Inchiesta in Liguria e caos sulla diga di Genova: ecco cosa c'è dietro

Inchiesta in Liguria e "caos" sull'opera portuale genovese, la più grande del Pnrr

di Redazione Economia
Giovanni Toti
Economia

Inchiesta in Liguria e caos sulla diga di Genova 

Cara diga, ma quanto ci costi? Definita come “la madre di tutte le opere” del Pnrr con un investimento totale di 1,3 miliardi di euro, la diga di Genova si trova al centro di un intrico giuridico e finanziario che minaccia di far pagare il prezzo agli italiani per ben due volte rappresentando una possibile mazzata per i cittadini. 

Fin dall'inizio, l'infrastruttura ha dovuto vedersela con una serie di problemi legali e amministrativi che hanno gettato non poche ombre sul suo futuro. L'annullamento dell'aggiudicazione della gara del costruttore WeBuild da parte del Tar della Liguria poco prima dell'avvio ufficiale dei lavori, infatti, ha innescato una catena di eventi che potrebbero far lievitare i costi e minacciare la conclusione dell'opera stessa.

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E a margine del caos a base di corruzioni che sta travolgendo “la Superba” Genova, come la chiamerebbe Petrarca, Webuild osserva il tutto attentamente, anche perché- secondo quanto Affaritaliani.it è in grado di rivelare- “la vicenda Anac è totalmente slegata dal caso corruzione”. La speranza ovviamente è che le cose “vadano avanti e che non si arrivi allo stop dei lavori”. 

L’annullamento della gara non ha infatti comportato la sospensione dei lavori  grazie all’effetto dello “scudo” del finanziamento tramite le risorse del PNRR (circa 500 milioni di euro). Tuttavia, questa situazione ha creato un groviglio legale in cui l'autorità appaltante rischia di pagare non solo il consorzio inizialmente assegnatario del contratto per la costruzione, ma anche la società che ha perso la gara e che nel frattempo ha chiesto un risarcimento. Soldi, questi, che sarà lo Stato a dover pagare in più.

Inoltre, l’Anac ha individuato diverse irregolarità, come il ricorso alla procedura negoziata invece che alla gara. Risulta, poi, tra le contestazioni dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, l'alterazione delle condizioni contrattuali in modo da tutelare WeBuild e scaricare il barile dei possibili rischi geologici derivanti dai mastodontici lavori direttamente sullo Stato.

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Ma non è tutto, la società guidata dal CEO Pietro Salini ha inserito clausole riguardanti la revisione dei prezzi. Secondo l'ANAC, ciò significa che potrebbero esserci costi aggiuntivi considerevoli, a carico dello Stato. La possibilità di un aumento dei costi emerge anche da alcune intercettazioni pubblicate dal Fatto Quotidiano: la conversazione avviene poco dopo l'approvazione da parte del governo Draghi del decreto Aiuti, che prevede aumenti fino al 20% dei costi delle materie prime.

Ma per il Ceo di WeBuild il decreto appena emanato non è ancora abbastanza per sentirsi tutelato, come spiegava il governatore della Liguria Giovanni Toti a Paolo Emilio Signorini, l'ex presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, oggi amministratore delegato di Iren, nelle intercettazioni diffuse: “Non l’ho visto particolarmente ostile, lo sa che lo devono fare, però qualcuno gli racconta delle robe, secondo me, parzialmente vere per pararsi il culo, nel senso dice ‘…no ma quello è un appalto dopo il… riqualificazione del Decreto Draghi, quindi non possono neanche aggiungere il 20 per cento… poi quel Decreto non c’ha la copertura nel pluriennale quindi ce l’abbiamo solo semmai il 20 per cento per il primo anno…eeh…bisogna capire, perché se no così cosa facciamo? … ‘ … boh quindi… va un minimo rassicurato”.

La stima di tali “costi aggiuntivi” è da quantificarsi in circa 400 milioni di euro in più. A rivelarlo è sempre Signorini, il quale in un’altra intercettazione spiega che è lo stesso Salini ad aver fatto i conti. Il costo dell’appalto arriva, così a un miliardo e 450 milioni, mezzo miliardo in più del valore iniziale.

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