Da Tim a Enilive, così Kkr punta a prendersi i gioiellini italiani più strategici

L'operazione da 22 miliardi con Tim per l'acquisizione di NetCo è il più grande accordo infrastrutturale mai siglato da Kkr in Europa

di redazione economia
Economia

Dall'energia alle telecomunicazioni, gli affari di Kkr in Italia

Kkr (Kohlberg Kravis Roberts & Co.), il fondo di private equity americano con oltre 400 miliardi di dollari di asset gestiti, è l’ennesimo colosso statunitense a piazzare radici sempre più profonde nel tessuto economico italiano. Energia, telecomunicazioni, infrastrutture e tecnologia, Kkr ha messo mano su tutto, diventando protagonista indiscusso della duplice transizione digitale ed energetica della Penisola. Non a caso l'ultima mossa del fondo è proprio l’accordo per l’ingresso nel 25% del capitale sociale di Enilive, con un'operazione da 2,9 miliardi di euro. 

La scalata italiana di Kkr è iniziata nel 2005 con l’acquisizione della Selenia (produttore di oli lubrificanti per motori), venduta dopo due anni per quasi il 20% in più del valore iniziale, ed è culminata con Enilive ora, e con NetCo, la società che possiede la rete di telecomunicazioni di Tim, la scorsa estate. Proprio quest’ultima operazione, chiusa a luglio per un valore di 22 miliardi di euro, rappresenta il più grande accordo infrastrutturale mai siglato da Kkr in Europa. Perchè? Grazie a questa manovra, Tim ha potuto snellire notevolmente il proprio debito nonostante Vivendi, l’azionista di maggioranza di Tim, si fosse messa di traverso portando il caso in tribunale, e contestandone la legittimità. Proprio in merito il 14 novembre, si terrà la seconda udienza della causa civile promossa da Vivendi nei confronti dell'ex monopolista.

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Ma l’operazione di Netco è solo il primo tassello di una strategia aggressiva e calcolata. Con l'acquisizione del 37,8% di FiberCop (la joint venture creata con Tim nel 2021 che si occupa della rete di telefonia fissa secondaria), il fondo americano ha definitivamente serrato le porte di Telecom Italia, dividendosi le restanti parti con i fondi Adia e Cppib (17,5% a testa), il Mef (16%) e F2i (11,2%).

Ma gli affari di Kkr in terra nostrana non finiscono qui e tra le sue partecipate italiane figura anche Cmc, azienda umbra specializzata in macchinari per l’automazione, mentre attraverso Vantage Towers, è indirettamente presente in Inwit, il principale operatore di torri per telecomunicazioni in Italia. In passato, il fondo americano aveva anche puntato su aziende italiane come Sistemia (credit servicing), Argenta (distributori automatici), Inaer (servizi elicotteristici) e Sirti (tecnologie per le telecomunicazioni).

Oltre all’Italia, Kkr ha messo nel mirino anche altri paesi europei, concentrandosi sempre su settori strategici, ovvero energia, telecomunicazioni e farmaceutico. Con quasi 47 miliardi di dollari già investiti in infrastrutture digitali, tra cui reti a banda larga, centri dati e 5G, il fondo si è già assicurato una posizione di rilievo nel continente. Tuttavia, le sue mosse pongono l'Italia e l'Europa davanti a un bivio: accogliere con favore gli investimenti di Kkr come una necessaria iniezione di capitali o guardare con preoccupazione al crescente controllo del fondo straniero su asset così strategici per il nostro Paese.

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