Il credito ai privati in calo a causa della crisi, ma nessun allarme Npl

EY ad Affari: "Per il momento non ci aspettiamo una impennata dei crediti deteriorati, anche se dovessero peggiorare le condizioni geopolitiche"

(foto Ipa)
Economia
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La dinamica del credito è in calo

“Il miglioramento dei bilanci di famiglie e imprese dovrebbe impedire il drammatico aumento dei crediti deteriorati che avvenne con la crisi del debito sovrano europeo, anche a fronte del possibile peggioramento delle prospettive economiche”. È quanto riferisce ad Affaritaliani.it Stefano Battista, Italy Financial Services Market Leader di EY. 

Si tratta di una notizia positiva, in uno scenario comunque a tinte abbastanza fosche. Analizzando la dinamica dei prestiti ai privati, ad esempio, questi sono cresciuti del 3,9% nel 2020 e dell’1,3% lo scorso anno, mentre si prevede per il 2022 un calo del 3,2%. La dinamica è chiara: negli ultimi due anni si è registrato un incremento dei prestiti al settore privato che è tuttavia in fase di rallentamento, a causa dell’aumento dell’inflazione e dell’incertezza geopolitica. La crescita dei prestiti bancari dovrebbe frenare ulteriormente nel 2023 al 1,1%, prima di invertire la direzione e risalire al 1,7% nel 2024 e al 2,4% nel 2025.

L'economia italiana affronta inoltre l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, con conseguenti rischi di interruzione della catena di approvvigionamento delle imprese che peseranno sulla domanda di mutui e prestiti ai privati, con una possibile riduzione generale dei consumi e della capacità di investimento.

Le banche stanno bene

Nonostante otto anni di tassi d’interesse negativi con conseguente riduzione dei margini, le banche nei principali mercati europei rimangono in una posizione di solidità patrimoniale e durante gli anni più difficili della pandemia, anche grazie al supporto dei vari incentivi governativi, 750 miliardi di euro in linee finanziarie essenziali sono stati prestati ad imprese e famiglie. 

“In tale contesto – aggiunge Battista - le per il settore bancario italiano sono di cauto ottimismo, avendo dimostrato una buona stabilità e resilienza finanziaria. Si impone una certa cautela alla luce dei primi segnali di incertezza dovuti alla situazione geopolitica e all’inflazione. Questo è un momento cruciale in cui le istituzioni finanziarie e la classe dirigente politica devono continuare a collaborare per trovare le opportune soluzioni al fine di gestire eventuali problematiche derivanti dal conflitto in Ucraina che potrebbero impattare sul sistema economico”. 

Prestiti alle imprese

Nel 2020 i prestiti alle imprese, sostenuti dalle garanzie governative, sono cresciuti del 5,8% (contro il -7,0% del 2019). Si tratta del primo anno di crescita del credito alle imprese dal 2011. Tuttavia, già nel 2021 i prestiti si sono contratti dello 0,7%. Le prospettive per il credito alle imprese godono attualmente di alcuni aspetti positivi e l'economia italiana dovrebbe continuare a crescere quest'anno e moderatamente anche il prossimo, sostenuta dai fondi del PNRR e dal programma di riforme del governo Draghi. Tuttavia, l’aumento dell’inflazione e le tensioni geopolitiche potrebbero avere ricadute negative sull’economia e sulla fiducia dei privati e rischiano pertanto di depotenziare questi fattori di sostegno. Nel complesso, si prevede che i prestiti alle imprese aumenteranno del 2,9% quest'anno, ma solo dello 0,7% nel 2023.

Nell'altra pagina: le dinamiche del credito al consumo e le attese per gli Npl

Credito al consumo

La domanda di prestiti non garantiti in Italia nel 2020 ha segnato -0,8%, con un rallentamento rispetto al passato perché indebolita dalle ridotte opportunità di spesa durante il lockdown. Lo stock di debito non garantito è aumentato dell’1,3% nel 2021 e si prevede che cresca del 2,8% nel 2022 e del 3,1% nel 2023. Infatti, se da un lato in molti potranno attingere ai risparmi accumulati durante la pandemia e quindi non avranno bisogno di accedere a forme di credito al consumo, dall’altro alcune famiglie potrebbero richiedere prestiti per attutire il calo del proprio potere d’acquisto

Mutui

I prestiti ipotecari hanno ottenuto una performance sorprendentemente solida durante la pandemia, segnando +2,1% nel 2020 e +4,7% nel 2021 (quest'ultimo il dato più alto degli ultimi 11 anni), beneficiando dell'aumento dei prezzi delle case, dei tassi di interesse estremamente bassi, della diffusione del lavoro ibrido e dell'accumulo dei risparmi nel corso del lockdown. Tuttavia, le prospettive attuali sono meno favorevoli. EY vede un rallentamento della crescita dei mutui poiché i prezzi delle case continuano ad aumentare e i tassi d’interesse sembrano destinati a salire: si stima che la crescita dei mutui rallenterà al 2,9% nel 2022 e all'1,2% nel 2023.

Crediti deteriorati

Anche a fronte del possibile peggioramento delle prospettive economiche, il miglioramento dei bilanci di famiglie e imprese dovrebbe impedire il drammatico aumento dei crediti deteriorati che avvenne con la crisi del debito sovrano europeo. All'inizio del 2021, il 14% dei prestiti beneficiava di moratorie e il 18% dei prestiti alle società non finanziarie era coperto in tutto o in parte dalla garanzia statale. Questo ha portato a un calo dei crediti deteriorati dal 6,4% del totale del 2019 al 4,4% del 2020 e al 3,3% del 2021 (quest'ultimo il dato più basso dal 2005). Si prevede che la cessazione dei regimi di sostegno e delle moratorie determinerà un aumento della percentuale di crediti deteriorati al 3,9% quest'anno e al 4,1% nel 2023.

“Nel 2021 – aggiunge Battista - la percentuale di crediti deteriorati sul totale dei crediti si è attestata al 3,3% e prevediamo che, con la cessazione dei regimi di sostegno e delle moratorie, aumentino al 3,9% nel 2022, al 4,1% nel 2023 e al 4,3% nel biennio a seguire, valori comunque sostenuti rispetto a quelli toccati tra il 2012 e il 2019. Permangono tuttavia alcuni rischi, legati perlopiù ai settori più impattati dalla pandemia e a quelli particolarmente esposti verso i Paesi attualmente coinvolti nel conflitto, nell’ambito dei quali potrebbero emergere alcune criticità senza adeguati supporti ed incentivi da parte delle istituzioni, in continuità con il biennio precedente”.

Per ora nessun allarme rosso

“Il combinato disposto di un’eventuale stagflazione, degli impatti negativi sui costi e sui ricavi delle imprese (esposte nei confronti dei Paesi coinvolti nel conflitto) e della tensione sui mercati finanziari potrebbe aumentare il coefficiente di rischio degli attivi delle banche, con crescita dei livelli di capitale assorbito, maggiori svalutazioni e minor margine di intermediazione” - conclude Battista. “Nonostante tutti questi aspetti di incertezza, il sistema economico-finanziario italiano appare in grado di reggere ai contraccolpi di un’eventuale crisi, grazie alla generale stabilità e solidità degli intermediari finanziari, al risparmio privato, alla capacità delle imprese di stare sui mercati internazionali e all’utilizzo dei fondi del PNRR”.

 

 

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