Elon Musk, gli affari si mettono male: fuga degli inserzionisti da X (ex Twitter)
Continua la crisi pubblicitaria del social network di Elon Musk che ha registrato da inizio anno un calo degli investimenti del 24%
Contenuti d'odio e disinformazione: Elon Musk e la fuga degli inserzionisti da X (ex Twitter). Che cosa sta succedendo
Elon Musk, noto per essere l’uomo più ricco del mondo e spesso al centro di polemiche, si trova ora ad affrontare una sfida concreta: la fuga degli inserzionisti da X, il social network da lui acquisito. Secondo quanto riportato da Startmag, gli investimenti pubblicitari sulla piattaforma sono diminuiti del 24% nei primi sei mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
I dati forniti da MediaRadar, società specializzata nel monitoraggio delle pubblicità, indicano che gli inserzionisti hanno speso quasi 744 milioni di dollari su X nella prima metà del 2024, una cifra ben inferiore ai 982 milioni di dollari spesi nei primi sei mesi del 2023.
La crisi pubblicitaria non sembra destinata a risolversi presto, poiché i tentativi di Musk di convincere le aziende a investire su X non hanno avuto successo. La relazione tra Musk e gli inserzionisti è sempre stata complessa; il miliardario ha insistito sulla libertà di espressione, rifiutando di censurare contenuti controversi, come discorsi d'odio e disinformazione. Questo atteggiamento ha però alienato molte aziende, preoccupate per l’associazione dei loro marchi con contenuti inappropriati.
La Global Alliance for Responsible Media (GARM), un’iniziativa della World Federation of Advertisers, ha espresso preoccupazione per il fatto che Musk stia abbandonando gli standard di sicurezza del marchio, consigliando ai suoi membri di interrompere gli investimenti pubblicitari su X. Tra le aziende coinvolte figurano nomi importanti come Dell, BP, Electronic Arts, Ikea, Microsoft e Pepsico. Anche compagnie non aderenti al GARM, come United Airlines e Volkswagen, oltre a gruppi per i diritti civili, hanno sospeso la loro pubblicità.
Invece di cercare di calmare le acque, Musk ha preferito alzare i toni, minacciando di esporre pubblicamente le aziende che hanno ritirato i loro investimenti, peggiorando ulteriormente la situazione.
Le tensioni sono tornate a galla circa un anno dopo, quando è emerso che annunci di aziende come Walt Disney e NBCUniversal apparivano accanto a contenuti pro-nazismo. In risposta, X ha intentato una causa contro Media Matters, l’organizzazione che aveva diffuso il rapporto, ma alcune aziende, tra cui Disney, hanno comunque interrotto le loro campagne pubblicitarie.
Un episodio particolarmente noto risale a novembre 2023, quando durante il Dealbook Summit del Times, Musk ha reagito in modo provocatorio agli inserzionisti, invitandoli a "non fare pubblicità" se volevano ricattarlo con i soldi, e citando direttamente il CEO di Disney, Bob Iger.
Tuttavia, quando a giugno 2024 le entrate pubblicitarie di X hanno registrato un calo del 36% rispetto all’anno precedente, Musk ha cercato di ridimensionare i suoi commenti, sottolineando che non si riferiva a tutti gli inserzionisti e ribadendo il suo impegno per la libertà di espressione. Ha inoltre riconosciuto che le aziende hanno il diritto di scegliere i contenuti con cui vogliono essere associate, ma ha criticato le richieste di eliminare contenuti non graditi.
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Nonostante il calo delle entrate pubblicitarie, Musk ha reagito avviando una causa legale contro la World Federation of Advertisers, Unilever, Orsted, Mars e CVS Health, accusandole di aver drasticamente ridotto o interrotto le loro pubblicità dopo l’acquisizione di Twitter da parte di Musk per 44 miliardi di dollari. A marzo, Musk ha dichiarato che il valore di X era sceso a 20 miliardi di dollari.
La World Federation of Advertisers, dopo essere stata citata in giudizio, ha informato i suoi membri che sospenderà le attività della Global Alliance for Responsible Media. Stephan Loerke, CEO del gruppo, ha espresso fiducia sull’esito del caso, mentre Chris Pavlovski, fondatore della piattaforma Rumble, ha sostenuto Musk, definendo GARM un "cartello pubblicitario" e chiedendo trasparenza sul loro operato.