I Brics vogliono un posto al sole. L’Occidente vacilla: tensioni globali
L’unica soluzione è applicare l’equilibrio di nash: ecco cos’è
Brics, il "contro-G7" che vuole spostare il baricentro del globo dal mondo Occidentale a quello asiatico
L’equilibrio di Nash fruttò allo straordinario economista John Nash il premio Nobel. L’eminente studioso, la cui vita ha ispirato il film “A Beautiful Mind”, teorizzò che in un sistema di giochi è la soddisfazione di tutti i partecipanti a garantire il miglior risultato per tutti. L’esempio tipico è quello dei due detenuti: se parleranno, singolarmente, riceveranno una pena leggera (un anno di detenzione); se entrambi staranno zitti sei anni; se faranno scelte differenti chi parla avrà la libertà, chi non lo fa riceverà sette anni di prigione. Ovviamente, quindi, la strategia dominante è confessare e prendersi una pena di un anno di reclusione invece che rischiare fino a sette anni.
Questa teoria può essere applicata a moltissimi campi diversi, invero perfino alle guerre, visto che i trattati di pace rappresentano in qualche modo delle “concessioni” che due Paesi belligeranti si fanno, in base ai rapporti di forza. Il sistema capitalistico, però, negli anni ha scantonato sempre più dall’equilibrio di Nash e ha continuato a muoversi sui binari predatori: massimo soddisfacimento, massimo guadagno, minimizzazione dei competitor. Un modo di agire che si è rivelato in tutto il suo drammatico errore nel 2008 con la crisi dei mutui subprime. Non è un caso che oggi, in un’economia incerottata, si parli sempre più spesso di “coopetizione”, come nel caso del rapporto tra banche e fintech cui Affaritaliani.it ha dedicato un dibattito recentemente.
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Ora il tema si propone su scala ancora più ampia a livello globale. Il Forum dei Brics che si sta svolgendo in questi giorni in Sudafrica rappresenta un appuntamento di straordinaria importanza per tre motivi differenti. Il primo è perché sarebbe il caso di capire che cosa intendono fare questi Paesi per provare a dirimere l’intricatissima vicenda in Ucraina. Fermo restando che non possono sconfessare Vladimir Putin che, da presidente russo, è membro fondatore dell’acronimo Brics. In secondo luogo bisogna comprendere che questo forum rappresenta un vero e proprio assist per la Cina per diventare regista dei destini del mondo.
L’intento, per nulla nascosto, è di costruire un contro-G7 che possa spostare il baricentro del globo dal mondo Occidentale a quello asiatico. Russia, Cina e India insieme raccolgono oltre tre miliardi di persone e se si aggiungono anche Brasile e Sudafrica si assomma poco meno della metà della popolazione globale. Le richieste per entrare nei Brics sono complessivamente 22, ma fanno molto riflettere quelle degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita e dell’Iran. I primi due rappresentano due potenziali bombe a orologeria: la transizione elettrica e il progressivo abbandono dei combustibili fossili non potranno certo fare piacere a Paesi che poggiano le loro economie (molto floride per alcuni) proprio sul petrolio. E c’è da scommettere che verranno cercate contromisure anche pesanti per impedire la marginalizzazione degli Emirati e dell’Arabia. L’Iran poi rimane un’incognita: stato canaglia da punire? Nuova frontiera di scontro per l’atomica? Bisogna indagare e sorvegliare.
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Il terzo motivo d’interesse del forum dei Brics riguarda proprio questi Paesi che hanno iniziato a rallentare nella loro crescita economica. Nel 2022 il disavanzo tra l’incremento della ricchezza globale e quella dei Brics è stata appena dello 0,2%, mentre nei due decenni precedenti i Brics erano cresciuti del +4,7% e +3%, rispettivamente, di più che l'economia mondiale. Una frenata in parte dovuta al Covid, in parte anche a un fisiologico rallentamento perché la crescita infinita, appunto paradigma capitalista, è un miraggio.
L'elenco delle lamentele portate avanti dai Brics – osserva Reuters – è lungo: pratiche commerciali abusive, regimi sanzionatori punitivi. Una percepita trascuratezza delle esigenze di sviluppo delle nazioni più povere. Il dominio del ricco Occidente sugli organismi internazionali, come le Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale. E un approfondimento dell’Ispi gira il coltello nella piaga: “In mezzo a una diffusa insoddisfazione per gli attuali equilibri internazionali gli impegni proclamati dai Brics, pur in mancanza di risultati concreti, hanno trovato ampia eco e raccolto speranze per una maggiore equità e inclusione. Almeno finora però le ambizioni del blocco di diventare un attore politico ed economico globale sono state vanificate da divisioni interne e mancanza di una visione coerente. Inoltre le sue economie, un tempo in forte espansione, stanno rallentando mentre il risultato più concreto del blocco, la New Development Bank, o ‘banca dei Brics’ ha visto il suo già limitato campo d’azione ulteriormente ostacolato dalle sanzioni contro la Russia. A ben guardare – osserva Steven Gruzd dell'Istituto sudafricano per gli affari internazionali – è difficile individuare risultati concreti messi a segno dai Brics. Un sacco di chiacchiere. Molta meno azione”.
In un momento di grandissima discontinuità con il passato, in cui i capisaldi dell’economia stanno progressivamente venendo meno, è forse solo l’equilibrio di Nash che può evitare una tensione crescente tra due blocchi contrapposti. Il “vecchio mondo” da una parte, che ha inquinato e – tramite il colonialismo – depredato i Paesi più poveri (il famigerato “Terzo mondo”) e che oggi vuole imporre a tutti una transizione forzata dopo aver drenato risorse ininterrottamente per almeno due secoli. Dall’altro il nuovo che avanza, con la sua crescita incontrollata, con la sua inurbazione complessa e caotica. Ma è giusto chiedere a India e Cina di rinunciare alla mobilità privata – caposaldo dell’economia occidentale nel Dopoguerra – per evitare di incidere ancora sull’inquinamento? È giusto cercare di rintuzzare di nuovo le comprensibili istanze dei Brics che vogliono avere un posto di riguardo al tavolo dei grandi? La risposta, ovviamente, è che serve trovare un equilibrio. Meglio ancora se quello di John Nash.