Generali, Consob in pressing sul Patto. Calta-Delfin: ingressi così regolati

Accordo parasociale aggiornato all'11,068% dopo gli ultimi acquisti di Caltagirone

di Marco Scotti
Economia
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Alla vicenda sempre più ingarbugliata relativa alla governance di Assicurazioni Generali si aggiunge un nuovo capitolo di carattere burocratico. Ma attenzione, al di là della forma, c’è anche molta sostanza da raccontare. Brevemente i fatti: nella giornata di ieri, la Consob ha chiesto a Delfin (la holding di Leonardo Del Vecchio) un’integrazione di informazione in merito al patto parasociale sottoscritto dallo stesso patron di Essilor-Luxottica e Francesco Gaetano Caltagirone.


 

Al di là dei tecnicismi, l’authority vuole vederci chiaro: il patto parasociale stipulato l’11 settembre scorso, infatti, viene definito aperto. Significa che chiunque, anche ex post, può conferire le proprie azioni all’interno di questa struttura di accordo che ha lo scopo preciso di cambiare la governance di Generali. In primis, provando a modificare la composizione del consiglio di amministrazione; ma soprattutto chiedendo espressamente la sostituzione di Philippe Donnet alla guida del Leone.

La Consob ha sentito puzza di bruciato quando le indiscrezioni sulla possibile adesione al patto delle quote di Edizione Holding (riconducibile alla famiglia Benetton, con il 3,97% delle quote del Leone) e di Fondazione Crt (1,3%) hanno iniziato a crescere a dismisura.


 

L’authority guidata da Paolo Savona vuole capire se, al momento, vi sia qualcuno che sta agendo nell’ombra. Tutte le forze in campo sono in attesa dopo la mossa, dirompente, dello scorso 11 settembre. La riunione di martedì ha mostrato come, almeno per ora, Donnet goda di un’ampia maggioranza all’interno del consiglio. Ma che cosa succederà quando Del Vecchio e Caltagirone faranno il nome “segreto” del loro candidato Ceo che hanno in mente?

Intanto, Generali ha emesso un comunicato indirizzato alla Consob a integrazione di quello emesso l’11 settembre. Tre sono i paragrafi che cambiano. Il primo riguarda il fatto che, il 14 settembre, tre società che fanno capo a Francesco Gaetano Caltagirone (Mantegna ‘87 Srl, Finced Srl, Quarta Iberica Srl) hanno rastrellato 1,9 milioni di azioni, con l’ingegnere romano che ha superato quota 6% (per la precisione, 6,066%).

Il secondo è più orientato agli obblighi di “lealtà” tra gli aderenti al patto (al momento Delfin e Caltagirone): si conviene che le parti debbano essere avvertite in caso di ulteriori acquisti di azioni e che in ogni caso si eviterà l’obbligo di lanciare un’Opa su Generali. La quota per un’azienda come il Leone è fissata al 25% delle azioni.

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Il terzo capoverso è invece una risposta diretta alla Consob: "È infine convenuto tra le parti che, ove terze parti intendano aderire successivamente al patto, ciò sarà possibile solo con il consenso delle parti e a condizione che la sottoscrizione del patto da parte dell’aderente e il rispettivo conferimento delle azioni dal medesimo detenute non facciano sorgere in capo ad alcuna parte o in capo alle parti nel loro complesso, ai sensi delle applicabili disposizioni di legge e regolamentari, un obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto avente a oggetto le azioni di Assicurazioni Generali o richiedere una preventiva autorizzazione alle autorità competenti".

Mancano ancora dieci giorni al consiglio di amministrazione in cui si dovrà decidere se avviare la lista del board. Ma intanto i “ribelli” hanno iniziato a scoprire le loro carte. Difficile credere che possano essere soli in questa loro battaglia e che abbiano deciso di chiedere la testa di Donnet senza avere in mano un nome che possa spostare gli equilibri di quei fondi che hanno sempre sostenuto il manager francese grazie ai risultati ottenuti in cinque anni di governo del Leone.