stato fatto dalla cosiddetta “base”, ovvero quell’insieme di aziende, specialmente del centro-sud, che spingono per essere rappresentate da un imprenditore che guida aziende di dimensioni tutto sommato contenute. Ma sembra che lo stesso Stirpe, già da due mandati vicepresidente di Viale dell’Astronomia con delega alle relazioni industriali, non sia così convinto della cosa. Anzi, c’è chi dice che si sia già reso indisponibile. Ha dalla sua un cursus honorum di tutto rispetto ma, dopo la morte recente del fratello, sembra che voglia fare un passo indietro rispetto alla vita associativa. 

Antonio Gozzi

Sempre alla voce “indisponibili” (etichetta che potrebbe essere cambiata rapidamente) c’è Antonio Gozzi, attuale presidente di Federacciai, molto apprezzato a livello associazionistico, che però al momento non sembra essere interessato alla cosa. Non sembra, ovviamente, ma è certo che se ci dovesse una pressione forte dalla base Gozzi a quel punto non si tirerebbe indietro. Gozzi guida anche Duferco, gigante siderurgico da 45 miliardi di fatturato. 

Dunque gli industriali, che rappresentano la seconda economia manifatturiera in Europa, vogliono tornare ad avere un peso specifico importante in un momento di profonda trasformazione dello scenario competitivo. Non è neanche un caso che si punti sull’acciaio come industria di riferimento di un possibile nuovo presidente visto che proprio la siderurgia sta vivendo un cambiamento epocale con la necessità di ridurre le emissioni di una delle manifatture più impattanti che ci siano. Il caso Ilva, ma non solo, rappresenta la dimostrazione plastica di come l’agenda sia piena di punti da risolvere. 

Antonio Gozzi non ha bisogno di grandi presentazioni. Oltre a Duferco guida anche l’Entella, la squadra di calcio ligure che per un momento sembrò quasi poter fare concorrenza a Sampdoria e Genoa ma che oggi è in Lega Pro. In un’intervista uscita sul Corriere della Sera, alla domanda precisa se la sua candidatura a Confindustria fosse reale o solo di “facciata” ha risposto sornione. “Io mi onoro già – ha detto Gozzi - di rappresentare gli imprenditori di Federacciai, ho un mandato da portare a termine. Detto questo spero che il prossimo presidente di Confindustria continui a lavorare perché l'industria sia concepita per quello che è: un bene comune. E a essere sempre più un interlocutore in grado di indicare la via verso le più efficaci politiche industriali”.

Assolombarda in subbuglio, il Veneto (stranamente) unito: Alberto Marenghi, Giuseppe Pasini, Leopoldo Destro, Enrico Carraro (e due outsider)

Tra i nomi al momento più accreditati figura anche quello di Alberto Marenghi, gradito proprio a Carlo Bonomi che l’avrebbe individuato come suo successore. Ma l’uomo di Assolombarda sconta due “vulnus”: il primo è che l’azienda che guida (Cartiera Mantovana Srl) non ha esattamente le dimensioni richieste per un cambio di rotta. E poi perché la moglie è la parlamentare di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante, non un buon biglietto da visita per un presidente che con la politica – e il partito di maggioranza a maggior ragione - dovrebbe avere rapporti scevri da eventuali conflitti d’interesse. 

Un'altra figura che si sta mettendo in mostra è quella di Emanuele Orsini, che inizialmente sembrava voler sfidare Bonomi per la scorsa elezione prima di ritirare la sua candidatura e accontentarsi della vicepresidenza. E poi c’è Giuseppe Pasini, patron di Feralpi, che però viene visto come nome divisivo, molto legato all’acciaio e poco alla manifattura. Non esattamente l’identikit più giusto per Viale dell’Astronomia. 
In Veneto, per la prima volta dopo l’unione di diverse unità territoriali, per la prima volta si ha uno scenario che permetterebbe al Nordest di insidiare la supremazia di Assolombarda. Ci sono tre grandi associazioni: Veneto-Est, che racchiude Padova, Venezia, Rovigo e Treviso (nata dalla fusione delle varie territoriali il 1° gennaio 2023), quella di Vicenza e quella di Verona. Qui i due nomi che vengono fatti sono quelli di Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, e di Leopoldo Destro, presidente di Veneto-Est. 

Quel che è certo è che se il Veneto, per la prima volta nella sua storia, dovesse trovare unità d’intenti potrebbe fronteggiare Assolombarda. La quale, oltretutto, è spaccata: metà è pronta a sostenere Marenghi, l’altro 50% è ancora alla ricerca dell’identikit più giusto. 

Il ritorno inatteso: Antonio D’Amato

Infine c’è un colpo di scena. Con il recente cambiamento dello statuto, i cosiddetti “past-president”, cioè gli ex presidenti, possono essere nuovamente eletti. Una scelta che ha fatto gridare allo scandalo Emma Marcegaglia, che ha definito questa scelta, ad aprile, “un errore”. Ma, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, sarebbe una possibilità che piacerebbe molto ad Antonio D’Amato. Il quale, vicino al centrodestra, ritiene di avere l’identikit perfetto per tornare al timone di Confindustria dopo 16 anni. Pare infatti che abbia ripreso ad partecipare alle assemblee e qualcuno dice che sia pronto per lanciare la sua candidatura. Rumors, per ora. Che dall’autunno prenderanno sempre più corpo. 

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