Da Gucci, Edison e Stellantis: le mani dei francesi sull'industria italiana

La Francia è lo stato europeo con il maggior numero di partecipazioni in aziende italiane: 289 operazioni di M&A in Italia per un valore di 20 miliardi

di Redazione Economia
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Lusso, energia, motori e bancario: come la Francia sta plasmando l'economia italiana

Tieniti stretto gli amici, ma ancora di più i tuoi nemici. Così recitava un noto detto tratto da "Il Padrino", e mai parole furono più vere se pensiamo al complesso rapporto tra Italia e Francia. Da secoli, italiani e francesi sono legati da una relazione di amore e odio che si estende dal calcio alla diplomazia, dall'arte alla finanza. Ma oggi, soprattutto dal punto di vista economico, tra fusioni e acquisizioni (M&A), dobbiamo tenerci stretti i nostri vicini d'Oltralpe come mai prima d'ora perchè le elezioni transalpine interessano inevitabilmente anche noi.

La Francia è lo stato europeo con il maggior numero di partecipazioni in aziende italiane. Dall’energia alle banche, dalla telefonia alla grande distribuzione, non c’è un settore che non veda un intreccio con le aziende francesi. Come riportato dal Corriere della Sera, tra il 2019 e il 2023, ci sono state 289 operazioni di M&A francesi in Italia, per un valore complessivo di 20 miliardi di euro. 

Lusso e Made in Italy

Divide et impera: è questa la strategia che i big francesi del lusso stanno applicando sulla Penisola, trasformando il nostro rinomato "made in Italy" in un vanto dei cugini d'Oltralpe. Più della metà delle aziende italiane con partecipazioni in Francia operano nel settore manifatturiero, un chiaro segnale di come l’eccellenza italiana sia stata cannibalizzata da colossi come Kering e LVMH. La moda, in particolare, è l'emblema di questa invasione economica: Bernard Arnault con i suoi 86,2 miliardi di ricavi nel 2023 grazie a otto marchi italiani, tra cui Bulgari e Fendi, e François-Henri Pinault che vede Gucci e Bottega Veneta coprire il 59% dei ricavi di Kering.

Il contrasto non potrebbe essere più stridente: da un lato i due giganti del lusso francese, dall'altro, una miriade di piccole e medie imprese italiane, spesso familiari, ricche di competenze ma carenti di risorse per crescere. L'interdipendenza è palese: il 70-80% della manifattura dei marchi francesi avviene in Italia, ma è la Francia a fare la politica industriale, investendo miliardi per ricostruire il proprio tessile. E mentre i brand italiani continuano a essere preda degli appetiti francesi, con Gucci, Fendi, Bulgari e una quota di Tod's già in mani transalpine, le nostre piccole imprese cercano rifugio in queste aggregazioni per sopravvivere. La realtà è che l'Italia, con il suo 37,5% del fatturato manifatturiero nel tessile-abbigliamento europeo, attrae i giganti del lusso come api al miele. 

Settore bancario

Ma la presenza francese è forte anche nel mondo bancario italiano. Basti pensare a quando nel 2018, Crédit Agricole ha messo le mani pesantemente in questo settore, divorando istituti come la Cassa di Risparmio di San Miniato, Cr Cesena, Cr Rimini e il Credito Valtellinese, quest'ultimo valutato a oltre un miliardo di euro.  Altro esempio è Bnp Paribas che ha dato il suo colpo da maestro in Italia, conquistando Bnl come suo secondo mercato domestico. L'acquisizione del 48% della ex Banca del Tesoro da Unipol e l'Opa successiva sono state mosse che hanno permesso a Bnp Paribas di rafforzare la propria presenza nel nostro paese. 

Energia

La dipendenza energetica italiana dalla Francia è un'altra verità scomoda che non possiamo ignorare. Senza nucleare, l'Italia importa circa un quinto della sua energia elettrica dall'estero, con la Francia che gioca un ruolo chiave: nel 2023, con 18,3 Terawatt, la Francia ha fornito il 6% del consumo elettrico italiano, influenzando significativamente la stabilità dei prezzi. Ma il coinvolgimento francese non si ferma all'approvvigionamento esterno. Électricité de France (Edf), controllata dallo Stato francese, detiene anche il terzo gruppo energetico italiano, Edison, operante nella generazione, distribuzione, efficienza energetica e stoccaggio del gas (quest'ultimo destinato a passare a Snam). Anche se Edf sembrava incline a cedere Edison durante la crisi energetica per ridurre il debito e finanziare il nucleare, alla fine la multinazionale è rimasta sotto il completo controllo francese, nonostante l'interesse di numerosi gruppi italiani.

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Automotive

Il settore automobilistico è altrettanto profondamente segnato dall'influenza francese, e Stellantis è l'esempio piùm lampante. L'unione tra Fiat-FCA e il gruppo francese PSA-Citroën nel 2021 ha consegnato il controllo del colosso automobilistico nazionale alle mani francesi, rappresentando non solo la perdita di un'icona industriale italiana ma mettendo in luce anche la vulnerabilità strutturale dell'industria automobilistica nel nostro paese.  Da allora, molti nodi sono stati sciolti e la strategia di Tavares, Ceo di Stellantis, è chiara e diretta – produrre dove è più conveniente. Questo si traduce in un utilizzo ridotto degli impianti in Italia, mentre la ricerca, lo sviluppo e la progettazione delle piattaforme automobilistiche restano in gran parte sotto il controllo dei partner francesi.

Da Fincantieri a STMicroelectronics

Ma non tutte le alleanze italo-francesi sono state vantaggiose nell'era Macron, come dimostra il caso di Fincantieri. L'accordo con STX (azienda francese attiva nel settore delle costruzioni navali) avrebbe dovuto essere una partnership paritaria, ma le complicazioni burocratiche e le pressioni dell'Antitrust hanno portato al declino del progetto nel 2021, nonostante le speranze di entrambe le nazioni di consolidare il settore navale europeo.

E ora, con la "francesizzazione" in corso di STMicroelectronics, altro gigante industriale europeo, l'Italia guarda con crescente preoccupazione al graduale spostamento del baricentro decisionale verso la Francia. 
Quindi, mentre continuiamo a giocare questa eterna partita di amore e rivalità con i nostri cugini d’Oltralpe, è chiaro che tenerci stretti i francesi è più che mai necessario soprattutto se guardiamo all'instabilità politica ed economica del paese all'alba dell'elezioni. 

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